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Per liberare san Giovanni Evangelista da malintesi e caricature

JOHN

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Fr. Jean-Thomas De Beauregard, o.p. - pubblicato il 30/12/21

Non meritava di essere frainteso, quel san Giovanni che Gesù amava e che arrivò per primo al sepolcro. Nella sua omelia per la festa dell’apostolo, frate Jean-Thomas de Beauregard evidenzia le due scene che riassumono gli altrettanti principali consigli di colui che ha contemplato il mistero del Verbo incarnato.

Osservando i quadri che rappresentano Giovanni evangelista, che la Chiesa festeggia il 27 dicembre, non posso non tornare a questo aforisma di Cioran: «È incredibile che la prospettiva di avere un biografo non abbia fatto rinunciare nessuno ad avere una vita». 

Trasponendo un poco, è incredibile che la prospettiva di essere rappresentati in quadri nelle chiese non abbia fatto passare ad alcuno la voglia di diventare santi. Col pretesto che era probabilmente il più giovane dei Dodici, Giovanni è stato spesso dipinto con tratti androgini quando non francamente femminei. Col pretesto che più degli altri ha insistito sull’amore, Giovanni è stato dipinto in maniera leccatamente sentimentale e sdolcinata. Col pretesto che il suo Vangelo è il più mistico e il più teologico, Giovanni è stato rappresentato in età avanzata come un vegliardo dallo sguardo allucinato da profeta delirante. Infine, ultimo sacrilegio, l’istante magnifico in cui Giovanni posa la testa sul petto di Gesù durante l’ultima cena è mostruosamente deformato in estasi sensuale che dice più dei fantasmi disturbati dei pittori che della profondità della loro vita spirituale. 

Un santo mal compreso 

È vero che la scrittura e i temi prediletti di Giovanni si prestano facilmente alla caricatura, al travisamento… e all’eresia: poiché Giovanni ha un senso acuminato dell’inaudita profondità del peccato, da lui messo volentieri in forte contrasto con la purezza infinita dell’amore divino, si è voluto vedere in lui un precursore del manicheismo. Giovanni però non pone affatto sullo stesso piano la potenza di Dio e il peccato introdotto nel mondo da Satana. Quando egli sembra considerare i cristiani a parte dai peccatori, è perché egli sa bene quanto la vita divina e il peccato si escludano a vicenda, ma egli sa pure che la vita divina e il peccato si alternano nel cuore di tutti i cristiani, anche dei migliori. 

Poiché Giovanni ha scritto il Prologo, in cui il Verbo appare in maestà fin da prima della creazione del mondo, poiché egli dipinge un Gesù terreno già glorioso, poiché descrive un Gesù sovrano e signore degli eventi fin nella sua Passione e nella morte di Croce, si è voluto ravvisare in lui un precursore del docetismo. Giovanni però non crede affatto che in Gesù la natura divina abbia assorbito la natura umana al punto da renderla marginale. Al contrario, egli insiste sull’umanità tangibile di Gesù: 

Quel che abbiamo sentito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che noi abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato del Verbo della Vita – perché la Vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza – questo di annunciamo. 

1Gv 1,1-2 

È l’inizio della sua prima epistola, ma in questa formula potremmo anche riassumere tutta la sua opera, che ci rivela il mistero del Verbo incarnato. 

Due consigli che ci ha lasciato 

Poiché Giovanni colloca l’amore al di sopra di tutto, come se eclissasse e relativizzasse tutto il resto, si sono volute fondare in ogni epoca (e fino a oggi) delle “comunità giovannee” e pneumatiche in cui quanti raggiungono un certo grado di amore mistico sarebbero con ciò stesso dispensati dalle leggi comuni della morale e della vita ordinaria. Giovanni però tiene sempre insieme l’amore e la verità, con estremo rigore: cosa che impedisce di intestargli concezioni devianti della vita cristiana. 

Non è un segreto che Giovanni si faccia da parte davanti a Pietro, nella corsa al sepolcro: il vero amore riconosce l’autorità e la legge. San Giovanni non è la Carmen di Bizet, e la sua dottrina dell’amore non soltanto conosce delle leggi, ma le esige per poter essere realizzata in pienezza. Del resto, per Giovanni l’amore fraterno è verifica dell’amore di Dio proprio perché il desiderio mistico permanga fermamente radicato nel reale. 

Possiamo lamentare che l’opera di san Giovanni abbia fatto nascere tanto spesso tante interpretazioni devianti… Ma lo stesso si potrebbe dire della vita di Gesù stesso. È il lato oscuro della fama… In realtà, i pittori che hanno rappresentato san Giovanni hanno forse ragione su un punto: le due scene più importanti sono l’ultima cena di Cristo e la sua crocifissione. 

Chi non posa, come san Giovanni, il capo sul petto di Gesù per sentir battere il suo cuore sacro e per unire ad esso il proprio cuore, non può capire nulla né di Giovanni né di Gesù. Chi all’invito di Cristo in Croce, sull’esempio di Giovanni, non prende Maria in casa propria, non può capire nulla né di Giovanni né di Gesù. Riposare sul cuore di Gesù e prendere Maria in casa propria: foss’anche solo per lasciare ai posteri questi due consigli, che pure si prestano ad essere travisati, vale indubbiamente la pena di essere santi. E di essere dipinti. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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