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Perché molti cattolici si sono rivolti al pentecostalismo?

PENTECOSTALES

Iglesia Pentecostal Unida de España (Fair use)

Miguel Pastorino - pubblicato il 19/01/22

Nella maggior parte dei Paesi tradizionalmente cattolici dell'America Latina, i cattolici diminuiscono e aumentano gli evangelici pentecostali. Perché?

Tranne che nei contesti più secolarizzati dell’America Latina, come in Uruguay, dove i cattolici che abbandonano il cattolicesimo non passano necessariamente ad altre comunità cristiane, ingrossando invece le file dei “credenti senza religione” o degli indifferenti o agnostici, da decenni sappiamo che nella maggior parte dei Paesi tradizionalmente cattolici dell’America Latina i cattolici diminuiscono e aumentano gli evangelici pentecostali.

Paesi con un alto numero di cattolici nominali, ovvero di persone battezzate che non hanno approfondito la fede cattolica e non hanno vissuto un’autentica conversione, man mano che scompare la “cristianità”, la “cultura cattolica”, e la Chiesa smette di avere un peso nella società si allontanano facilmente dall’identità cattolica.

Dall’altro alto, l’impulso missionario evangelico pentecostale riesce a collegare con necessità spirituali che le Chiese tradizionali sembrano non soddisfare. Quali sono le ragioni di questa migrazione religiosa?  

Non è una novità

Non è una situazione nuova, ma ha acquisito nuove caratteristiche e si è acutizzata per via di cambiamenti sociali e culturali. Dal 1979 a Puebla, il Magistero Latinoamericano e i Papi hanno parlato dell’esodo dei cattolici verso le Chiese pentecostali. Giovanni Paolo II a Santo Domingo (1992) nel suo discorso inaugurale ha affermato che i fedeli non trovano nella Chiesa quello che cercano e vanno a cercarlo in altre Chiese o nelle sette. Ad Aparecida (2007), il tema ha continuato ad essere una preoccupazione pastorale dei vescovi.

Studiosi del tema non hanno smesso di avvertire al riguardo. Il problema è che si dà la colpa ai pentecostali, e invece i cattolici dovrebbero chiedersi: “In cosa abbiamo sbagliato?”

Non ci sono libri di esperti cattolici su sette, ecumenismo o pentecostalismo tra il 1986 e il 2020 che non parlino del tema con preoccupazione. Gli studi pubblicati dal Pew Research Center sulla religione in America Latina mostrano la caduta libera del cattolicesimo e l’aumento degli evangelici pentecostali e dei credenti senza affiliazione religiosa.

Bisogna chiarire sempre che questa diminuzione non riguarda i cattolici impegnati nella fede – che sono sempre una minoranza –, ma un cattolicesimo sociale che non viene più sostenuto dall’ambiente socio-culturale e dal crescente pluralismo delle nostre società.

Le cause socio-culturali

Esiste una grande stanchezza di fronte a un cristianesimo tradizionale che non risponde alle necessità spirituali e affettive dei credenti, che quindi cercano nuove esperienze.

La crisi del mondo moderno interessa le chiese che si sono amalgamate con la modernità razionalista, e in particolare il cattolicesimo, che dopo il Concilio Vaticano II ha privilegiato un’azione pastorale rivolta al sociale e ha trascurato – quando non abbandonato – le dimensioni dottrinale, mistica e spirituale della religione, lasciando i fedeli vulnerabili a qualsiasi proposta di senso potesse riempire quel vuoto.

Si percepiscono un esaurimento di tutto l’aspetto burocratico e istituzionale e una fede ridotta a un vago discorso sui valori.

Le Chiese storiche si sono secolarizzate, e il popolo cerca esperienze piuttosto che dottrine. C’è poi una rinascita identitaria del cattolicesimo più centrato sulla liturgia e sulla dottrina, ma anche questo non risponde alle ricerche spirituali della nostra epoca. I cattolici, che si sentano più progressisti o conservatori, concentrano il proprio discorso sull’aspetto morale e non sulla fede.

Il sociologo e teologo spagnolo José María Mardones affermava al riguardo nel 1996: 

“… C’è sete di esperienza del Mistero, e c’è stanchezza nei confronti di ideologie, raccomandazioni moralistiche, rituali e sacramentalismi routinari e privi di anima. Si cerca di percepire l’alito del Mistero e dello Spirito, in cui l’offerta religiosa perda l’anonimato della massa e si trasformi in dono per ogni individuo… Non abbiamo saputo fare le cose. Siamo caduti nell’indurimento rituale, sacramentale e catechetico; abbiamo svuotato la religione del mistero con tanta moralizzazione e tanta routine. Gli spiriti desiderosi di incontrarsi con Dio hanno trovato ideologie progressiste o conservatrici, ma non esperienza interiore; per questo hanno scelto altre vie, a volte sconsiderate”.

I pastori e i teologi delle Chiese storiche hanno visto negli ultimi quarant’anni con incertezza la crescente perdita di fedeli e l’esodo di massa verso una religiosità più emotiva e disistituzionalizzata. Mardones affermava che in quest’epoca di primato delle emozioni un cristianesimo privo di esperienza sensibile non sembra avere capacità attrattiva.

La mera presentazione razionale della fede, ha segnalato, per quanto importante inciamperà con il discredito postmoderno della ragione e con la stanchezza provocata dal funzionalismo predominante. 

La frustrazione sociale come tempo di rinascita

Negli anni Novanta, i leader pentecostali argentini hanno interpretato che l’orgoglio del loro Paese era stato spezzato dalla dittatura, dalla guerra delle Malvine del 1982 e dalla crisi economica sistematica, a partire dalla quale Dio avrebbe provato il Suo popolo e ne avrebbe tratto grandi “apostoli della fede” che avrebbero portato la nuova rinascita spirituale in altri angoli del pianeta. L’obiettivo principale dei pastori neopentecostali, in base a loro stessi, sono “i cattolici nominali che non si sono convertiti realmente a Cristo”. 

Se osserviamo le origini dei più importanti “revival” religiosi, soprattuttto di taglio cristiano, notiamo che si sono verificati in occasione di importanti crisi sociali ed economiche, e sembra essere una regola generale: quando il mondo si spezza, bisogna cercare un “mondo nuovo”.

Un rifugio e un’opportunità per chi è stato dimenticato dal mondo

Numerose Chiese pentecostali sono state un rifugio all’anomia sociale e un luogo in cui i più poveri hanno trovato un senso per la propria vita e un’opportunità di promozione integrale come persone. L’esperto Robert E. Mosher elenca tre ragioni per l’accoglienza positiva del pentecostalismo tra i più poveri.

In primo luogo, la spiritualità intensamente esperienziale che permette un’espressione corporale ed emotiva di sentimenti forti. “Quando il Vangelo si associa più ai sentimenti che all’intelletto, diventa fondamentale per un gruppo sociale che subisce l’emarginazione e l’anomia, frutti della disoccupazione e della povertà”.

La seconda ragione è che, in mezzo a un alienante anonimato, nella comunità pentecostale le persone con poche possibilità di realizzarsi nel loro contesto sociale ed economico possono diventare grandi leader ammirati e rispettati dai fedeli. Molti scoprono per la prima volta nella vita doti di leadership e capacità di parlare a un pubblico basandosi sulla propria testimonianza.

In questo modo, colui che prima “non era nessuno” e “non aveva opportunità nella società” viene “elevato tra gli uomini per dare testimonianza alla Verità”. L’appello a evangelizzare con il “potere di Dio” contribuisce a elevare i livelli di autostima e sicurezza personale.

Il pastore e teologo battista Pablo Deiros spiega che la comunità pentecostale è un ambiente caloroso, una famiglia alternativa, che offre tutto ciò di cui la società lo ha privato: dignità.

“Sembra individuare i veri problemi del popolo, le sue angosce e speranze, la sua ansia di lavoro, sicurezza, perdono e di tutti gli aspetti della vita umana normale… Mobilita la gente nel suo progresso personale e di gruppo. Non stupisce, allora, l’adesione di massa che ha raggiunto negli ultimi anni in America Latina”.

Non è tanto il grado di carenza economica ad attirare la gente verso questo pentecostalismo popolare, ma il suo grado di vulnerabilità e fragilità di fronte alla vita stessa, a maggior ragione in un contesto in cui la mancanza di senso, l’insicurezza e l’instabilità sono presenti in tutte le aree della loro esistenza (climatica, familiare, lavorativa, economica…). “In questo modo, la fede pentecostale popolare non cammina essenzialmente in direzione della salvezza per la vita etica, ma cerca la soluzione dei problemi quotidiani con la fede nel potere di Dio… si tratta di una realtà empirica, non astratta”.

Domande per riflettere

Quello che dobbiamo chiederci davvero è: perché i cattolici che si sono allontanati si convertono realmente con i pentecostali e cambiano vita? Cosa trovano nelle loro comunità che non hanno trovato nelle nostre?

Questi milioni di ex cattolici, oggi cristiani pentecostali, hanno sperimentato un cambiamento radicale e misterioso nella loro vita. La loro testimonianza evangelizzatrice e l’amore per la Parola di Dio risvegliano sentimenti trovati in pastori e fedeli cattolici.

Non dovrebbe stupire che ogni volta che si consultano degli evangelici che una volta erano cattolici, perché se ne sono andati dalla Chiesa cattolica, le risposte siano sempre le stesse: “Ora ho scoperto che Gesù è vivo davvero e ha trasformato la mia vita”, “Ora leggo la Bibbia ogni giorno”, “Ora ho scoperto che posso parlare con Dio come a un amico in qualsiasi momento, senza preghiere preconfezionate”, “Ora mi sento parte di una comunità di fratelli”, ecc..

Semplicemente, quello che trovano non è qualcosa che non esiste nella Chiesa cattolica, ma un aspetto chiaramente trascurato pur essendo fondamentale: avere un incontro con Cristo, una vita di preghiera che trasforma la vita, una vita comunitaria in cui si sentono davvero fratelli. Un cristianesimo semplice e accogliente.

Naturalmente una persona che ha avuto un’esperienza del genere non ha bisogno che le si dica che deve evangelizzare. I convertiti al mondo evangelico pentecostale sentono naturalmente il desiderio di farlo.

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