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Un guizzo della memoria: ecco cosa capita al cervello in punto di morte

WOMAN, BRAIN, UNIVERSE

sun ok | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 04/03/22

«Ti passa tutta la vita davanti» non sarebbe solo un modo di dire. La morte improvvisa di un paziente durante un encefalogramma ha messo in mano agli scienziati la registrazione di cosa accade al cervello in fin di vita.

La memoria negli ultimi istanti di vita

«Ti passa tutta la vita davanti», si dice riguardo agli ultimi istanti di vita. E ‘si dice’ è riferito a quel grande serbatoio che è il sentire comune, una memoria collettiva di piccole-grandi intuizioni che pesca nel fondo della tradizione, del vissuto, del condiviso.

Nessuno sa davvero cosa accada in punto di morte. E il detto popolare potrebbe essere una bella storiella per addolcire il mistero più fitto di tutti. Quest’ipotesi di rivivere i momenti più importanti della vita nei pochi secondi prima della morte la ritroviamo in molti film e romanzi. Non c’è dubbio che susciti in noi una forte corrispondenza rispetto al nostro desiderio di custodire tutte le grandi esperienze della vita. In fondo, sarebbe come fare un esame di coscienza e di gratitudine nel momento in cui la parte terrena del nostro vissuto è alla fine.

Un caso medico, capitato in modo fortuito, sta incalzando la ricerca ad approfondire la verità scientifica dietro il “ti passa tutta la vita davanti”. Perché, a quanto pare, è proprio quello che capita nel cervello.

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La prima registrazione del cervello in punto di morte

A Newton cadde la mela in testa. Esempio arcinoto, che però denota la corretta posizione dell’uomo di fronte all’indagine scientifica: la realtà viene prima della mossa umana. Il fatto che molte scoperte scientifiche importanti siano capitate per caso non significa che l’uomo è distratto, ma – al contrario – che è capace di cogliere i segni che accadono. La conoscenza è una responsabilità (cioé: è rispondere), non manipolazione.

Ed è accaduto di nuovo, un evento non pianificato ha stimolato un’ipotesi scientifica interessante. La prima “registrazione” di un cervello nel momento della morte è avvenuta in Canada senza che ce lo si aspettasse. Un paziente di 87 anni, ricoverato per epilessia, era collegato ad un elettroencefalogramma, quando improvvisamente ha avuto un infarto ed è morto.

L’uomo era arrivato al pronto soccorso dopo una caduta che aveva provocato un’emorragia cerebrale, poi peggiorata. Nel sottoporlo all’elettroencefalogramma (EEG), i dottori si sono accorti che era insorta l’epilessia. E poi, sempre durante l’EEG, il paziente aveva avuto un infarto ed era morto.

Da The Guardian

Oltre al tragico e improvviso decesso, i medici si sono trovati tra le mani un documento: l’encefalogramma di un uomo nei suoi ultimi momenti di vita e nei primi minuti dopo la morte. Un team internazionale di neuroscienziati ha avuto modo di studiare questa registrazione. E ha pubblicato un primo feedback degli studi compiuti su Frontiers in Aging Neuroscience.

Il team afferma che la registrazione dei 30 secondi prima e dopo che il cuore del paziente si fermasse suggerisce che nei momenti finali della sua vita l’uomo abbia fatto esperienza di grandi cambiamenti nelle onde cerebrali, incluse le onde alfa e gamma. Lo studio indica che le interazioni tra diversi tipi di onde cerebrali sono continuate anche dopo che il flusso sanguigno al cervello si era interrotto.

Ibid.

Per noi poco pratici di studi neurologici, cosa significa? In soldoni “il nostro cervello rimane attivo e coordinato durante e anche dopo il momento della morte ed è programmato per dirigere il trapasso”. (da Frontiers – Science News)

PATIENT

Memoria, meditazione, sogno

Ma ci sarebbe di più.

Le oscillazioni del cervello (meglio note come ‘onde cerebrali’) sono andamenti ritmici dell’attività cerebrali, presenti normalmente in una persona vivente. I diversi tipi di oscillazioni, incluse le onde gamma, sono coinvolti in funzioni cognitive sofisticate, come la concentrazione, il sogno, la meditazione, il recupero della memoria, il processo delle informazioni, e le percezioni consapevoli, proprio come quelle associate ai flashbacks della memoria.

Frontiers – Science News

Nel caso del paziente canadese i dati indicano che il cervello avrebbe innescato un’intensa attività legata alla meditazione e al recupero della memoria in punto di morte. Ed è appunto questo il nesso con il famoso detto “quando muori, tutta la vita ti passa davanti”.

Si tratta di un solo caso, dunque il primo alert degli scienziati è la cautela. Siamo di fronte a un dato che merita di essere preso come spunto per un approfondimento, e non di fronte a un’evidenza scientifica acclarata. La ricerca procederà, dunque, a partire da ciò che il  dottor Ajmal Zemmar (neurochirurgo presso l’università di Louisville (USA), tra gli autori dello studio condotto sul paziente canadese) ha dichiarato:

“Generando oscillazioni coinvolte nel recupero della memoria, il cervello potrebbe innescare un ricordo degli eventi importanti della vita proprio poco prima di morire, simili a quelli raccontati da pazienti che hanno avuto esperienze di pre-morte – ipotizza Zemmar. – Questi risultati stimolano la nostra indagine su dove esattamente finisca la vita e genera importanti domande correlata, ad esempio quelle legate alla donazione degli organi”.

Da The Guardian
BRAIN

Pronti all’ultimo paradosso

Lo scienziato cerca risposte, noi possiamo custodire domande. Il pensiero della morte è uno degli argomenti che si tende a ignorare. In realtà il memento mori non è un pessimo di compagno di viaggio del nostro quotidiano. Al contrario.

Senza nessun titolo accademico da esibire in ambito neuroscientifico, confesso che, quando ho letto di questo “guizzo” del cervello negli istanti prima della morte, ho subito pensato che dovremo essere pronti al passo della morte. Mi è tornata in mente una cosa che mi disse Suor Chiara Cherubini durante l’intervista che le feci. Il suo tumore le provocò due shock anafilattici, visse la morte da vicino.

Durante questi due shock non ho mai perso conoscenza, mi stavo accorgendo di morire e vedevo attorno a me gli infermieri che mi praticavano il massaggio cardiaco. Naturalmente non lo auguro a nessuno, ma devo però annoverarla – lo dico con grande pudore – tra le esperienze più piene di bellezza che ho avuto.
Mi accorgevo che la vita veniva da fuori, e che l’aria non voleva entrare nei polmoni. C’è stato un momento estremo in cui ho formulato questa preghiera: «Signore fa che io non muoia bestemmiandoti».
Non so spiegare perché ho detto così. Lo medito spesso.

Suor Chiara Cherubini
dawn-nature-sunset-woman

Il nostro libero Sì a Dio si giocherà fino all’ultimo respiro. E c’è quel passo della Divina Commedia in cui l’anima di Bonconte da Montefeltro ricorda che una lacrima sincera in punto di morte (la contrizione per i suoi peccati) lasciò beffato il diavolo che era venuto a prenderlo.

Che un encefalogramma ci restituisca dei dati che confermano l’attività del cervello nel momento supremo della vita, lascia stupiti ma non così stupiti. Forse che saremo sguarniti di risorse per la prova più importante? E se quella frenetica attività della memoria fosse un’ultima corsa a per fare scorta di una gratitudine alla vita?

Ecco le domande che lascio aperte. Anche i dizionari suggeriscono come sinonimo di “morte” la parola “fine”. Chesterton, invece, la definiva paradosso: un passaggio che ribalterà tutto, per sistemarci davvero. Sempre lui osò contraddire il poeta T.S. Eliot che aveva scritto che la vita finirà in un piagnisteo. “Per noi finirà col botto” – replicò Chesterton. E a quanto pare il cervello è dalla sua parte.

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