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Rapporto sui seminaristi transgender esorta a discutere sulla selezione

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DmyTo | Shutterstock

John Burger - pubblicato il 31/01/22

I rettori che abbiamo intervistato mettono in discussione il modo in cui sono stati ammessi i candidati

Gli attuali processi di selezione nei seminari cattolici sono abbastanza approfonditi da far chiedere ai rettori come sia stata possibile l’ammissione di candidati biologicamente donne.

“Non sorprende che alcuni possano provare a fare una cosa del genere, ma quello che perplime e sorprende un po’ di più è come siano riusciti a entrare in seminario”, ha affermato p. Mark Doherty, rettore del Seminario di St. Patrick di Menlo Park, California (Stati Uniti).

P. Doherty e altri rettori hanno parlato ad Aleteia in risposta ai resoconti recenti per cui un rappresentante della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti stava chiedendo alle diocesi di fare attenzione ai possibili tentativi futuri di donne transgender di fare domanda per seguire la formazione sacerdotale. Il rappresentante, l’arcivescovo Jerome Listecki di Milwaukee, aveva mandato un memo a settembre affermando che varie persone di questo tipo erano state ammesse, ovviamente in modo inconsapevole, in seminari e case di formazione per comunità religiose, ma nessuna era riuscita ad arrivare all’ordinazione. Il presule non ha nominato le istituzioni coinvolte.

“Sulla base della mia esperienza, non riesco a capire come sia accaduto”, ha affermato il sacerdote sulpiziano p. Philip J. Brown, presidente-rettore del Seminario di St. Mary di Baltimora. “Mettiamo in atto un processo di ammissione approfondito che implica valutazione psicologica, avvalendoci di psicologi clinici, e anche esami fisici, e soprattutto negli ultimi anni la valutazione psicologica include una storia sessuale della vita e dell’attività sessuale della persona, quindi non capisco come le cose non siano saltate fuori nell’esame sia psicologico che fisico”.

Molti seminari, diocesi e ordini religiosi hanno approfondito l’analisi dei candidati in risposta agli scandali di abusi sessuali degli ultimi decenni.

P. Brown, in precedenza rettore del Theological College della Catholic University of America, ha affermato che il St. Mary di Baltimora, come altri, faceva affidamento sulla diocesi per la quale il candidato doveva effettuare la valutazione psicologica. Come rettore del St. Mary, ha rafforzato questa politica. “Accetteremo la valutazione psicologica di una diocesi, ma la faremo rivedere dal nostro psicologo clinico”, ha affermato. “Se non pensa che sia abbastanza approfondita o che includa tutti gli strumenti valutativi che riteniamo affidabili, la rimandiamo indietro e diciamo che non ammettiamo il candidato a meno che non faccia questo o quello. E se manca qualcosa in una valutazione riguardo alla storia sessuale, non accettiamo il candidato finché non è tutto chiarito”.

Il sacerdote ha sottolinea che un esame fisico chiederebbe in genere alle persone se hanno subìto interventi. “Se qualcuno ha subìto un’operazione transgender, è evidente nel fisico, a meno che, ovviamente, non si siano falsificati”.

Test genetici

P. Brown ha dichiarato che il St. Mary non ha mai avuto un seminarista “per cui ci fosse nemmeno il sospetto” che fosse transgender, e non crede che il fenomeno sia così comune.

“Sulla base del mio lavoro nel mondo dei seminari, ritengo impossibile usare la parola ‘diffuso’”, ha osservato. “Possono esserci dei casi isolati per qualche piccolo seminario che non aveva standard molto alti, ma nei seminari principali della Chiesa non lo vedo accadere”.

Aleteia ha contattato la Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti e l’arcivescovo Listecki per ottenere un commento. Una portavoce della Conferenza ha tuttavia declinato l’invito.

P. Charles Caccavale, direttore spirituale e docente di Teologia Morale presso il Seminario di St. Joseph di Yonkers (New York), parlando a nome del rettore, il vescovo James Massa, ha affermato che non solo il processo di selezione del seminario è molto approfondito, ma che le istruzioni per i seminaristi sul tema sono sia ortodosse che pastorali.

“In termini di preparazione degli uomini nella formazione, insegniamo sia nel campo della teologia sistematica che in quello della teologia morale l’antropologia biblica e teologica della Chiesa, che non ammette la possibilità che una persona sia ‘intrappolata in un corpo del sesso sbagliato’ o l’esistenza di una serie di generi al di là di maschio e femmina”, ha affermato. p. Caccavale. “Lo discutiamo in una serie di forum nel corso di formazione per imprimere nei seminaristi la visione della Chiesa sulla questione e l’importanza di mantenere l’integrità dei certificati e dei documenti ufficiali della Chiesa. Come questione pastorale che potrebbero incontrare nel loro ministero futuro, sottolineiamo la necessità di sensibilità e carità pastorale nei confronti di chi potrebbe sperimentare questioni collegate al genere”.

P. Caccavale ha affermato che la questione “inizia a presentarsi sempre più come un tema di preoccupazione. C’è sempre la possibilità che il test genetico venga reso obbligatorio come parte del classico esame medico per l’ammmissione al seminario”.

In questo momento, tuttavia, p. Brown al St. Mary di Baltimora e altri rettori non vedono la necessità di andare al di là dei protocolli di selezione attualmente in atto.

“Personalmente, sono fiducioso nel fatto che ci sia una selezione adeguata, sicuramente nei seminari in cui sono stato affiliato, ma penso anche nella maggior parte dei seminari, perché assisto ogni anno a conferenze con i rettori della maggior parte dei seminari degli Stati Uniti, e quindi ritengo che ciò che sta accadendo ora sia adeguato”, ha dichiarato. “Con le pratiche standard dei seminari con cui ho familiarità, non lo ritengo affatto un problema potenziale”.

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