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“Ogni bambino soldato è un grido che sale a Dio”

Child soldiers – ar

© DR

Jaime Septién - pubblicato il 14/02/22

Cosa presuppone mettere le armi in mano a un bambino? Quanti bambini soldato ci sono nel pianeta?

Il 12 febbraio si è celebrata la Giornata Internazionale contro l’uso di Bambini Soldato, e in questa data l’ONU ricorda che ogni anno sono sempre di più i bambini reclutati per partecipare – come autentica carne da cannone – non solo ai conflitti armati, ma anche a organizzazioni di delinquenti o di autodifesa, come accade ad esempio nello Stato messicano di Guerrero.

Papa Francesco ha unito la propria voce attraverso l’account Twitter @Pontifex alla campagna #RedHandDay, lanciata dall’ONU ogni 12 febbraio per lottare contro l’uso dei bambini soldato, con una frase che dovrebbe toccare le coscienze di tutto il pianeta: “I bambini soldato sono derubati della loro infanzia, della loro innocenza, del loro futuro, tante volte della loro stessa vita. Ognuno di loro è un grido che sale a Dio e che accusa gli adulti che hanno messo le armi nelle loro piccole mani”.

A volte gli adulti mettono le armi in mano a bambini e adolescenti per difendere le loro comunità dai narcotrafficanti, dai sequestratori o da chi opera nella tratta di esseri umani, che in alcuni Paesi come il Messico tiene letteralmente sotto sequestro molte comunità.

Conseguenze per la vita

Mettere un’arma in mano a un bambino o a un adolescente è come confiscarne il futuro, la speranza, la voglia di vivere e di lavorare in pace. Significa farlo entrare nella spirale della violenza, sacrificando l’infanzia a interessi che non comprende e non può comprendere.

Anche se è impossibile determinarlo, l’UNICEF calcola che nel mondo ci siano circa 300.000 bambini e bambine soldato.

Il rapporto dell’UNICEF segnala che questi minori sfruttati dalla malvagità umana “partecipano attualmente a gruppi e forze armate con varie funzioni, come combattenti, cuochi, messaggeri, spie o per motivi sessuali”.

L’organismo dell’ONU indica che nel 2020 più di 8.500 bambini “sono stati impiegati in scenari di grande ostilità subendo questi abusi”.

Anche se è certo che i Paesi con il più alto numero di bambini soldato sono Afghanistan, Iraq, Burundi, Costa d’Avorio, Liberia, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan, Ciad, Repubblica Centroafricana e Somalia, lo è altrettanto il fatto che in luoghi in cui operano gruppi di delinquenti, narcotrafficanti, sequestratori o bande criminali, bambine e bambini sono usati anche come sicari.

Il terribile caso del Messico

Da almeno dieci anni, stampa, mezzi di comunicazione e la stessa Chiesa cattolica denunciano la tremenda situazioni in cui si trovano molte comunità dello Stato di Guerrero (sud-est del Messico), dove le milizie di autodifesa (contro le organizzazioni di narcotrafficanti) hanno usato minori come parte della risposta alla violenza esercitata contro di loro.

Un recente reportage di Infobaein relazione al 12 febbraio mostra le immagini di José Miguel Toribio, di 13 anni, che mostra alla giornalista Alicia Mireles come sparare. José Miguel fa parte della Polizia Comunitaria di Ayahualtempa “per via della minaccia imminente del crimine organizzato contro quella comunità”.

Il motivo per cui ora José Miguel (come altri bambini della sua comunità di appena mille abitanti) è armato è la protezione del suo popolo.

“Ad ogni modo, ingrossa la lista (non ufficiale) di bambini armati in Messico, pratica che a livello mondiale si lotta per sradicare”, constata la Mireles.

Le conseguenze per i bambini

La Rete per i Diritti dell’Infanzia in Messico (Redim) ha esortato alla fine del 2021 a istituire il crimine di reclutamente infantile. Secondo questa organizzazione non governativa, solo in Messico sarebbero 150.000 i bambini e le bambine attualmente a rischio di essere inseriti in raggruppamenti di questo tipo.

Juan Martín Pérez, coordinatore di Tejiendo Redes Infancia, segnala che i bambini armati per difendersi dal crimine sono sintomo di uno Stato indebolito dalla corruzione.

Le conseguenze dei bambini armati sono sia fisiche che psicologiche. La più estrema è ovviamente la morte, ma se riescono a sopravvivere lottano con lo stress post-traumatico e con le grandi cicatrici derivate dalle torture. A livello sociale, è poi estremamente difficile reinserirsi nella società.

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