Al centro di ogni discorso mettiamo sempre il nostro «io». L'ipotesi cristiana è una scommessa più grande, che Johnny Dotti rilancia così: «Noi siamo il tu di Dio, il tu dei nostri fratelli, il tu di una moglie, il tu dei nostri figli, il tu degli amici e anche il tu del nemico».
Questa gemma comincia con un mio inciampo, da cui è nato uno scambio prezioso. Dopo aver letto una sua riflessione su San Giuseppe, ho chiesto a Johnny Dotti se volesse essere parte di questa nostra rubrica in cui ogni parola diventa un tesoro di vita vissuta. Johnny Dotti è laureato in Pedagogia, vive a Bergamo con sua moglie Monica e i suoi figli in una comunità di famiglie. È un imprenditore sociale di lunga esperienza e insegna in diverse università, tra cui la Cattolica di Milano. Il suo sguardo è relativo, oserei dire, cioè innestato nella certezza che l’essere è relazione con il Padre, dentro ogni gesto, evento, azione che compie o accade.
Nel parlargli al telefono sono passata dal lei al tu con leggerezza. E qui casca (il mio) asino. Inconsapevolmente, ho toccato un cavo dell’alta tensione. Per fortuna, aggiungo. Arrivare al tu è un’impresa coraggiosa da cominciare da capo ogni mattina. Ed è una specie di benedetta rivoluzione copernicana quella che leggerete nelle parole di Johnny. Sembra che per essere al centro della nostra vita occorra dire “io” in modo sempre più spiccato, autorevole, credibile. E invece che meraviglia accade liberandoci di quando ci liberiamo di questa pretesa ego-centrica …
Darsi il tu è impegnativo, noi facciamo come gli americani ma sbagliamo. Il tu è una cosa seria. La tradizione non era stupida nell’arrivare gradualmente al tu. La riduzione che c’è stata a causa dell’individualismo negli ultimi 80 anni è proprio una riduzione della ricchezza dei pronomi personali. Ogni persona è sei pronomi, ciascuno di noi è sei pronomi.
Invece noi finiamo per giocare tutto tra l’io e il tu, peraltro immaginando che il tu è sempre l’altro. Mentre la sfida della fede è diventare il tu dell’altro. Per me il Vangelo è tutto qui, in questa scommessa. E va notato un altro elemento. Immaginiamo che la parte plurale – il noi, il voi, il loro – siano ‘persone’ e invece no: sono ‘persona’. In lingua italiana, ma anche in quella tedesca, quella francese, inglese, cinese, eccetera, i pronomi personali sono ‘persona’. La nostra persona è declinata in sei pronomi e questo, a ben vedere, è già scritto anche nella nostra biografia: abbiamo un nome e un cognome, il cognome è un ‘noi’, è un plurale.