Aleteia logoAleteia logoAleteia
giovedì 18 Aprile |
Aleteia logo
For Her
separateurCreated with Sketch.

Jordan, da atea alla conversione grazie al leone Aslan di Narnia

JORDAN MONGE

TPi Zone | Youtube

Annalisa Teggi - pubblicato il 23/02/22

"La cosa davvero difficile per un ateo è il fatto che tutti i valori - Perché valgo? Perché gli altri dovrebbero volermi bene? - dipendono interamente dalla performance personale". In Gesù - Aslan - ha trovato la radice dell'Amore che dà la vita anche per chi non è all'altezza e tradisce.

Quando ho incrociato la storia di Jordan Monge, raccontata in un breve video di Youtube, ho ritrovato in lei buona parte del mio percorso spirituale. Non sono mai stata atea, ma la conversione capita anche a chi si professa cristiano a voce, ma non lo è nell’esperienza.

Fu la voce di Don Giussani a scardinare tutti i miei criteri e ragionamenti, e quella sua inossidabile certezza sul fatto che chiunque prenda sul serio le domande essenziali sulla vita non può non incontrare il mistero buono di Dio. Così è stato anche per l’americana Jordan, intelligentissima e atea. Piena di domande e con una ferita da curare.

La cosa davvero difficile per un ateo è il fatto che tutti i valori – Perché valgo? Perché gli altri dovrebbero volermi bene? – dipendono interamente dalla performance personale.

Jordan Monge
LADDER, SKY

Il lieto fine è quello che ciascuno di noi può testimoniare. Si va in cerca di risposte, e si trova Qualcuno. Domandiamo spiegazioni e c’imbattiamo in un incontro vivo.

La più intelligente fa domande

Dovete capire che la mia famiglia è sempre stata molto competitiva, la priorità era: essere i migliori. Il mio stile di vita è diventato “devo essere sempre la più intelligente del gruppo”, non la più bella, la più sportiva ma: la più intelligente.

Non a caso il racconto di Jordan comincia da questa cornice domestica. L’educazione è una finestra sul mondo, e questa ragazza americana ci si è affacciata con l’ipotesi di dover essere di più. Lo sforzo competitivo che fin da piccola sente è quello di fondare il suo valore interamente sulle proprie azioni e sui risultati che ne conseguono. Inizialmente la sua voce si impone in modo eccellente. Non solo Jordan cresce atea, ma dall’età di 11 anni decide di sfidare i suoi compagni cristiani per smontare le loro ragioni.

Portavo la Bibbia a scuola, mostravo ai miei compagni i punti in cui il testo presentava delle contraddizioni e chiedevo loro: spiegami. Ma loro non ci riuscivano.

bible livre de judith

Le sapevano solo rispondere “ci vuole fede”, e a lei questa pareva una frase da codardi. Il ring di questa lotta è, ancora, puramente astratto e razionalistico. Eppure è evidente, tra le righe, che questa sete di confronto serrato, di fare domande, nasconde qualcosa di personalmente interrogativo. C’è un irrisolto dentro questa ragazza che, essendo davvero intelligente, pone anche a se stessa domande rivelatrici delle sue intime contraddizioni.

“Perché qualcosa è giusto o sbagliato?”, “Perché credo nei diritti umani?”. Non credevo in Dio, dunque queste evidenze sul bene e il male dove s’innestavano? Ho cominciato a chiederlo in giro, a tutti, e nessuno mi ha dato una risposta soddisfacente. Poi ho avuto un’epifania: andrò all’università a porre queste domande. E quindi ne dovevo scegliere una eccellente.

La scelta cade su Harvard, il cui motto è: “Verità”.

Le risposte arrivano in un incontro

Il mondo accademico americano sa essere feroce quanto a competitività. Molti studenti si confrontano con la depressione proprio a fronte dei livelli di eccellenza richiesti nei campus. Può essere devastante fondare il proprio valore esclusivamente sul profilo che emerge dal quadro scolastico. Jordan Monge è stata tra coloro che, ambiziosi di partenza, hanno trovato nell’università il buco nero che provoca la competizione esasperata. Ma per lei è stata una benedetta doccia fredda.

Trovarmi in un ambiente in cui il 90% delle volte non ero la ‘più intelligente del gruppo’ ha distrutto la mia identità. Questo ha fatto sorgere due domande: chi sono davvero io? chi mi dice che valgo?

View this post on Instagram

A post shared by Harvard University (@harvard)

E finalmente tutto questo cumulo di domande trova un interlocutore. Prima ancora delle risposte, Jordan incontra qualcuno che si prende cura di lei, della sua fame e sete di una conoscenza che trabocchi di senso.

Diventa amica di uno studente cristiano, John Joseph Porter. Ed è lui ad avere molte domande per lei:

“Da dove nasce la tua moralità? Pare proprio che nasca dal nulla”. Ed è stato così che ho cominciato a notare che c’era una frattura nella mia cornice di pensiero.

L’amicizia tra i due la fa scendere dal suo piedistallo di solide convinzioni. Nella sua testimonianza intitolata Il dilemma di un’atea, Jordan racconta di aver rinfacciato a John la teoria del Big Bang come verità scientifica opposta alla Creazione della Bibbia. E John, semplicemente, le ha risposto facendole notare che uno dei primi a formulare l’ipotesi del Big Bang era stato un prete cattolico, Georges Lemaître. E dunque? Dunque, da questa amicizia, che incarna perfettamente cosa sia un vero confronto tra persone libere, il viaggio di conoscenza di Jordan arriva a incontrare un altro amico, C. S. Lewis.

Non stupisce, in effetti. Spesso io ansimo e sudo a stare al passo della finezza e del rigore mentale di Lewis, le cui parole sono spade affilatissime quando a ragionevolezza e intelligenza. A chi è affamato di risposte che sazino l’intelligenza, sicuramente offre un lauto banchetto. Frequentando una classe di studi etici, Jordan viene folgorata da quest’ intuizione:

Dio non è semplicemente buono, è il bene. E il bene non è semplicemente divino, è Dio.

C. S. Lewis

Il punto di rottura arriva qui, quando la teoria e le domande sul bene approdano al confronto con Qualcuno che esige di essere incontrato.

No, Aslan, no

La prima via su cui Jordan s’incammina per conoscere questo Dio è la lettura della Bibbia, non più svolta per trovare contraddizioni. E leggendo si scopre letta, la Parola è uno svelamento di sé.

Da atea mi comportavo bene, forse pure meglio di alcuni cristiani. Non facevo sesso occasionale, non mi drogavo, non bevevo, ero molto brava scuola. Era facile per me credere di essere una persona buona e brava. Leggendo le parole di Gesù mi sono resa conto che non lo ero. Sapevo cos’era la lussuria anche se non facevo sesso occasionale. Ero anche molto arrogante perché avevo un’enorme stima di me stessa.

Il discorso delle Beatitudini provoca il lei questo primo terremoto, ma la crisi arriva leggendo la Crocifissione come raccontata dall’Evangelista Giovanni. Jordan si commuove, e tra sé e sé dice «No, Aslan, no»: piangendo per la pena patita da Gesù sulla Croce, lo chiama col nome del leone di Narnia. Si rende conto che il libro che aveva letto tante volte e amato era più di una storia di fantasia.

Se Aslan era Gesù, lei si riconosceva perfettamente in Edmund, il ragazzo arrogante e che tradisce ma è redento dalla morte del leone.

È stato immediato: io sono Edmund, Gesù è Aslan. Lui è morto per me. Accorgermi che io ero parte di questa storia, mi ha completamente risvegliata. Riconoscevo che io avevo bisogno di essere guarita dal mio peccato. E ho cominciato a piangere pensando ad Aslan, cioé pensando a Gesù. Ho capito di essere inerte: io ho bisogno del Suo aiuto. Ho riconosciuto il mio bisogno incurabile di perdono, e può venire solo da Gesù.

Amici, quando ci si scopre redenti

Si potrebbe pensare che anche quest’ultimo tassello della storia di Jordan sia intellettuale. In fondo si parla sempre di pensieri e di libri. Ma ci sono storie e storie. E ci sono storie in cui le parole fanno le veci di un’amicizia che non si può tecnicamente vivere in presenza, nondimeno è vera. Non stupisce che il punto di deflagrazione – quello che ha portato una ragazza a sentire su di sé la carezza della Redenzione – sia arrivato attraverso Aslan. Che non è solo un personaggio in un libro. Aslan è il grido di gioia e gratitudine di un uomo, che aveva vissuto sulla sua pelle la stessa lotta di Jordan ed arrivò a convertirsi proprio perché alcuni suoi amici non mollarono la presa sulla realtà della Redenzione.

Nella notte del 19 settembre 1931 C. S. Lewis rimase fino alle 4 del mattino a discutere con J.R. Tolkien e H. Dyson di ciò che più arrovellava la sua mente assetata di risposte:

Quello che non riuscivo a capire era come la vita e la morte di Qualcun Altro (chiunque questi fosse) duemila anni fa potesse aiutare noi adesso.

Da C. S. Lewis, “Prima che faccia notte. Racconti e scritti inediti

Dopo quella notte, sorse il sole … in tutti i sensi. Lewis uscì da quel confronto serrato con i suoi amici con lo stesso stupore – per una gioia scritta nella carne – che è identico a quello di una ragazza venuta più di 70 anni dopo.

Fino a quel momento il mio valore dipendeva dalle cose che facevo, poi ho fatto il salto nell’ipotesi che il mio valore dipende dal fatto che Cristo è morto per me, e mi ama a dispetto di qualunque cosa io possa fare o sbagliare. È immensamente liberante.

Jordan Monge

Tags:
ateismoclive staples lewisconversione
Top 10
See More