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Etica e impresa: la guerra di Neil Young contro Spotify e Joe Rogan

SPOTIFY

Shutterstock-@joerogan

María José García Crespo - pubblicato il 05/02/22

La vostra impresa difenderebbe i suoi valori etici fino alla fine?

Qualche giorno fa è stata pubblicata la notizia del ritiro della musica di Neil Young dalla piattaforma Spotify. La causa: si oppone al fatto che le sue canzoni vengano riprodotte sulla piattaforma che offre il podcast del no vax Joe Rogan.

Il presentatore Joe Rogan ha il podcast più popolare, ascoltato da milioni di persone in tutto il mondo.

Raccontiamo la storia dall’inizio.

Qualche giorno fa, è scoppiata una polemica sui mezzi di comunicazione di tutto il mondo. Il cantante Neil Young (autore, tra le altre, di Heart of Gold e Rocking In the Free World), ha chiesto che Spotify smettesse di trasmettere la sua musica.

NEIL YOUNG

Il motivo è che non vuole condividere la piattaforma con Joe Rogan perché questi diffonde informazioni fuorvianti sui vaccini contro il Covid-19.

Senza entrare nel merito del fatto che i vaccini siano positivi o negativi, lo scandalo ci porta a chiederci se la cultura corporativa debba essere legata a valori etici.

Siamo capaci di assumere valori che possono portarci a perdere clienti?

Per chi non conosca Rogan, è un presentatore polemico che porta entrate miliardarie a Spotify, che detiene l’esclusiva del programma. Nel 2020, il podcast The Joe Rogan Experience ha fatto guadagnare più di 100 milioni di dollari.

I fans raccontano che Young ha contratto la poliomielite da bambino, poco prima che fosse disponibile il vaccino contro questa malattia.

Il cantante ha pubblicato sul suo sito web una lettera indirizzata al suo manager e alla sua casa discografica, il Warner Music Group, esigendo che Spotify non pubblicasse più la sua musica. Da allora è stato eliminato.

Young ha affermato che era pronto all’impatto economico che comporta questa devisione. Una vera dichiarazione di principi.

Spotify ha dichiarato che cerca sempre di equilibrare “sia la sicurezza degli ascoltatori che la libertà dei creativi”, e che aveva eliminato più di 20.000 episodi di podcast collegati al Covid-19 in base alle sue politiche di contenuto.

“Spotify è diventata il luogo della minacciosa disinformazione di fronte al Covid-19”, ha dichiarato Young sulla sua web. “Menzogne che si vendono per denaro”.

“Ci dispiace per la decisione di Neil di ritirare la sua musica da Spotify, ma speriamo di dargli nuovamente il benvenuto presto”, ha dichiarato Spotify in un comunicato. Nella controversia, la settimana scorsa la compagnia svedese ha perso più di 2 miliardi di dollari di valore sul mercato.

Qualche ora fa, Rogan ha promesso di essere più “equilibrato”, e Spotify sta introducendo un “avviso di contenuto” per qualsiasi episodio di podcast che discuta il coronavirus.

Scontri etici pubblici: vale la pena scommettere sulle convinzioni dell’impresa?

Il professor Yago de la Cierva offre qualche luce al riguardo. De la Cierva è Senior Lecturer di Direzione del Personale nelle Organizzazioni presso la IESE Business School (Spagna) e visiting professor di Comunicazione Corporativa e Gestione della Comunicazione di Crisi presso l’IEEM, Escuela de Negocios de la Universidad de Montevideo, Uruguay.

In uno dei suoi articoli pubblicati dalla IESE Business School, afferma che prima di scommettere su una posizione e giocarsi la propria reputazione su un tema controverso, bisogna assicurarsi di quale sia la posizione della propria impresa.

“Nel 2019, Chick-fil-A ha cambiato i piani per aprire ristoranti nel Regno Unito dopo che gli attivisti LGBTQ+ avevano lanciato proteste e boicottaggi contro la catena di fast food statunitense”.

La protesta ha avuto luogo perché la compagnia aveva realizzato donazioni a enti contrari al matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Anche se i fans avevano lanciato un controboicottaggio, Chick-fil-A ha deciso di allontanarsi dalla polemica.

Il CEO Dan Cathy ha reindirizzato le donazioni dell’azienda a entità neutre. Questa mossa ha deluso tutti i fans che avevano difeso l’organizzazione.

Quando l’impresa ha deciso di cambiare strategia per uscire da questo pasticcio, insomma, è entrata in un altro.

Le imprese dovrebbero quindi prendere posizione sui temi scottanti? I valori personali possono influire sulla gestione corporativa? Esiste un’occasione adeguata per far sì che un’impresa inizi una guerra culturale? Ecco alcune delle domande che pone de la Cierva.

Come dimostra il caso diChickfil-A, “anche cercare di non prendere posizione è prendere una posizione”, e nell’ambiente polarizzato di oggi ci saranno sempre conseguenze.

Sono quelle che l’esperto definisce “guerre culturali” dal punto di vista della comunicazione delle crisi.

In mezzo al fuoco incrociato

Sorgono sempre più crisi su valori e convinzioni con diverse visioni sociali.

A volte le compagnie si trovano in mezzo alla battaglia senza aver fatto niente di particolare, altre volte un portavoce diffonde una dichiarazione sui propri punti di vista personali.

Se l’impresa decide di esprimersi su una questione conflittuale, è molto probabile che generi una crisi di comunicazione.

“Le parti interessate si aspettano che le imprese siano chiare. Le risposte vaghe e basate sui ‘no comment’ non sono sufficienti”.

Yago de la Cierva

Non è facile mantenersi al margine di queste guerre, e le dichiarazioni evasive non le evitano. Realizzare le aspettative del pubblico su questo tipo di posizione delle imprese è piuttosto difficile.

Attualmente, i cittadini si aspettano molto dalle imprese e dai loro leader.

Secondo il Barómetro de Confianza de Edelman del 2021, l’86% “si aspettava che i direttori esecutivi guidassero e parlassero pubblicamente su problemi e sfide sociali”.

“Il 68% ha pensato che i direttori esecutivi dovessero intervenire e prendere misure per riempire il vuoto quando i Governi non sembravano risolvere i problemi”.

Forse questo è dovuto a una nuova generazione più impegnata, che si aspetta che le imprese risolvano i problemi che i Governi non affrontano. Indica anche che gli impiegati chiedono più rispetto per i diritti umani.

Anche gli azionisti reclamano atteggiamenti etici da parte delle organizzazioni. Dal canto loro, le istituzioni pubbliche richiedono impegni che vanno al di là del mero rispetto della legge, come la protezione dell’ambiente o misure sociali.

“I leader imprenditoriali devono impegnarsi con quello che si chiama il contesto non commerciale, coinvolgendo Governi, gruppi di interesse, mezzi di comunicazione e il pubblico in generale”.

Pankaj Ghemawat, professore dell’IESE

Con l’effervescenza delle reti sociali, bisogna fare molta attenzione a non entrare nelle polemiche.

C’è chi pensa che mettere in atto un piano di Responsabilità Sociale Corporativa (RSC) sia sufficiente, ma nulla è più lontano dalla realtà. La strategia etica dev’essere trasversale a tutta l’organizzazione ed essere inclusa nel piano strategico della compagnia.

È poi necessario che la compagnia elabori un piano di comunicazione strategica con una parte molto rilevante: piani d’azione per la comunicazione delle crisi.

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