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Rafael Marco, il missionario che aiuta i bambini non vedenti in Niger

RAFAEL CASAMAYOR

afrikaannuura.org

Alvaro Real - pubblicato il 17/01/22

La storia di quest'uomo è quella di tanti missionari che aiutano più piccoli in tutto il mondo

Rafael Marco deve compiere 78 anni, 51 dei quali trascorsi in Africa come missionario. Appartiene alla Società delle Missioni Africane, e ha raccontato alle Pontificie Opere Missionarie il progetto per bambini non vedenti che ha fondato a Gaya (Niger). Un progetto che lo fa stare vicino ai più abbandonati.

È partito tutto da una bambina, Hamida. Rafael era andato a far visita ai bambini non vedenti in una scuola inclusiva della città. La bambina ha recitato per lui una poesia, “Domani la luce”, che gli ha toccato l’anima. “Sono tornato in quella scuola con una certa frequenza, finché la direttrice non mi ha detto ‘Dovrebbe andare dall’ispettore’. Sono andato dall’ispettore scolastico, e con lui ho ideato un progetto di aiuto a quei bambini, cinque, di famiglie molto umili: alimentazione, trasporti, vestiario, materiale scolastico…”

Il missionario ha iniziato con un gruppo di volontari e si è informato sulla situazione dei bambini: “Ho scoperto che nella regione erano molti, soprattutto a causa dell’‘oncocercosi’ o malattia dei fiumi; ho anche scoperto che quei bambini ciechi erano una vergogna per la famiglia, poco meno di una maledizione, ed erano nascosti e chiusi in casa, privati di qualsiasi forma di vita sociale se non per farli mendicare”.

Il missionario si è coinvolto sempre di più e ha cercato di creare un progetto di aiuto integrale con la collaborazione delle religiose che si occupavano della scuola cattolica ottenendo ottimi risultati: “L’idea era quella di creare un centro di accoglienza e formazione per i bambini non vedenti. Alla fine le religiose hanno desistito da quel progetto, ma sono riuscito ad avviarlo con il gruppo iniziale di cinque persone che si è costituito in associazione e ONG: CIES, o Centro di Iniziative e Aiuto Sociale”.

Non è stato facile, ma a poco a poco l’azione è aumentata: “È stata affittata una casa abbastanza ampia ed è stata corredata di tavoli, sedie, letti, cucina, stoviglie… Sono stati organizzati corsi di lettura e scrittura Braille, esercizi di orientamento, giochi per non vedenti, apprendimento di strumenti musicali… Tutto un laboratorio che è stato allestito nell’anno passato, sia per i bambini che per noi, fondatori e insegnanti, che scoprivamo un mondo nuovo che ci riempiva di speranza, alcuni imparando, altri contemplando le proprie emozioni”.

L’anno scorso sono stati lì 13 bambini, quest’anno sono 21. Ora il missionario ha dovuto trasferirsi per questioni di sicurezza a 140 chilometri, ma continua ad essere informato quotidiamente sull’andamento del progetto. Ci sono stati momenti difficili, ma è felice del suo operato: “Le odissee passate, le difficoltà superate, lo sforzo compiuto e la gioia di aver realizzato un sogno che ci riempie di un umile orgoglio che amplia la nostra anima”.

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