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Tariffari per accedere al Paradiso: il “malinteso” delle prime indulgenze

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 25/02/22

Nel libro "Il Tempo della Misericordia" si spiega quando e perché sono le nate indulgenze. E la concezione distorta che, all'inizio, si aveva di esse

Quando si sono diffuse le indulgenze? E’ una pratica che si sviluppa in occasione del primo giubileo del 1300 o è addirittura più antica? Marco Roncalli in “Il Tempo della Misericordia” (edizioni San Paolo)spiega sia qual è l’origine delle indulgenze, sia la loro evoluzione (piuttosto) clamorosa, maturata intorno all’anno 1000.

Cosa è l’indulgenza

Prima di tutto l’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi per quanto riguarda la colpa (per i quali cioè si è già ottenuta l’assoluzione confessandosi). L’indulgenza è una remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa. L’indulgenza è parziale o plenaria a seconda che liberi in parte, o in tutto, dalla pena temporale dovuta ai peccati.

La riammissione dei battezzati

Come sottolinea Roncalli, l’indulgenza deriva dall’evoluzione di pratiche penitenziali dal carattere prima pubblico e poi privato. Sappiamo infatti che nei primi secoli del cristianesimo i battezzati che avevano commesso peccati erano estromessi dalla comunità e riammessi dopo una penitenza (che aveva come fine l’espiazione piena e la guarigione dell’anima) imposta dalla stessa comunità o dal vescovo. Questi, constatata la purificazione del peccatore, sostenuta con la preghiera nelle celebrazioni liturgiche, ne rimettevano la pena inflitta e comprovavano il pentimento. Una remissione dunque laboriosa dove l’essenziale per il peccatore era riconoscersi colpevole davanti a Dio e alla comunità.

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L’alba delle indulgenze

Ma è soprattutto fra l’XI e il XII secolo a farsi largo la consuetudine che – per l’intercessione della preghiera della Chiesa e anche perché la Chiesa non abbandona i peccatori – i vescovi possono commutare la penitenza imposta dai sacerdoti. Renderla, così, più sopportabile, sostituirla, ridurla o annullarla, in cambio di prestazioni a vantaggio della comunità, lavori, elemosine. In un mondo morbosamente preoccupato dalla remissione dei peccati, osserva l’autore di “Il Tempo della Misericordia”, è l’alba delle indulgenze.

La paura del castigo divino

Ma non è tutto. Si va affermando la confessione auricolare per tutti i cristiani (stabilita dal Concilio Laterano del 1215) come elemento centrale della penitenza e condizione del perdono. E si affaccia una nuova dottrina, quella della «contrizione» necessaria alla confessione. In sintesi, pentimento e volontà d’espiazione non sono considerati perfetti se attribuibili non alla “contrizione” (il dispiacere per l’offesa a Dio), ma all’«attrizione» (la paura del castigo divino).

La pena temporale

San Tommaso d’Aquino spiega in proposito che ogni peccato grave comporta una duplice pena: una eterna a causa del distacco da Dio, una temporale a causa dell’attaccamento disordinato alle creature. Mentre l’assoluzione sacramentale rimette la pena eterna, la pena temporale può e deve essere tolta mediante una più intensa adesione a Cristo. Questo avviene attraverso la totale ricostruzione della vita cristiana dopo che il peccato l’ha sgretolata. A questo punto entra in scena la dottrina delle indulgenze attinte dal «tesoro dei meriti di Cristo».

St Thomas Aquinas
Una rappresentazione di San Tommaso d’Aquino.

Tariffari per il Paradiso

E allora, in un’epoca che vive l’ossessione del peccato, del giudizio di Dio, che alla fine del XII secolo vede già nelle immagini dei predicatori il Purgatorio, si afferma pure l’idea che l’indulgenza – formalmente non legata a una penitenza da compiere per un peccato definito, ma offerta dal soccorso della Chiesa per una piena purificazione difficile da realizzare (un bene quindi trasferibile) – possa essere applicata all’aldilà. Per abbreviare il tempo della pena dopo la morte in Purgatorio, per accedere prima in Paradiso, si stabilisce così una nuova «contabilità per l’oltretomba»: con tariffari, compravendite di indulgenze, tra oboli e opere da onorare, secondo l’entità della pena da espiare.

“Plenaria per i crociati”

Tornando alle indulgenze per i vivi e scandagliando a partire dall’anno Mille, Roncalli ne trova diverse, che in qualche modo anticipino l’istituto giubilare del 1300. Ma una sola è plenaria: l’indulgenza per i crociati. Alessandro II nel 1063 concede «l’indulgenza plenaria» (cioè una piena remissione della penitenza conseguente al peccato) a chi partecipa alla crociata contro i mori di Spagna. Urbano II nel 1095 dichiara al Concilio di Clermont: «Ogni uomo che parta per Gerusalemme con l’esercito per liberare la Chiesa di Dio avrà rimessa l’intera pena per i suoi peccati».

Eretici e ghibellini

Partecipare alla crociata contro i nemici della cristianità garantisce dunque totale condono delle pene per i peccati commessi. Non solo i crociati della Terrasanta: anche chi partecipava alle crociate contro gli eretici o i ghibellini nemici della Chiesa conseguiva poi un’indulgenza giubilare.

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