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I cinque duri Natali di Auschwitz

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Esteban Pittaro - pubblicato il 29/12/21

Pur se nel contesto dell'orrore estremo, nelle baracche i prigionieri cercarono di trovare motivi per festeggiare e per coltivare la speranza

La serena riflessione di Viktor Frankl dopo aver sperimentato molteplici esperienze nei campi di concentramento durante la II Guerra Mondiale propone:

“L’uomo può conservare una traccia di libertà spirituale, di indipendenza mentale, anche nelle terribili circostanze di tensione fisica e psichica”.

All’uomo, scriveva di fronte alla solidarietà nei campi, “si può togliere tutto fuorché una cosa: l’ultima delle libertà umane – la scelta dell’atteggiamento personale di fronte a un insieme di circostanze – per decidere il suo cammino”.

Tra la sua apertura nel maggio 1940 e la sua liberazione, nel gennaio 1945, si vissero cinque Natali nel campo di concentramento e di sterminio di Auschwitz.

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Pur nel contesto dell’orrore estremo, con un’intenzione persistente da parte delle forze naziste di distruggere il loro spirito, nelle baracche i prigionieri cercarono di trovare motivi per festeggiare e per alimentare la speranza, come se si trattasse di confermare quello che Frankl avrebbe scritto in seguito.

Testimonianze di sopravvissuti

Il Memoriale e Museo Auschwitz-Birkenau ripercorre attentamente il Natale nei campi in base alle testimonianze raccolte tra i sopravvissuti.

Dai suoi dati, si sa che nel 1940 i nazisti allestirono un albero di Natale sotto il quale misero i corpi dei prigionieri morti.

Secondo quanto riferisce il Museo, il comandante del campo Karl Fritzsch, cinicamente, offriva i corpi come dono a chi era ancora vivo.

L’anno successivo, al cinismo degli omicidi di massa si unì la lettura pubblica completa in tedesco del messaggio di Natale di Papa Pio XII.

Dopo le 18.00, i prigionieri venivano convocati per ascoltare, nonostante le basse temperature, l’esteso messaggio.

L’apertura alla speranza

Già dal 1941 ci sono barlumi di speranza nelle baracche, con ricordi di canti natalizi tedeschi e polacchi, uno dei quali recita “Dio è nato, i grandi poteri tremano”.

C’è anche la notizia di un albero introdotto clandestinamente nel blocco 25.

Nel 1942 si ripeté l’atroce gesto nazista dell’albero della morte, ma si sa di donne polacche che riuscirono ad accendere delle candele, dei canti in numerosi blocchi e nel blocco 18a perfino di una Messa celebrata clandestinamente da un sacerdote con un pezzo di pane.

Con il cambio del comandante nel 1943 le condizioni migliorarono notevolmente, e molti poterono anche ricevere la Comunione.

Il Museo in un articolo sottolinea perfino che alcuni cristiani condivisero la Comunione con prigionieri ebrei.

Nel Natale 1944, qualche settimana prima della liberazione, si registrò una tacita approvazione a che un sacerdote celebrasse la Messa di mezzanotte, e dei bambini prigionieri poterono ricevere dei regali confezionati dalle donne. La luce stava finalmente arrivando ad Auschwitz.

Il campo venne liberato il 27 gennaio 1945.

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In quei cinque Natali ci sono stati orrore e cinismo, ma anche festeggiamenti e speranza.

Come diceva Frankl, l’uomo è riuscito a conservare una traccia della libertà spirituale anche negli scenari fisici e spirituali più devastanti.

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