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María Todolí: “Dal male del Covid, Dio ha tratto un bene: la nostra conversione”

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Dolors Massot - pubblicato il 07/02/22

Quando María era sull'orlo della morte, il marito ha iniziato a mandare degli audio via Whatsapp chiedendo preghiere. Quello che è accaduto nella loro vita e nel loro matrimonio non è stato solo una guarigione fisica

La sera del 24 dicembre 2021, nulla faceva presagire ciò che sarebbe successo in casa della coppia spagnola formata da María Todolí e Josep Ardit. Il canale della televisione pubblica valenciana À Punt parlava di loro in prima serata. “Ci colleghiamo in diretta con una famiglia per sapere come sta vivendo la sera della Vigilia”, esclamava entusiasta il presentatore Màxim Huerta. Una giornalista sul posto ha poi presentato Josep, María e i loro nove figli.

La telecamera mostrava la cucina, la sala da pranzo, si soffermava sulla tavola apparecchiata e sulle luci che ornavano la casa, sui piatti pronti e su una delle bambine che spolverava di cannella le arance del dessert. Josep, pianista, aveva composto una canzone per l’occasione, e i bambini hanno poi cantato in coro intorno ai genitori. Era tutto ideale.

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“Volevamo mostrare la bellezza dell’Amore di Dio in questo modo, facendo conoscere ciò che Dio aveva fatto nella nostra vita. La felicità del matrimonio e tutti i figli che Dio ci ha dato. Ne abbiamo avuti tredici. Nove nati e Caterina, che è in cammino, e tre che non sono nati ma hanno avuto e hanno una grande missione: Abiel, Esperanza e Jesús. Ogni figlio è una bellissima parola di Dio. Dicevo alla presentatrice che dopo la cena saremmo corsi alla Messa di mezzanotte”, ricorda Josep.

María inizia a sentirsi male

Il giorno dopo, però, è accaduto l’imprevisto: María, incinta, ha iniziato a sentirsi male. Molto male. “Penso – prosegue Josep – che Dio abbia allora voluto mostrare la bellezza dell’Amore di Gesù a ogni persona attraverso la sofferenza che tante volte ci fa dubitare di Lui”.

È stato tutto molto rapido e inquietante. La notte del giorno di Natale, María ha iniziato a stare male e ad avere difficoltà respiratorie. Il 2 gennaio è stata ricoverata per Covid nell’ospedale di Alzira (Valencia). In casa sono rimasti Betlem, Maria, Immaculada, Mercè, Maria Magdalena, Teresa, Manuela, Candela e Josep, il figlio piccolo. Josep ricorda perfettamente la notte terribile del 2 gennaio.

Nella galleria si possono vedere alcune immagini di ciò che è accaduto in seguito:

Una notte di nebbia interiore ed esteriore

“L’ho lasciata in ospedale perché avendo il Covid-19 non mi permettevano di entrare. La guardavo da fuori attraverso una finestra che dava sulla sala in cui si trovava. Credevo che non l’avrei più rivista. L’ho registrata in video con il cellulare perché dicesse qualcosa ai figli dalla finestra semiaperta. Tornando a casa, quella sera c’era molta nebbia e non si vedeva niente. Mi veniva in mente il Salmo 97: ‘Nuvole e oscurità lo circondano’. Ho intuito che avrei vissuto qualcosa di molto serio”.

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Trasferimento in terapia intensiva

La salute di María – incinta di 5 mesi di una bambina per la quale avevano scelto il nome Caterina – è peggiorata. La vita della mamma e della bimba erano in pericolo. I medici hanno allora deciso di trasferire María all’Hospital de la Fe di Valencia, dov’è entrata subito nel reparto di terapia intensiva.

Dalla mattina alla sera, a Josep è crollato il mondo addosso. Pensava che María sarebbe morta, e che sarebbe morto anche tutto quello che era lui. Aveva paura. Che ne sarebbe stato dei suoi figli? E allora ha sentito nel cuore la certezza che Dio è suo Padre, e Padre delle sue 8 figlie e del piccolo Josepet, e se María e Caterina fossero morte “le avremmo riviste in cielo”.

“Dio c’è o no?”

La lotta di ogni giorno per Josep era vivere la realtà concreta che Dio permetteva, ovvero il fatto che María e Caterina erano malate in ospedale, ma non erano morte. Dio era in quella realtà concreta, e non nelle fantasie che Josep viveva come reali, insopportabili perché in esse non c’era Dio. “La tentazione costante era: Dio c’è o non c’è in questa situazione? Il Signore è uno sposo buono o viene a distruggermi?”, ricorda.

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Quella situazione ha provocato in lui una cosa che non avrebbe mai immaginato: una vera conversione, passare dal vivere per se stessi a vivere per Gesù in segno di ringraziamento. Dice Josep che la sua tristezza derivava dal fatto di essere un egoista, dalla paura di soffrire, dai tanti peccati. “Non volevo peccare, volevo amare Gesù Cristo e gli altri, perché so che questa è la verità, ma non riuscivo a scrollarmi di dosso l’amarezza”.

E poi è accaduto qualcosa.

Josep ha mandato degli audio via Whastapp per chiedere preghiere.

“Un pomeriggio mi ha chiamato una persona da Londra, che non conoscevo e che aveva saputo della situazione per via degli audio che avevo mandato. Erano Carismatici Cattolici che vivevano in una comunità contemplativa lì. È stato come un angelo che mi ha annunciato che Dio aveva curato María e che dovevo iniziare a rendere grazie per questo. Abbiamo pregato per telefono e ha letto il Vangelo di San Marco 11, 20-26 (quel del fico secco). Anche mio padre me lo aveva ricordato quella mattina mentre lavavo i piatti e io ho creduto a entrambi, ma vedendo che la situazione di María non migliorava era impossibile per me rendere grazie”.

“Quell’uomo da Londra ha continuato a dirmi di guardare le cose con gli occhi della fede, che María era guarita anche se i dati medici ancora non lo confermavano. Quel pomeriggio sono andato a Messa con le mie tre figlie maggiori pieno di amarezza e di tristezza, e poi mi sono confessato piangendo. Quando sono arrivato a casa ho iniziato a rendere grazie per ogni figlia, per Josepet, per mia moglie e Caterina, per aver ricevuto tanto. Abbiamo messo dei video di María e della famiglia che qualche giorno prima mi era impossibile guardare per il dolore che mi provocavano. E se mio figlio Josep chiedeva della mamma, gli mostravo la Madonna e dicevo ‘Mamma non è qui ora, ma la Madonna sì e ci abbraccia’”.

“È entrata la gioia anche se mia moglie era ancora intubata”

“Era un miracolo”, prosegue Josep, “in quella Confessione mi ero veramente liberato dei miei peccati, e ho iniziato a pregare da un angolo a terra accanto al letto, non solo per María e Caterina, ma per tutti, per tutti coloro che stavano soffrendo ma non conoscevano la consolazione dell’amore di Dio. Ero un’altra persona, mi sono innamorato di Gesù Cristo e la gioia della Vergine è entrata in casa anche se mia moglie era ancora intubata”.

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Parlo con María Todolí quando il peggio è passato anche se è ancora in ospedale. È il 22 gennaio, e María è stata per molti giorni sul punto di morire. È stata intubata due volte. Ora è uscita dalla terapia intensiva ed è in una stanza dell’Hospital de la Fe e le resta ancora un po’ di strada da compiere, perché viene curata per un batterio, il Costridium difficile, che si è attaccato al suo corpo provocando la debolezza del suo sistema immunitario. Abbiamo parlato per telefono, María e Josep con il cellulare in vivavoce. Non vogliono aspettare per raccontare ciò che è accaduto loro, perché non stiamo parlando solo di una guarigione fisica. Vogliono raccontare la loro conversione, quella di entrambi.

Migliaia di persone a pregare in tutto il mondo per María e Caterina

Josep ha potuto spiegare alla moglie cos’era accaduto in questi 20 giorni: migliaia di persone in tutto il mondo che pregavano per loro. “Non ho mai pensato che tanta gente avrebbe ascoltato quei messaggi, né che potessero aiutare, ha sorpreso tutti noi”. Gli audio sono stati girati e sono giunti in vari Paesi. C’era gente che mandava messaggi di risposta nella speranza che qualcuno li facesse arrivare a Josep, perché sapesse che tutti pregavano per María e Caterina. E così è stato trasmesso un primo audio di Josep, poi un secondo, e un terzo… Lui spiegava come stava María e cosa dicevano i medici, ma presto ha anche aperto il proprio cuore per far sapere che Dio lo aveva toccato nel profondo.

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“Ci siamo sentiti molto amati”, dice María, “sia da persone di preghiera che da chi non pregava mai e stava soffrendo per noi”.

Josep si emoziona ricordando la fede del luogo in cui vivono. “Per la strada mi dicevano ‘¡Josep, María guarirà, vedrai!’. Nella classe di nostra figlia, una bambina le diceva ‘A casa abbiamo pregato, e non lo avevo fatto mai’. Una coppia mi ha detto: ‘Non avevamo mai pregato, e stiamo scoprendo quanto sia stupendo’. Molta gente ha pregato, e questo è stato un tesoro, sia per noi che per loro”.

“Ci hanno portato il cibo a casa ogni giorno”

María e Josep vivono la fede nella parrocchia di San Francisco de Borja, in una piccola comunità neocatecumenale. “Questo è stato fondamentale”, dicono, “visto che la fede ricevuta con il Battesimo è cresciuta lì con i sacramenti, l’ascolto della Parola e la vita in comunità al punto da sostenerci in questi giorni di malattia”. Dice Josep: “I fratelli della nostra comunità e i nostri sacerdoti non solo hanno pregato e sofferto, ma ci hanno anche curato molto. Ci hanno portato il cibo a casa ogni giorno e si sono messi al nostro servizio. Che meraviglia avere una comunità! Siamo molto grati, e vogliamo loro davvero bene”.

Chiedo a María di chiarirmi quello che ho sentito in un audio di ringraziamento che ha inviato qualche giorno dopo essere uscita dalla terapia intensiva.

“È vero che hai sognato dei cavalieri che erano scheletri e ti portavano alla morte e degli angeli ti salvavano o è un modo metaforico per esprimere quello che ti è accaduto?”

María me lo conferma: “È vero, ma non l’ho sognato. Lo vivevo nella mia carne, proprio come lo racconto. In ospedale, prima di entrare in terapia intensiva, sentivo che andava tutto molto di fretta, ero su un cavallo lanciato a tutta velocità circondata da scheletri che cavalcavano accanto a me, che mi conducevano alla morte. Sono venuti allora altri cavalieri che erano angeli e mi riscattavano, mi salvavano dalla morte. Quando Josep mi ha raccontato quello che era successo, ho capito che questi angeli erano tutti coloro che stavano pregando. So che sembra un film, ma è quello che ho vissuto a occhi aperti”.

“Ero ancora cosciente e non intubata e ho provato una gioia immensa”, prosegue María. “Era un amore così grande da risultare insopportabile. Gesù mi amava e riempiva d’amore il mio cuore. Volevo solo buttarmi ai piedi di tutti, noti o meno, baciarli perché Gesù li amava. Non ho mai avuto troppa simpatia per i sacerdoti, ma in quel momento provavo un grande amore per tutti loro, soprattutto per il nostro parroco, don Jesús. Questo amore veniva da Dio, perché so chi sono, e da me non esce niente di tutto questo. Se non ci credi, chiedi a chi mi conosce”.

“Mi hanno detto ‘Sei positiva e hai una forte polmonite’. Entro, mi cercano una maschera, ci sono dei problemi”. María ricorda perfettamente che “non mi è mai venuto in mente, in nessun momento, di lamentarmi con Dio”.

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María è stata portata all’Hospital de la Fe di Valencia perché entrasse in terapia intensiva, “e lì le maschere non andavano bene. Hanno dovuto intubarmi due volte”.

“Ero uno straccio, ma in quel momento un assistente ha iniziato a lavarmi, e quando ero nelle condizioni peggiori, piena di escrementi, sento che mi dice ‘Bella!’ e si prende cura di me, non gli importa di dovermi pulire, e mi fa anche un massaggio ai piedi. Questa, che può sembrare una sciocchezza, è una cosa che non dimenticherò mai, per tutta la vita, perché mi sono sentita curata e amata da una persona che non mi conosceva”.

María è riuscita a parlare con Josep prima di essere intubata. Gli ha trasmesso l’amore di Dio che stava provando e che la sosteneva. La sua vita era appesa a un filo. Quel giorno Josep ha riflesso quel sentimento nell’audio che ha inviato. Non lo stavano ricevendo più solo gli amici, ma arrivava a moltissime persone che pregavano perché María e la piccola Caterina sopravvivessero.

“Ho creduto che María fosse morta”

Josep spiega: “C’è un dettaglio di quei giorni che ora mi viene in mente. Finché non l’hanno intubata, comunicavo con lei con messaggi col contagocce. Guardavo il cellulare come chi guarda l’amata. Non dormivo, sempre appeso a un filo, a messaggi in cui si percepiva sempre più debolezza in María”.

“Una notte mi sono svegliato con uno di questi. Diceva: ‘Ho freddo, mi trema il corpo’, e non ha detto più niente per varie ore. Credevo che fosse morta e ho pregato per lei e Caterina per circa 4 ore. L’ho vissuta in pace, guardavo l’immagine di Santa Teresina e le dicevo di darle dei baci, che mia moglie e mia figlia stavano morendo, ma i suoi occhi mi davano la sensazione che Santa Teresina stesse sorridendo”.

“Alla fine ho chiamato i miei genitori per dar loro la notizia e mia madre mi ha detto: ‘Chiama l’ospedale’. Chiamo e si arrabbiano perché erano le 5 del mattino, e mi dicono che non era morto nessuno, che María stava dormendo… Ora capisco il volto di Santa Teresina che sorrideva perché i suoi baci a María l’avevano fatta addormentare”.

“In casa non ci capivamo”

“Avevo creato come una Torre di Babele, amando il denaro, il successo, il benessere, ecc., e in casa non ci capivamo, come dice la Scrittura. Tutta quella torre è crollata con la malattia di María lasciando solo la fede. La fede in Gesù ha cambiato la nostra vita e ha guarito María e Caterina servendosi delle mani di medici fantastici”.

Il 4 gennaio María ha ricevuto l’unzione dei malati e la Comunione da parte di un cappellano dell’Hospital de la Fe di nome Santos. “’Che meraviglia’, mi ha detto María in un messaggio, ‘è venuto il cappellano!’ Io pensavo che sarebbe morta per le cose soprannaturali che mi scriveva in quei messaggi”.

L’immagine di Santa Teresina

“Quel pomeriggio abbiamo scritto la lettera ai Re Magi. Ho messo un’icona della Madonna sul tavolo con il ‘volto sorridente’ dell’immagine di Santa Teresina attaccato con la plastilina e ho chiesto ai Re Magi di portarci un petalo di speranza di questa santa”.

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“Santa Teresina ci aveva unito da fidanzati quando le sue reliquie erano giunte a Valencia anni fa. Sapevo che ci avrebbe riuniti in cielo, ma le ho sempre chiesto di unirci prima una seconda volta prima di arrivare lì. E così è stato: la mattina del 5 gennaio, i leucociti hanno iniziato ad aumentare, e quindi la malattia è regredita. Mia madre a casa sua ha aperto la Bibbia a caso e le è uscito il Vangelo della figlia di Giairo, in cui Gesù dice ‘Non è morta, dorme’. I sacramenti sono efficaci!”, dice con enfasi Josep.

Un segno: petali di rose rosse

Josep spiega di aver vissuto un momento di tentazione quello stesso giorno prima di conoscere i risultati delle analisi la mattina del 6. “Quel pomeriggio siamo andati a vedere i Re Magi alla cavalcata. Siamo andati tutti, io con due figli in braccio, correndo per strada perché non riuscivamo a vederli, io piangevo e anche le mie figlie maggiori perché la mamma non c’era. Quella situazione non aveva senso. È stato allora che mi sono aggrappato alla Madonna. Siamo tornati a casa e vi abbiamo trovato un mazzo di rose e una lettera scritta per noi lasciata dai ‘paggi del Re’. Quel mazzo di rose rosse, quei petali, sono stati un segno che mi ricordava quello che avevo chiesto il giorno prima a Santa Teresina del Bambin Gesù”.

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Quella sera dell’Epifania, Josep ha voluto registrare un video con l’ingresso delle bambine e di Josepet in casa perché María un giorno vedesse come aprivano i regali lasciati dai Re Magi. Si vede Josep che cerca di forzarsi. Vuole che i suoi figli si godano quel momento e siano felici, ma non riesce a smettere di pensare a María, intubata in terapia intensiva. Una delle figlie registra. Lui si rivolge alla telecamera e dice alla moglie qualcosa che i bambini ascoltano ma solo lui sa cosa significhi: “Bene, mamma, stiamo facendo questa registrazione così quando tornerai potrai vedere il momento in cui siamo entrati in casa per vedere se c’erano i regali dei Re Magi e tu continuavi a dormire con Caterina tra le braccia della Vergine Maria”.

Josep ha scoperto sul tavolo un mazzo di rose, ha chiamato i bambini e ha detto:

“Conserveremo queste rose ricordando questa giornata”.

Si è poi rivolto alla telecamera: “Questa vita è nuova, María. Stiamo vivendo davvero una vita nuova. L’amore che nutro per queste bambine e per Josepet è nuovo. Il modo in cui stiamo insieme è diverso. E quindi va tutto bene. Ci manchi tu. Se vorrai venire sarà fantastico. E se non puoi ti ameremo ugualmente. Ma vieni!”

Il grido di Josepet che chiama il papà fa tornare Josep alla realtà che lo circonda, e il video si conclude.

“L’amerò così tutti i giorni”

“Sono un egoista”, confessa Josep. “Amavo mia moglie perché farlo mi faceva piacere. E poi è arrivata la sofferenza della malattia, e solo pensare a lei era lacerante, ma mi sono reso conto che la stavo amando in un modo diverso, un modo nuovo. Ho capito cosa significhi amare soffrendo. Ho offerto la sofferenza per lei e per amore di Cristo”.

“L’amerò tutti i giorni così anche se morirà. Posso amarla in questa nuova dimensione, soffrendo per lei, accettando gli eventi che Dio permette nella mia vita”. Ora María è accanto a lui, e ascolta ciò che dice.

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L’affetto in ospedale

María non voleva che in questa conversazione si tralasciasse di parlare delle persone che si sono prese cura di lei. “Visto che sono diffidente, pensavo che in ospedale mi sarei sentita molto sola, ma non è stato così. Tutti i medici, gli infermieri, perfino la signora delle pulizie… Tutti sono stati degli angeli. Mi hanno trattata con molto affetto, attenti e pieni di dettagli d’amore”.

Ricorda così i dottori Álvarez e Torres, Marian – che l’ha intubata –, l’infermiere Carles, l’assistente Iván [quello che le ha detto “Bella!”], le visite di Cristina, Ramon e Pilar, tutti i cappellani che ogni giorno le portavano la Comunione, e ovviamente i suoi cugini medici Pedro e Juan [insieme a lei nella foto iniziale di questa intervista], attenti in ogni momento. “Voglio loro molto bene”, ripete.

Quello che faceva soffrire María

María, 40 anni, spiega che la sua malattia è stata un tempo di purificazione. “Sono molto superba e do grande peso ai miei pensieri, troppo, analizzo le cose, giudicando tutto, lamentandomi, e questo mi fa soffrire molto. Ma il Signore, con questo evento e con la Sua grazia, mi ha rivestita di qualcosa di nuovo: vivere semplicemente”.

“Ricordo il giorno in cui mi hanno tolto il tubo. I medici, vedendomi triste, hanno chiamato mio marito perché venisse a vedermi. È entrato come un angelo in terapia intensiva saltando e gridando: ‘Rallegrati, María, il Signore è con te, e inizia a rendere grazie perché ti ha guarita’ Tre giorni dopo ero in reparto”.

A María commuovono dettagli come sapere che un bambino si addormentava con la Bibbia sotto il braccio pregando per lei ogni sera, che tanti monasteri di clausura pregavano, di aver avuto Santa Teresina e Santa Caterina da Siena ai lati del letto in terapia intensiva con suo suocero Paco seduto ai suoi piedi. “Che fa Paco qui?”, si chiedeva María, e qualche giorno dopo ha saputo da Josep che Paco aveva dormito ogni notte sul pavimento della loro sala da pranzo con tre cuscini per stare vicino al figlio.

Basta di controllare tutto

Non glielo chiedo, ma Josep dice: “Che mi è rimasto di questi giorni? Te lo dico. La mia tendenza è controllare tutto. Tutto nella mia vita. Ho 43 anni. Sono un funzionario. Insegno pianoforte. Perché ti possa fare un’idea, non mi piace neanche volare perché non ho il controllo di quello che succede a un aereo, voglio assicurarmi che le mie figlie non soffrano, che non manchi loro niente… Era una schiavitù e faceva soffrire l’altro”.

“In questi giorni ho sperimentato la precarietà della vita, che per me è un inferno. E in questa precarietà di non sapere se mia moglie e mia figlia sarebbero sopravvissute, sono stato con Gesù che mi diceva: ‘Vuoi vivere qui con me? Camminare per strade che non conosci, vivere nelle mani di Dio e non nelle tue?’ E quello che per me era un inferno diventava un letto d’amore con il Signore. Mi sono innamorato di Colui che toglie i peccati del mondo, e il Signore si è rallegrato di me come io mi sono rallegrato vedendo mia moglie María guarita dalla sua malattia”.

“María ha fede: aveva la morte davanti e benediceva il Signore”

Josep insiste: “Tutti ora mi dicono che ho molta fede per via degli audio che ascoltavano, ma io dico loro che chi ha fede è mia moglie María. Aveva la morte davanti e benediceva il Signore”.

Una volta ripresasi, María ha potuto parlare con varie persone. Alcune le dicono per il suo bene “Ora dimentica tutto”, ma lei pensa: “Dimenticare tutto? Non voglio! Voglio custodire questa parola del Signore per sempre come un sigillo sul mio cuore”.

Il 28 gennaio, María Todolí è stata dimessa. Quando è arrivata a casa, lei e Josep sono stati così gentili da mandarci questa fotografia in cui appare tutta la famiglia. Di nuovo insieme e riconoscenti:

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