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Come faccio ad amare mio marito quando ai miei occhi è diventato insopportabile?

Don-Ricardo-Reyes

Antoine Mekary | ALETEIA

Silvia Lucchetti - pubblicato il 24/01/22

"Solo se sperimento che Cristo vive dentro di me, che non sono più io che vivo ma è Lui che vive in me, allora posso dare la mia vita per l'altro. Perché alla fine la vita la ho solo se la dò". La nostra intervista a don Ricardo Reyes Castillo

Finalmente oggi vi parliamo del bel libro di don Ricardo Reyes Castillo: Ricominciamo da “per sempre”edizioni Cantagalli. In queste pagine l’autore cerca di aiutare la sua amica Daniela – come fa nella realtà con tante coppie – in profonda crisi con il marito, a riscoprire il senso del matrimonio cristiano. Il loro è uno scambio di email che si fa man mano sempre più ricco e profondo nel quale don Ricardo – senza fare il maestrino con le risposte preconfezionate – mescola racconti biblici, ricordi personali, passi del rito del matrimonio per “mostrare il cielo a chi cammina senza speranza” (p. 9).

Ho usato questa modalità epistolare per rispondere via e-mail alle domande poste da una mia amica che, in un periodo di profonda crisi, mi chiedeva consiglio su come rinnovare ogni giorno il proprio matrimonio partendo da quelle perplessità, problematiche e criticità che forse sono presenti, seppur in maniera diversa, all’interno di molti matrimoni.

(p. 13)

E proprio a partire da ciò è nata la nostra intervista che ci auguriamo possa dare speranza e slancio a tanti sposi che la leggeranno. Prima di lasciargli la parola voglio davvero ringraziarlo per la disponibilità, la pazienza e la generosità. Che le sue riflessioni possano infondere coraggio a tante coppie che stanno attraversando la tempesta e possano spingerle ad alzare lo sguardo per chiedere aiuto proprio alla Chiesa, lì dove il loro matrimonio è cominciato.

Caro don Ricardo, tu che segui tante coppie in difficoltà… che cos’è per te la crisi?

La crisi è un’occasione di grazia perché è un momento per ri-decidere la nostra vita. È un tempo in cui percepiamo alcuni sintomi dentro che ci dicono che non sta andando bene: è un campanello d’allarme, c’è qualcosa nel tuo equilibrio interiore che non “funziona”. È un segnale per fermarti. Molte volte nelle crisi diamo in modo superficiale la colpa al sintomo, al disagio che stiamo vivendo, come se esso fosse il problema. In realtà la crisi è il sintomo di qualcosa di molto più profondo. Perciò è la crisi che ci può aiutare a fermarci, a rivedere in profondità la nostra esistenza, a riconoscerci e a poter decidere come vogliamo ricostruire la nostra vita.

Papa Francesco ha tenuto a distinguere la crisi dal conflitto…

Quello che Papa Francesco chiama conflitto, lo leggo come l’insieme di tutte quelle ferite che nel nostro vivere la cristi provochiamo all’altro. Ferite “innecessarie”. Dobbiamo purtroppo sempre trovare un colpevole. Prendiamo Adamo ed Eva: “Adamo cosa hai fatto? chi ti ha fatto sapere che eri nudo?”. “Eva”. “Eva cosa hai fatto?”. “Il serpente”. Dobbiamo sempre individuare un capro espiatorio, e chi accusa in fondo nasconde. Nell’accusare molte volte feriamo. Ho l’esperienza di tante coppie che seguo, dove ad esempio viene il marito e dice: “non credo davvero le cose che le ho detto”. Lei ugualmente afferma: “non credo davvero le cose gli ho detto”. E allora perché? Perché in quel momento, quando alcuni attacchi hanno toccato le nostre viscere, le nostre ferite primordiali, lì non siamo in grado di controllarci e possiamo ferire l’altro anche in un modo molto profondo. Penso sia proprio questo ciò che noi dobbiamo in tutti i modi evitare.

C’è una “ricetta” ?

Nel matrimonio non c’è una ricetta, siamo tutti unici. Nei nostri rapporti scattano delle combinazioni diverse. Nei primi anni di matrimonio ci sono difficoltà di assestamento nel vivere con l’altro, con le sue scomodità, con le rispettive famiglie di origine. Inoltre ci sono le decisioni da prendere senza averne prima parlato in maniera profonda: sui figli, la loro educazione, i soldi… ma anche cose semplici, dove si passa il Natale per esempio. E si creano sempre tensioni. Tutte cose che in realtà non affrontiamo durante il fidanzamento, e invece sono fondamentali.

Questi non sono temi che vengono affrontati nel corso prematrimoniale?

Il corso prematrimoniale dovrebbe affrontarli, dovrebbe portare le coppie di fidanzati a confrontarsi tra di loro, e poi ricevere la parola della chiesa. Ma è anche importante che le coppie si confrontino tra di loro mettendosi in discussione, anche tra coppie di amici, con lo scopo di aiutarsi. Ma il problema di oggi è la solitudine. Le coppie sono sole, tutti siamo soli, e alla fine il nostro momento di confronto con chi è? con chi ci paragoniamo? chi ci aiuta? Io dico sempre agli sposi che mi aiutano a condurre il corso prematrimoniale, che la cosa più importante è diventare per le coppie un punto di riferimento, perché domani loro saranno soli.

Cosa distingue il matrimonio cristiano da quello “naturale”?

Il matrimonio cristiano è un’esperienza veramente di fede, un’esperienza divina. Se noi non lo viviamo con le categorie divine è molto facile perderci. Dico sempre che tutti i sacramenti hanno una costruzione che il Signore ci ha lasciato. Il sacramento del matrimonio poggia su una base biologica, rappresentata dal matrimonio naturale. Il rischio di confondere la naturalità del matrimonio – l’unione di un uomo e di una donna per costruire una famiglia – con ciò che è il matrimonio sacramento è altissimo. Ma se noi confondiamo i due livelli perdiamo di vista che abbiamo fatto una scelta nella fede per poter sperimentare se Dio esiste e così trovare una risposta alla nostra esistenza. Se non ce lo ricordiamo è facilissimo perdersi.

Come si fa a continuare ad amare l’altro anche quando ai nostri occhi è diventato insopportabile?

Una volta ricevuto il sacramento gli sposi sono sempre dentro quel sacramento, anche nel vivere l’intimità della coppia. È importantissimo ricordarsi che il sacramento deve essere vissuto e necessita di fondamentali sostegni: in primis partecipare all’Eucaristia. L’Eucaristia è il sacramento nel quale noi ci uniamo a Cristo, diventiamo uno con Lui. Come faccio ad amare la donna che Dio mi ha messo accanto? Come faccio ad amare l’uomo che Dio mi ha messo accanto quando mi dà fastidio perfino come mastica? Solo se ho un qualcosa di molto più grande dentro di me. Se io davvero sperimento che Cristo vive dentro di me, che non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me, allora posso dare la mia vita per l’altro. Perché alla fine la vita la ho solo se la dò. Solo se ci doniamo abbiamo la vita invece il nostro rischio, e lo dico anche io come prete, il rischio più grande che vivo ogni giorno è quello di voler difendermi, di non voler soffrire, di voler avere i miei spazi, le mie comodità. Ma Dio non ci ha dato la vita per stare bene, per stare comodi, Dio ci ha dato la vita per darla, per donarla, per viverla. E il matrimonio è una via privilegiata per fare questa esperienza. Ma molte volte il rischio più grande che corriamo è quello di chiedere, di recriminare i nostri diritti.

E quando l’altro non vuole frequentare la chiesa?

Noi siamo chiamati ad essere prima di tutto testimoni, magari con la mia fede io potessi portare tutti alla chiesa, ma prima di tutto sono chiamato io ad avere un rapporto con Dio. E il mio rapporto con Dio dà frutto. Io direi a questa moglie o questo marito: tu vivi il tuo rapporto con il Signore, questo rapporto ti deve portare a trasformarti, a diventare veramente un’eucaristia vivente, ad essere capace di sperimentare che nello “spezzarsi” uno riceve la vita, che è vero che nel morire noi viviamo. Se l’altro lo vede viene colpito, non so se andrà in chiesa ma ne rimane stupito, e magari Dio ha bisogno di toccare il suo cuore così. È un mistero anche questo. Se Dio ci tocca il cuore, ci dà la grazia di sperimentare quella bellezza e l’altro ha la possibilità di vederla. Come quando guardiamo un quadro meraviglioso c’è qualcosa che ti stupisce ma non sai cos’è, però riconosci che è veramente un’opera d’arte, qualcosa che va oltre l’ordinario. Anche noi dobbiamo fare della nostra vita un capolavoro perché l’altro veda qualcosa che lo stupisca. Che è l’essere di Cristo.

C’è una crisi della sessualità nei matrimoni di oggi?

Una delle cose che più è in crisi nel matrimonio è proprio la sessualità. La pornografia è diventata una piaga, tanto da condizionare la vita di coppia e far credere che si possa arrivare al piacere solo attraverso pratiche trasgressive. Si sente il bisogno di trasgredire per provare piacere, ma qual è il vero problema? Il porno è una droga che si utilizza per anestetizzare un dolore molto profondo perdendo di vista il senso autentico della sessualità. Quel donarsi nell’amore, che è ciò che ci dà la vita. È vero che la sessualità è legata al piacere ma è altrettanto vero che è una donazione d’amore all’altro: è guardarlo, vedere il suo bisogno, pensare a lui. Se la vivo solo per me allontano l’altro. Se la vivo per lui/lei, se io vivo non più per me stesso ma per l’altro, è completamente diverso. È quello che fa Cristo con noi, tu vai all’eucaristia e Cristo si dona, e a volte neanche ti rendi conto che Lui ti ha guardato, che Lui si è donato, si è unito a te. Ma Lui continua a donarsi e questa è la meraviglia. È questo che trasforma il nostro cuore.

C’è anche dell’altro nella crisi della sessualità? Non c’è solo il veleno della pornografia, spesso le coppie sono lontane per non aver chiarito, non aver fatto pace, delusioni, ripicche, sentirsi non considerati: “tutto il giorno non mi hai filato ed ora mi cerchi per fare l’amore”. Qual è il salto che l’uomo e la donna devono fare nel sapersi accogliere?

Credo sia molto importante saper leggere l’altro, saper trarre profitto da tutte le piccole crisi. Perché le crisi vanno utilizzate per crescere, per interrogarsi, cercare aiuto. Io stesso come prete ho bisogno di mille aiuti: persone che mi sostengano in questa scelta, che comporta anche difficoltà, sofferenze, momenti in cui uno rischia di perdersi. Se io non ho punti di riferimento a cui attingere nel momento delle mie crisi, dove vado? La stessa la cosa avviene nella coppia. Quando si chiede aiuto già la metà del lavoro è stato fatto.

Cosa diresti a una coppia in crisi?

Di solito prima gli parlo insieme, un primo incontro nel quale si scannano, poi li seguo individualmente e dò degli strumenti. Il rischio più grande è che quando nel matrimonio arrivano i figli, tutto si stravolge. La donna perde di vista l’uomo, i figli diventano il centro di tutto, ma la cosa più comune è che entrambi perdano di vista se stessi. Ripeto sempre alle coppie: ricordatevi, c’è un sano egoismo, cercati di mantenere anche i vostri spazi, dovete anche ritagliarvi dei momenti per le cose vi piacciono, conservare qualcosa anche per voi stessi. Perché è quel “respirare” che ci permette di alimentare gli altri. In aereo ti dicono sempre: prenda prima la sua mascherina poi passi l’altra al bambino che ha accanto. La stessa cosa nella vita, la prima cosa è che io devo riprendere ossigeno. Io stesso, come prete, devo avere un momento per me: è a tal punto importante che mi sono concesso ultimamente un’ora a settimana a fare un corso di pittura. Quello è un tempo per me che mi dà una carica per poi “stare” con l’altro, per darmi all’altro. Allo stesso modo non potrei veramente donarmi al prossimo se non vivessi un momento esclusivo per pregare il Signore da solo, io ho bisogno di stare solo con Lui, con il mio Sposo. Se io sto con Lui allora posso poi spendermi.

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