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Dimentichi le cose? Nutri la tua memoria di ogni piccola cosa che vivi

WOMAN, COFFEE, SMILE

Ivan Kruk | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 26/01/22

Sapevi che lo stress distrugge i neuroni e quindi riduce la capacità di memoria? L’unico modo che abbiamo per creare un ricordo che duri più del momento presente è prestare attenzione.

Senza memoria tutto ci sarebbe sconosciuto. È una capacità misteriosa e miracolosa del nostro cervello, di cui ci si rende davvero conto nei momenti in cui manca o vacilla. Ricordo il caso di Caitlin Little che in seguito a un incidente perse completamente la memoria e da allora ogni giorno ascolta da capo i racconti di familiari e amici per ricordarsi chi è.

Sul numero di Febbraio di Benessere – La salutecon l’animatroverete un approfondimento sul mistero sorprendente che è la nostra memoria, con il contributo della neuroscienziata Lisa Genova:

«La memoria ci dice chi siamo, chi siamo stati e non riposa neppure nel sonno, perché i suoi processi continuano a lavorare».

Cosa e quanto ricordi?

Fino a qualche anno fa capitava che mi lamentassi della mia memoria eccessiva. Mi feriva ricordarmi benissimo di persone anche solo intraviste una volta e non essere ricordata da loro. Mi veniva il dubbio: allora non esisto, sono invisibile. I ricordi non sono solo uno strumento tecnico del nostro cervello, coinvolgono la persona per intero, la sua identità relativa essenziale con il mondo e gli altri. E così ricordare qualcuno chiama in causa l’affetto o la paura, essere dimenticati è un dolore.

PHOTO, SUN, HANDS

Oggi, a 45 anni, comincio a registrare qualche cedimento e le amnesie sono all’ordine del giorno. Il cervello è uno strumento imperfetto e mirabile allo stesso tempo.

In media, un adulto ha memorizzato il suono, l’ortografia e il significato di un numero di parole che varia fra 20 mila e 100 mila, i maestri di scacchi tengono a mente qualcosa come 100 mila mosse possibili e i musicisti capaci di eseguire il terzo concerto per pianoforte di Rachmaninov hanno impressa nel cervello la diteggiatura di quasi 30 mila note.

Questi numeri mi confermano che sono lontana anni luce dal maestro di scacchi e dal musicista. Vero è che la memoria non è solo una faccenda di quantità, parte della sua eccellenza è anche nel saper dimenticare eventi e nomi, per fare spazio a ricordi più rilevanti da trattenere. Il cervello umano ha un tipo di efficienza diversa da quella di un hard disk con terabyte di memoria. E forse proprio in questa sua limitatezza, motivata dalla necessità della selezione, c’è il valore specificamente umano che la rende ancora più preziosa.

Parsimonia e attenzione

La memoria è parsimoniosa, ricorda i dati significativi e dimentica quelli irrilevanti. In altre parole, siccome non è una videocamera che registra tutto ciò che vede e sente, l’unico modo che abbiamo per creare un ricordo che duri più del momento presente è prestare attenzione.

Dickens e mia mamma, ecco un’associazione strana a cui ho pensato leggendo questo passaggio della dottoressa Lisa Genova. Possiamo essere alleati virtuosi della nostra imperfetta memoria che si barcamena con il tengo? butto? Sono anni che mia madre vive in simbiosi con una marea di biglietti. Sono onesta, tuttora mi mette ansia vederla comparire e affermare: “Ti devo parlare”. E poi ti tira fuori i suoi appunti. Note semplici, tipo: sono riuscita a smacchiare quei pantaloni, ha telefonato la zia, tra un mese scade la patente di tuo padre.

A quanto pare questa tecnica del prendere appunti è proprio un valido alleato della memoria. La realtà sfugge, ed è proprio vero che scripta manent (dentro l’anima non solo sul foglio di carta).

Se vogliamo ricordare un’esperienza, dobbiamo innanzitutto notarla nel momento in cui accade: lasciato a se stesso, il cervello è svagato, distratto, pieno di automatismi e attraversato da un costante sottofondo di pensieri ripetitivi.

NOTES, POST IT, HANDS

E qui salta fuori Dickens che diceva: “Quando trovate qualcosa, prendetene nota”. Da innamorato e affamato di realtà, Charles Dickens dedicava tantissimo tempo alle note. In ogni città che visitava trascorreva tempo nei mercati, negli ospedali, nelle stazioni, in tutti i luoghi pubblici. E prendeva appunti. Lo immagino coi vestiti macchiati.

Etimologicamente la nota è la macchia. Trattenere la realtà è sporcarsi, non rimanere immacolati dentro il presente. Siamo alleati della nostra memoria quando raccogliamo queste macchie, quando fissiamo l’esperienza in qualcosa di concreto, tangibile, evidente. Vale anche l’assurdo.

Per ricordarci di comprare il latte, possiamo immaginare Homer Simpson che cerca di mungere una mucca mentre Bart gli ruba il secchio. Più sarà assurda, unica o strampalata l’immagine, più ci resterà impressa.

Lo stress nemico della memoria

Non appena fa capolino qualche segnale di smemoratezza è facile che ci assalga la paura che si tratti di qualcosa di grave. Alzheimer è una delle prima ipotesi a cui si pensa. Esiste una differenza sostanziale tra una fisiologica smemoratezza e i segni inequivocabili di una malattia degenerativa. Ad esempio l’Alzheimer si caratterizza per la rimozione dei ricordi recenti e recentissimi (ci si ricorda la propria infanzia, ma non quello che si è mangiato a pranzo). Il confronto con i medici è la via per sciogliere dubbi e, eventualmente, eseguire esami diagnostici di approfondimento.

Molto più frequente, eppure trascurato, è un nemico micidiale della nostra memoria e in grado di causare un deficit significativo:

Lo stress costante uccide i neuroni, anche se per fortuna la neurogenesi, ovvero il processo attraverso il quale ne vengono generati dei nuovi, prosegue per tutta la vita in molte parti del cervello, e in particolare nell’ippocampo. Il problema è che lo stress cronico inibisce questo processo, per cui le persone che vivono in uno stato di tensione continua e incontrollata avranno un ippocampo più piccolo, dunque un minor numero di neuroni disponibili per consolidare nuovi ricordi e di conseguenza un deficit in questa funzione della memoria.

BRAIN, ERASE, MEMORY

Lo stress, in effetti, è un eccesso di pensiero che si contorce su se stesso. Ci aliena dalla vita reale e presente. Ci chiude in una gabbia di fumi velenosi e sterili.

Quali alleati possiamo trovare per tenere a bada i pessimi cortocircuiti dell’ansia che letteralmente rodono il cervello? L’antidoto è sempre lei, la realtà. Ciascuno secondo il proprio ritmo di vita può trovare piccole strategie non tanto per estraniarsi, quanto per addentrarsi ancora di più nel vissuto (più che nel pensato). Prendersi il tempo di una camminata è un consiglio ripetuto spesso, ma dagli effetti benefici immediati. Accompagnato dalla preghiera è una combo fortissima.

Prendersi il tempo di cucinare qualcosa, preparandolo. Azioni come sbucciare, tagliare, pesare, mescolare hanno la forza delle cose così semplici da ricordarci che il tempo si può trascorrere senza correre, stando. Tra due giorni si festeggia San Tommaso d’Aquino che forse non è ancora stato additato come mentore per combattere lo stress, eppure il suo pensiero è stato un’ininterrotta lode alla presenza di ciò che esiste.

L’oggetto è un oggetto; può esistere ed esiste infatti al di fuori dalla mente, o in assenza della mente. E perciò allarga la mente di cui diviene parte. La mente conquista una nuova provincia, come un imperatore; ma solo perché ha risposto al suono di un campanello, come un servitore. La mente […] è se stessa per questo nutrirsi di fatti, […] questo cibarsi della strana, dura carne della realtà.

Chesterton su San Tommaso d’Aquino

Essere è il verbo davvero alleato della memoria. La nutriamo con il nostro essere presenti alla vita che accade, e la ringraziamo di esserne custode.

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