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Feti umani nei rifiuti, le associazioni per la vita si offrono di seppellirli

FETUS, BIO HAZARD

Steve Allen -kittirat roekburi | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 22/02/22

Sono stati trovati in fusti in un capannone di Granarolo (BO). Il reato ipotizzato è illecito smaltimento di rifiuti speciali. Ma chi li chiama col loro nome, bimbi non nati, si offre di dare loro degna sepoltura.

La notizia è di sabato scorso, ma i fatti risalgono a mercoledì 16 febbraio. A Granarolo (vicino Bologna) viene chiesto a un ragazzo, che si occupa di raccogliere i rottami ferrosi dalle aziende della zona, di caricare e smaltire anche certi fusti all’esterno di un capannone in via dell’Artigianato. Essendo riportato il simbolo di rifiuti biologici speciali, il ragazzo vuole sapere cosa contengano. E scopre quello che il quotidiano locale racconta così:

Una quarantinadi fusti gialli [poi è stato accertato che sono una dozzina – Ndr], accatastati contro il muro del capannone, tra ferri vecchi e mobili rotti. E dentro, quelli che sembrano essere feti e resti umani, a galla in un liquido verdino. È una storia agghiacciante quella su cui sta indagando, nel massimo riserbo, la Squadra mobile della polizia, coordinata dalla Procura.

Da Il Resto del Carlino

Corpi in fusti

Il dibattito sull’aborto ha tentato di cancellare l’evidenza della vita da ciò che è ospitato nel grembo materno prima che venga alla luce. Però tutti riconoscono come “scioccante” e “sconcertante” la notizia del ritrovamento di feti abbandonati tra i rifiuti. Segno che quei cosiddetti grumi di cellule sono riconosciuti come fratelli nostri. Sono simili in tutto e per tutto a chi siamo stati noi nei primi istanti, ore, settimane, poi mesi di vita intrauterina.

C’è uno scandalo sotto il sole, quello che un ragazzo ha visto aprendo uno di quei fusti: un piccolo corpicino indubitabilmente umano a galla in un liquido strano.

Resti conservati in formaldeide o paraffina, ma in pessimo stato, ormai alterati anche nel colore. Un fatto dovuto all’ossidazione, legata al tempo, molto lungo, trascorso in condizioni di conservazione non ottimali.

Da Il Resto del Carlino
STOCK OF TANKS

Lo sguardo si distoglie da lì, e la notizia si sposta sulle indagini in corso, necessarie e doverose.

Smaltire rifiuti di uno sgombero

Il capannone di via dell’Artigianato a Granarolo è stato posto sotto sequestro, i sopralluoghi sono stati fatti dai vigili del fuoco del Nucleo Nbcr (Nucleare Batteriologico Chimico e Radiologico) e dalla polizia scientifica.

Le indagini ancora in corso stanno cercando di ricostruire a ritroso la storia di questi fusti abbandonati che si tentava di smaltire senza dare nell’occhio.

La polizia prova a risalire agli anelli di questo percorso. I feti – conservati all’interno di una dozzina di bidoni gialli con l’etichetta del simbolo dei rifiuti biologici speciali – proverrebbero da una struttura universitaria, una biblioteca di anatomia, che con ogni probabilità li conservava per motivi di studio e di ricerca.

Da Il Resto del Carlino

La biblioteca di anatomia sarebbe quella presente al padiglione 18 del Policlinico Sant’Orsola di Bologna. Tre anni fa si concluse una ristrutturazione che aveva richiesto lo sgombero dei locali. In quell’occasione che i contenitori entro cui erano stati deposti i feti usati a scopo di ricerca e studio furono trasportati nel capannone della ditta di traslochi di Granarolo (dove sono stati rinvenuti la settimana scorsa). I punti oscuri in questa catena di azioni e responsabilità sono molti. Si deve tener anche conto che per l’attività di smaltimento dei rifiuti speciali l’Università di Bologna non agisce direttamente, ma conta su ditte specializzate.

Il rettore dell’Alma Mater Giovanni Molari ha rilasciato una dichiarazione in merito:

Al momento le indagini in corso non consentono una valutazione piena e chiara dell’accaduto e sconsigliano di pronunciarsi, nel doveroso rispetto del lavoro svolto dagli inquirenti. Allo stesso tempo stiamo conducendo le opportune verifiche interne. Naturalmente io per primo ritengo indispensabile fare piena luce sulla vicenda e forniremo il pieno sostegno agli inquirenti.

JARS, SCIENCE, LABORATORY

Il reato ipotizzato è legato all’illecito smaltimento di rifiuti speciali. Le indagini proseguono per capire la catena di responsabilità.

Bambini non nati, degni di sepoltura

Donare il proprio cadavere alla scienza, è una scelta che alcune persone fanno. Possono esserci molte ragioni dietro, in ogni caso ponderate da una ragione consapevole. Ed è una scelta poi esercitata in piena libertà. Quando la stessa scelta riguarda le spoglie mortali di un feto, mi pare che l’atto implichi una riflessione che tenga conto del fatto che siamo di fronte ai resti di un essere umano diverso da chi lo ha concepito, e a cui è affidato. Non è un oggetto che si limita a subire le azioni di chi lo gesta e poi di chi è chiamato a gestirlo(nel caso di un aborto volontario, ad esempio). Il feto non ha ancora voce, ma ha un suo destino terreno e anche eterno.

Ecco allora che, grazie agli aggiornamenti di Avvenire, la notizia ritorna al punto ferito e dolente. Che ne è ora di questi resti così decomposti eppure ancora indubitabilmente umani?

«Siamo disponibili ad occuparci del seppellimento dei bambini non nati i cui corpicini sono stati ritrovati nei giorni scorsi in bidoni abbandonati». Lo dichiarano in una nota congiunta la Comunità Papa Giovanni XXIII, il Movimento per la Vita di Bologna, FederVita Emilia Romagna e l’Associazione Medici Cattolici del capoluogo emiliano offrendosi, a indagini concluse, di compiere «un atto che restituisce dignità e rispetto alle spoglie mortali di questi bimbi in qualsiasi età gestazionale ed epoca siano morti».

Da Avvenire
FETUS

Da feti nei fusti, a corpi di bambini non nati. Leggere le parole appena riportate è sentire la voce assente nelle informazioni precedenti. Chiamare le cose per nome è un gesto che sarà sempre più decisivo nel nostro tempo. Le molte battaglie in corso sulle parole tendono a confondere ed annebbiare. Nella dichiarazione appena letta c’è uno svelamento, che forse è meglio definire riconoscimento. Dio diede all’uomo la facoltà di dare i nomi alle presenze del mondo, segno di una coscienza capace di riconoscere ciò che nulla non è. Un bambino riceve un nome dai suoi genitori. In assenza di ciò – se non viene alla luce, se viene abortito – merita comunque che qualcuno gli dia il nome bambino non nato, fratello del nostro consorzio umano.

La proposta di cui si sono fatte portavoce le associazioni per la vita – dare degna sepoltura ai resti mortali di quei feti – è fatta nel pieno rispetto della nostra legge, che contempla i diversi casi di esequie per i non nati. Nel caso di feti che abbiano superato le 28 settimane il Dpr 285/90 prevede sempre la sepoltura. Per i feti che nel testo di legge sono chiamati “prodotti abortivi” e hanno un’età gestazionale tra le 20 e 28 settimane il permesso di seppellimento è rilasciato dall’Unità sanitaria locale. Sotto le 20 settimane i bimbi non nati possono essere sepolti nei cimiteri a richiesta dei genitori.

Questo fatto di cronaca impone evidentemente che la riflessione sul tema contempli anche casi in cui questi bambini non nati non abbiamo alcuna “voce” che parli per loro (genitori o sanitari). Riconoscendoli come figli nostri, è comprensibile che la comunità umana reclami il diritto alla pietà di accudire le loro spoglie.

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