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Anelli matrimoniali “intelligenti” per controllare il proprio coniuge

SMART RING

Shutterstock | Tikofff1

Feliciana Merino Escalera - pubblicato il 11/02/22

A che serve un anello che controlla i passi del coniuge? E la fiducia?

Qualche giorno fa è apparsa sulle reti sociali la notizia che alcune imprese stanno lavorando allo sviluppo di “anelli intelligenti”. Molti hanno speculato su quello che rappresenta un anello matrimoniale che permetterebbe di conoscere tutto il tragitto del coniuge e i luoghi che visita, nonché la sua geolocalizzazione in tempo reale, ovviamente sempre che lo indossi.

Non è una cosa nuova. In rete esistono numerose applicazioni di controllo genitoriale che permettono di sapere dove si trovano i figli adolescenti e di prevenire il fatto che possano avere dei problemi. Sono note anche le applicazioni di tracciamento e ubicazione spesso usate da un consorte geloso per contrastare le informazioni che può offrire il partner quando non si fida di lui. Google Maps registra già il percorso effettuato già solo tenendo il cellulare acceso e con la funzione di ubicazione attivata.

Senza entrare nel merito del fatto che la notizia sia uno scherzo virale o una mera congettura, il tema ci permette di parlare di un’altra questione ben più interessante: la legittimità o meno del controllo all’interno delle coppie come prova di fedeltà.

Risulta sempre più preoccupante l’uso della tecnologia come meccanismo di controllo: monitorare attività e contatti sulle reti sociali, vessazioni cibernetiche, diffusione di voci, controllo dell’attività online…

Quali conseguenze può avere il controllo nella coppia? Si può forse limitare l’azione dell’altro sulla base del desiderio di far entrare la sua vita nei nostri schemi? L’altro agirà allo stesso modo sapendo di essere controllato? I nostri adolescenti continuano a considerare il controllo un sinonimo di amore e preoccupazione per l’altro, cosa che si trasforma in una tentazione aggravata dalla facilità con cui ci viene offerta – diluendone gli effetti – attraverso la tecnologia.

L’aspetto realmente grave è che la logica della fiducia, fondamentale in ogni rapporto sano, in ogni matrimonio, viene soppiantata da quella del sospetto. La logica sacramentale viene sostituita da quella contrattuale. L’altro non può essere visto né accolto come un dono, perché c’è il sospetto che possa fallire, danneggiarci, e quindi è meglio proteggersi espellendo il dramma umano della sofferenza.

In questo modo, qualsiasi tentativo di controllo trasforma la persona controllata in colpevole o sospetta di esserlo. Chi vorrà sposare qualcuno che guarda con reticenza e non come dono e promessa di una vita splendida? Com’è possibile che la promessa d’amore e di fedeltà fatta davanti a Dio sia sottoposta a una prova, a una specie di meccanismo per individuare le bugie che ci farà sapere se il coniuge sta mentendo – perché ciò che è chiaro è che già prima gli abbiamo negato la nostra fiducia? Quest’ultima può essere un valore da custodire se la mettiamo alla prova? Non sarà che in fondo qualcosa – o tutto – si è davvero spezzato?

Accettare la libertà della persona amata

Ciò che è certo è che non ci sposiamo “finché l’altro non ci inganni”, e allora il matrimonio si spezza. Se ci sposassimo pensando che il nostro coniuge non possa ingannarci, questo sì che sarebbe ingannarsi. Forse la promessa d’amore che facciamo sposandoci significa accettare la libertà dell’altro anche se provoca sofferenza, perché scommettiamo – lo promettiamo – di rispettare la sua libertà, quando può infliggere il danno maggiore. Non c’è danno più grande di quello che si provoca a se stessi usando male la propria libertà.

L’amore è un giudizio, non solo un sentimento. Un giudizio che implica il fatto di riconoscere che l’altro può scegliere il male, tradire la fiducia data, distruggere tutto. A posteriori è più facile affrontare queste situazioni, contemplate anche dal diritto, per rimediare al danno commesso. Il problema è quanso crediamo di poter stabilire la punizione o la presunta giustizia a priori, o evitando il male che ci vogliono provocare. Se il diritto è la protezione dell’altro di fronte alle nostre possibili diserzioni, possiamo difenderci a priori dalla sofferenza che può provocare il cattivo uso della sua libertà?

Mentire a se stessi

Dall’altro lato, crediamo davvero che una prova di fedeltà basata sul controllo o sullo spionaggio elimini il male dal cuore umano, se si annida in esso? Se si vuole si può spiare, o anche mentire, essere infedeli senza sottrarsi alle conseguenze che questo tradimento “libero” avrà nella vita di coloro che hanno offerto la propria fiducia, e si potrà anche nascondere la verità a tutti, ma quello che non si può fare è mentire a se stessi o a Dio.

Esiste la libertà, ma esistono anche coscienza e perdono. La vita è un’avventura che ha a che vedere con il “Sì” di ogni giorno. Nulla ci impedisce di pronunciare il nostro “Sì’”. Non è mai un “Sì” al male, ma nonostante il male. Un “Sì” che denuncia il male senza aprirgli la porta del cuore odiando il malvagio. È un atto d’amore, che ha il potere di vincere il male senza lasciarsene confondere, perché la scelta tra il bene e il male è la lotta in cui si impegna il nostro cuore, che come ha detto giustamente Dostoevskij è un campo di battaglia tra Dio e il diavolo.

In definitiva, si trata di un cammino di crescita nella libertà e nella fiducia. Siamo consapevoli del fatto che l’altro è un Mistero che non colmerà la nostra felicità e che partecipa come noi e con noi al Mistero Redentore. La fiducia potrà infrangersi, ma questo viaggio verso la pienezza di cui l’altro è un segno è pieno della speranza nel fatto che Colui che fa nuove tutte le cose conosce il nostro cuore. Un cuore che nessuno, neanche il più leale o sleale degli sposi, è autorizzato a rubare, giudicare, sminuire o dominare. Solo Dio conosce la profondità del nostro cuore, e solo Lui lo custodisce costantemente, perché il Suo amore infinito non ci abbandona mai, è l’unico amore che non tradisce, l’unico che non potrà mai spezzarsi.

Il matrimonio ha bisogno di fiducia e di speranza, non solo di amore. E la fiducia nel coniuge non si può esigere, non può essere riposta in un anello tecnologico né in Google Maps. La fiducia è frutto di una libertà che si offre giorno dopo giorno perché l’altro trovi insieme a noi – o drammaticamente senza di noi – la via che lo porta alla salvezza. La fede può essere fragile, ma la speranza, la piccolina di cui parlava Péguy, attraverserà il mondo portando con sé le due sorelle maggiori (la fiducia e l’amore), farà funzionare le altre due e il mondo intero.

Né Apple, né Google o gli IRing futuro o la tecnologia più avanzata possono renderci più vulnerabili, ma neanche più forti in questa certezza: l’Amore è l’unica promessa piena di Speranza, fonte viva per tutti gli uomini fino alla fine del mondo.

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