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Sei single? Mica ti aspetterai il fidanzato a km zero?

MIENMIUAIF, ANITA, GIUSEPPE

Mienmiuaif | Youtube

Annalisa Teggi - pubblicato il 07/02/22

Dici che trovare la persona giusta non è facile. Dici che trovare qualcuno che condivida anche l'esperienza della fede è ancora più difficile. Qualche consiglio dei Mienmiuaif per chi aspetta, aspetta ... e non fa un passo fuori dalla parrocchia.

I Mienmiuaif tornato alla carica sul tema dei ragazzi cristiani single. Anita e Giuseppe sono riusciti negli anni a creare uno spazio cristiano di aggregazione molto ampio sui loro social. Hanno tradotto questa presenza anche in concerti e momenti di incontro condivisi nella realtà. Il loro matrimonio è un esempio a cui molti giovani cristiani guardano con simpatia e ammirazione.

Perciò, niente di più facile che Anita e Giuseppe ricevano messaggi, domande, pensieri da parte del pubblico che li segue, non tanto come influencer ma proprio come compagni di viaggio. Il loro insistere nei video della serie Dead cat sul tema del fidanzato/a che non si trova lascia intendere che molti ragazzi e ragazze abbiano condiviso con loro la fatica di rimanere single nonostante il desiderio di costruirsi una famiglia. Questa volta i Mienmiuaif hanno letteralmente schiacciato il piede sull’acceleratore.

Mogli e buoi dei paesi tuoi nel villaggio globale?

Oggi parliamo di chilometraggio perché c’è un grosso problema. Oggi non è facile trovare il ragazzo o la ragazza che sia dei paesi tuoi, e che abbia la fede.

Anita e Giuseppe
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Quello che può essere virtuoso nelle abitudini alimentari non lo è nelle questioni affettive. Il km 0 è un ottimo criterio per scegliere le verdure, ma non il fidanzato. La chiave dell’ironia è uno dei punti di forza dei Mienmiuaif. (Quello vero e più deflagrante è osare esporsi come marito e moglie che parlano davanti a una telecamera).

Il cristiano si merita sempre una dose abbondante di sarcasmo da parte del mondo, ma l’ironia sparata dal fuoco amico è una grande risorsa. E così Anita e Giuseppe non ci girano intorno: ammettiamolo, trovare un fidanzato/a non è facile; trovarlo/a cristiano è un’impresa ancora più complicata.

I cattolici ci sono, ma sono sparsi – dice Anita. Sì, siamo pochi e non accentrati in un’unica riserva indiana per creature in via di estinzione. Siamo seminati e disseminati. Fatta la necessaria premessa che il paletto di cercare per forza “un fidanzato cattolico” è riduttivo del mistero buono che si può incontrare nelle persone, è poi evidente che non si può avere la presunzione che il principe azzurro varchi improvvisamente la porta d’ingresso della nostra parrocchia.

A differenza di certi trafiletti che si leggono sulle riviste glamour, il rapporto a distanza non è una sfida impossibile. Per il cristiano, poi, è un ottimo allenamento per il matrimonio. Che è la cosa che meno assomiglia al km 0. Tra marito e moglie ci si incontra da capo ogni mattina arrivando da galassie lontanissime.

I social come risorsa, l’incontro come baricentro

Ascolterete con piacere la chiacchierata di Anita e Giuseppe, solo apparentemente leggera e scanzonata. Vagliare e trattenere risorse in ogni contesto, questa è la chiave cristiana che evita gli opposti di rigetto tout court e dipendenza. I social sono un canale reale di comunicazione virtuale tra giovani. Non gettano le basi per una relazione. Ma possono essere un punto di innesco per la conoscenza.

Fanno bene i Mienmiuaif a ricordare che su Facebook e Instagram la presenza di gruppi cristiani è vasta offre occasioni di scambi con persone che ci sono vicine per esperienza di fede anche se non abitano vicino a noi. Cogliere il vantaggio di partenza offerto da questi strumenti di connessione è il primo passo, quello che precede il vero baricentro di ogni relazione: l’incontro di persona.

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E se poi accade di incontrare una persona che può essere quella giusta con cui verificare l’ipotesi del fidanzamento ed è geograficamente lontana che si fa? Anche in questo caso si sfruttano tutte le potenzialità offerte dal virtuale – Anita insiste sulla videochiamata, non solo semplice telefonata. Ma, soprattutto, si parte.

La videochiamata e i messaggi non sostituiscono l’incontro personale, sono un supporto che accompagna l’impegno di vivere un’ipotesi affettiva in movimento.

Sì, viaggiare

Ascoltare questo video mi ha fatto fare un tuffo nel lontano 2003, quando mi fidanzai. La geografia di quegli anni fu assurda. La sintetizzo. Abitavo vicino a Bologna e studiavo a Siena, il mio futuro marito era di Milano e lavorava a Viareggio. C’incontravano nei weekend in zone sparse della Toscana, le feste comandate le trascorrevamo o a Milano o a Bologna. Il corso fidanzati lo frequentammo a Crema, per seguire un sacerdote che era un riferimento per entrambi.

Un mio sabato tipo poteva essere: partenza di mattina da Siena verso Viareggio, da qui in auto col fidanzato in direzione Crema. Corso fidanzati nel tardo pomeriggio. Pernottamento a Milano a casa di quelli che sarebbero diventati i miei suoceri. Rientro a Bologna in treno la domenica sera.

Non è stato facile, è stata la cosa migliore che mi potesse capitare. Sembravamo un ragazzo e una ragazza centrifughi, perché stavamo imparando a essere centrati. L’amore è smetterla di stare chiusi ciascuno a casa propria. Mi rendo conto solo a posteriori di quanto siano stati importanti quegli anni sempre in viaggio, cioè trascorsi a spostarsi. Il fidanzamento è stato, per me, imparare a uscire dalla casa di cemento armato della mia solitudine (dove ero stata molto bene, comoda e a mio agio). Ero piantata, ancorata al mio scoglio su misura, eppure sentivo il desiderio di costruire una famiglia.

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La distanza che resta

Il rapporto a distanza è stato un momento benedetto per la verifica della vocazione matrimoniale. E parlo proprio dello stare per strada tanto, spesso con la nausea perché tollero male ogni mezzo di trasporto. E del discutere in auto dovendoci rimanere dentro per ore da litigati, senza poter chiudere la comunicazione o fuggire altrove (come mia abitudine). Ecco, oggi guardo quei momenti di tragitto come un allenamento inconsapevole – ma ben escogitato dalla Provvidenza – a ciò che ogni giorno accade stando con mio marito. Il matrimonio non può che essere questo eterno rapporto a distanza in cui ciascuno vince la tentazione di essere fermo sul suo piedistallo e a posto.

Per incontrare chi ti dorme accanto ogni notte si macinano chilometri ogni giorno. Si attraversano oceani per guardare in faccia l’altra metà. Che è proprio una metà altra, aliena. Non c’è scarpinata più sudata di quella della famiglia fondata sulla roccia di Dio.

Spero che Anita e Giuseppe mi concedano questo paradosso: anche il loro è stato un rapporto a distanza, nonostante fossero geograficamente vicini. Anita racconta del bisogno che aveva, da fidanzata, di sentire Giuseppe al telefono anche quando, finito un appuntamento, tornava a casa e doveva stare in macchina per 7 minuti da sola. Giuseppe ci scherza, sui suoi silenzi e sulla loquacità di lei. Eppure io capisco la vertigine di quei 7 minuti da sola, dopo una serata trascorsa insieme alla persona che ami.

C’è distanza tra fidanzati che abitano ai capi opposti della penisola, c’è tra fidanzati cresciuti insieme nella stessa città, c’è tra un marito e una moglie che festeggiano le nozze d’oro. La compagnia reciproca, dentro una vicinanza o lontananza geografica, convive con l’evidenza che c’è un horror vacui tra chi si ama, uno spazio non di separazione ma di alterità (e verso cui si salpa spiegando le vele di giorno in giorno, come marinai coraggiosi).

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