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Giovanni di Dubna e gli altri: il dissenso sulla guerra nell’Ortodossia

KIRILL

RIA Novosti archive-CC BY-SA 3.0

Giovanni Marcotullio - pubblicato il 10/03/22

Il metropolita russo per l’Europa Occidentale, il rettore del seminario ortodosso moscovita a Parigi e decine di vescovi in Ucraina mostrano il disaccordo con le posizioni di Kyrill, e già ben prima dell'“omelia” per cui il Patriarca è finito nell'occhio del ciclone mediatico.

Si continua a parlare dell’“omelia” di Kyrill, al punto che cominciano a fioccare le lettere aperte non solo di presbiteri russi – delle quali avevamo già dato conto –, ma anche di vescovi, arcivescovi e metropoliti.

Un metropolita, dei vescovi e il rettore di un seminario

L’ultimo in ordine di tempo è nientemeno che l’Arcivescovo delle Chiese ortodosse di tradizione russa in Europa Occidentale, Giovanni di Dubna. Il quale così scrive al suo patriarca:

Vostra Santità, 
In questi giorni bui in cui infuria la guerra in mezzo all’Europa a seguito dell’intervento militare della Federazione Russa in Ucraina, permettetemi di trasmettervi lo sgomento dell’intera Arcidiocesi e la nostra totale solidarietà alle vittime di questo conflitto. 

I guai e il disordine causati in tutto il mondo da questo violento attacco non hanno risparmiato la comunità ortodossa dell’Europa occidentale e soprattutto l’arcidiocesi delle parrocchie ortodosse di tradizione russa nell’Europa occidentale, che riunisce fedeli di tutte le origini. La nostra stessa unità è minacciata dalla situazione che si è così creata. I nostri fedeli si aspettano che i loro pastori portino la voce della Chiesa e un messaggio evangelico di pace. 

Abbiamo appreso con emozione dell’appello rivolto a voi dai membri del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina, chiedendovi di intervenire presso le autorità politiche della Federazione Russa affinché questo bagno di sangue si fermi. 

A nome di tutti i fedeli della nostra Arcidiocesi, mi rivolgo a voi affinché alziate la vostra voce come Primate della Chiesa Ortodossa Russa contro questa guerra mostruosa e insensata e per intercedere presso le autorità della Federazione Russa affinché al più presto cessi questo conflitto assassinio, che fino a poco tempo fa sembrava impensabile tra due popoli e due nazioni unite da secoli di storia e dalla loro comune fede in Cristo. 

Santità, nella vostra “omelia” per la domenica del perdono, pronunciata nella Cattedrale patriarcale di Cristo Salvatore il 6 marzo, voi avete presunto di giustificare questa guerra di aggressione crudele e omicida come “una battaglia metafisica”, in nome del «diritto di stare dalla parte della luce, dalla parte della verità di Dio, di ciò che la luce di Cristo ci rivela, la sua parola, il suo Vangelo…» . 

Con tutto il rispetto che vi è dovuto, e dal quale non mi allontano, ma anche con infinito dolore, devo portare alla vostra attenzione che non posso sottoscrivere una tale lettura del Vangelo. Nulla potrà mai giustificare che i “buoni pastori” che dobbiamo essere, debbano cessare di essere “artigiani di pace” e che qualunque siano le circostanze. 

Santità, umilmente, con il cuore pesante, la prego di fare tutto il possibile per porre fine a questa terribile guerra che sta dividendo il mondo e seminando morte e distruzione. 

† Il metropolita GIOVANNI di Dubna, 
Arcivescovo delle Chiese ortodosse di tradizione russa in Europa occidentale.

Questo è un bene, né si tratta di un caso isolato. Era il 3 marzo, dunque in reazione alla prima “omelia” di Kyrill, ben più blanda della seconda, che Taisia Lazarenko scriveva su Union of Orthodox Journalists:

Un certo numero di vescovi della Chiesa Ortodossa Ucraina ha benedetto l’iniziativa dei rispettivi presbiterî di smettere di commemorare il Patriarca Kyrill durante la divina liturgia. I presuli ritengono che questo sia un passo necessario per mantenere la pace e l’unità dei credenti durante l’invasione russa dell’Ucraina.

Alla data del 3 marzo 2022 sono noti gli ordini ufficiali di 15 diocesi: Ternopil, Chernivtsi-Bukovyna, Kamyanets-Podilskyi, Vinnytsia, Khmelnytskyi, Bilotserkovka, Volyn, Volodymyr-Volynskyi, Mukachevo, Rivne, Voznesensk, Zhytomyr, Ivano-Frankivsk, Lviv and Sumy Eparchies.

Taisia Lazarenko, A number of UOC dioceses stop commemoration of Patriarch Kirill, 3 marzo 2022

Attenzione, si parla (se ne parlava una settimana fa, anzi: prima della seconda “omelia” di Kyrill…) di almeno quindici diocesi della Chiesa Ortodossa Ucraina – afferente al patriarcato di Mosca! – che hanno giudicato opportuno, al fine di preservare l’unità del popolo (ucraino e ortodosso) abradere il nome del loro massimo responsabile ecclesiastico dal momento centrale della vita liturgica della Chiesa. È una misura che passa chiaramente inavvertita sul piano delle informazioni secolari, ma che segnala una forte crisi interna.

Davanti a questo, le pur forti (e benedette) parole di Giovanni di Dubna vengono ridimensionate nella loro straordinarietà e nel preteso isolamento. Dalla stessa Parigi, peraltro, il rettore del Seminario ortodosso russo Ste Geneviève à Épinay-sois-Sénart, padre Alexandre Siniakov, ha scritto:

Il Seminario ortodosso Sainte-Geneviève d’Épinay-sous-Sénart, dove Russi e Ucraini vivono in armonia da più di un decennio, non ha altro campo, in questa guerra, che quello delle vittime innocenti.

Noi crediamo che sia la pace, e non la guerra, che stabilisce la giustizia. E al contrario vediamo in ogni dichiarazione di guerra un progresso dell’ingiustizia.

Noi crediamo esclusivamente nella Chiesa – una, santa, cattolica e apostolica – e per questo facciamo professione di non credere ad alcun impero umano, nonché di rigettare ogni forma di imperialismo.

Noi non riconosciamo l’esistenza delle nazioni se non per la pace e per la sicurezza che esse procurano agli uomini, la cui vera cittadinanza è ai nostri occhi celeste. Per questa ragione noi vediamo in ogni nazionalismo una forma di idolatria.

Noi preghiamo perché cessino, con questa guerra, i combattimenti, i bombardamenti e le distruzioni. E preghiamo perché il perdono ristabilisca la pace tra due popoli fratelli.

Noi preghiamo perché la voce degli artigiani di pace venga intesa dalle autorità della Federazione di Russia, e che esse mettano fine alla loro sanguinosa offensiva.

Noi preghiamo per i morti, e ci teniamo pronti ad accogliere, consolare e confortare i vivi.

Noi facciamo il giuramento di perseguire, quali che siano le circostanze, la nostra opera di riavvicinamento fraterno tra i popoli russo, ucraino e francese.

“Nous n’avons pas d’autre camp que celui des innocentes victimes”. Message de notre Séminaire au sujet de la guerre en Ukraine, 9 marzo 2022

Tutto questo è buono, edificante e vero. Di più, è una narrazione inaudita tra le voci secolari, tanto del mainstream quanto della (sedicente) controinformazione – campi entrambi esposti al rischio fatale di cedere a partigianerie di sorta, e quindi a disinformare.

L’ideologia patriarcale e gli schieramenti trasversali

Desta stupore, ad esempio, che dall’ANSA a buona parte dell’arco mediatico nostrano – dalla Gazzetta del Sud al Giornale, passando per Io Donna e per Open, e senza trascurare la Rai – tutti abbiano ritenuto notiziabile la cover di “Bella ciao” che la cantante folk ucraina Khrystyna Soloviy ha dedicato alla resistenza del suo Paese, corredandolo peraltro di un testo assai cruento (perfino mimato dalla giovane, nel video, sui passaggi più brutali). Desta stupore anzitutto perché, come è stato rilevato, una resistenza non vale l’altra, e nella fattispecie gli ucraini stanno cercando di sottrarsi alla sfera d’influenza post-sovietica nel cui mito, invece, quella canzone è stata scritta e perpetuata in Italia (non a caso l’ANPI, sempre presa nei suoi tic storici, ha condannato appunto la resistenza ucraina e, letteralmente, tifa Russia).

Nessuno ha bisogno di questo tifo mediatico, che trasforma il mondo in un gigantesco Colosseo dove ci si rabbuia o si esulta, ma in sostanza si gode del sangue versato. La posizione ecclesiastica ha da dire altro, e compie il suo dovere quando lo dice. Da fine conoscitore della storia della Chiesa, e in particolare di quella delle Chiese ortodosse, Enrico Morini dichiarava ieri ad Avvenire:

La posizione del patriarca Kirill è estremamente difficile e non credo che ci si possa aspettare da lui una condanna esplicita di questa folle guerra, anche se senza dubbio ne è cristianamente addolorato. In questi tredici anni egli ha instaurato con il presidente Putin un legame molto forte, fondato su di un comune modello di società, aliena da valori importati dalla società occidentale. Non è un caso che nell’omelia di domenica egli abbia parlato in riferimento al Donbass – teatro di guerra come di un luogo dove a suo giudizio si tentava di imporre una “cultura antropologicamente decadente della civiltà occidentale”. Inoltre è indubbio che, considerandosi patriarca anche dell’Ucraina, egli veda nell’attuale dirigenza di quel paese un impulso fortemente disgregatore dell’unità, fondata sulla comune fede ortodossa, tra tutti i popoli dell’antica Rus’ (Russia, Ucraina e Bielorussia). Infine la Chiesa russa, per procedere, dopo il settantennio delle persecuzioni, nella ricostruzione delle sue strutture e nella rievangelizzazione del paese, sente importante l’appoggio del potere

Riccardo Maccioni, Ucraina. «Kirill strettamente legato al Cremlino. Impensabile un suo “no” al conflitto

Addirittura, anzi, in chiusura d’intervista Morini si spingeva a osservare:

Molto più deleteria sarebbe, in merito al suo ruolo ecclesiastico e istituzionale, una rottura con Putin, dato lo sfrenato autoritarismo del presidente.

D’altro canto si potrebbe osservare che le frizioni interne alla stessa ortodossia russa (accennate qui sopra in maniera certamente non esaustiva) mostrano alcune incoerenze di fondo dell’ideologia patriarcale*, che diventano particolarmente stridenti in concomitanza di poteri politici abbastanza forti e determinati a perseguire un progetto di espansione d’influenza: Kyrill non accetta di arretrare, ecclesiasticamente, dall’Ucraina, perché vedrebbe

pesantemente ridimensionato il proprio primato numerico nell’ortodossia – sono ancora parole di Morini –: delle sue 30000 parrocchie ben 12000 sono in Ucraina, con una ipertrofia dovuta all’esigenza ortodossa di fronteggiare la Chiesa greco- cattolica.

Ognuno può giudicare da sé quanto queste gare numeriche e queste statistiche abbiano a che fare con l’Evangelo; e Bartolomeo sembra più innocuo, da questo punto di vista, solo perché non ha alcun potere politico che lo supporti, ma le sue pretese giurisdizionali sono perfino più ampie di quelle dell’omologo russo.

Venendo però al “salvabile” dell’“omelia” del Patriarca – ossia la questione dello “scontro metafisico” fra due civiltà (una della secolarizzazione avaloriale, l’altra della multiforme tradizione cristiana) –, vorremmo apporre appena due chiose.

  1. Sul piano sociale, l’“omelia” provocherà (e sta già provocando) un clamoroso effetto-boomerang, perché quanti fino a ieri erano stati tiepidi se non ostili all’agenda LGBT (unioni civili e “matrimonio” omosessuale erano stati respinti più volti dal parlamento di Kiev) potranno ora vedervi un simbolo di riscossa anti-russa, e così rapidamente arrivare ad appoggiarla e promuoverla.
  2. Sul piano geopolitico, alla base dell’altro, la tradizione cristiana – che vive in molte più voci di quante ai patriarchi piaccia ricordare – non si identifica certo con la Rus’. Né quella di Kiev né quella di Mosca né quella di Minsk. Nella “Madre Russia”, peraltro, non è illegale la pratica dell’utero in affitto che spesso (giustamente) si rimprovera all’Ucraina, anzi la si trova accessibile perfino a più larghe maglie. Non è illegale la pornografia, in Russia; non è illegale l’aborto, non è illegale il divorzio. Di che parla Kyrill?

Come si vede dal “conflitto di tic” su Bella ciao, l’opinione pubblica è sempre più divisa non tra “destra e sinistra” o tra “partito atlantista” e “partito sovietico”, bensì tra le crescenti categorie psico-politiche del:

  • partito del potere (ci si mette dentro chi vuole stare con la squadra che vince – e questo fa sì che sul piano globale si ritrovino avversarie delle persone psicologicamente appartenenti al medesimo schieramento); e del
  • partito dei bastian contrari (ci si iscrive chi vive di minoranza, di complotto, di retropensiero, di disinformazione spacciata per controinformazione).

La Chiesa, quando adempie la sua missione evangelica, è capace di proporre uno sguardo altro, nella quale si tutelano sia gli interessi dei singoli sia quelli dei popoli. Una visione in cui nessuno ci rimette? Impossibile, ci deve sempre rimettere qualcuno: nella visione della Chiesa ci rimettono i grandi poteri, che vanno intesi non (solo) come i “poteri forti”, ma come ogni tendenza (per quanto larvatamente) imperialista. Quelli che non servono l’uomo e non curano il mondo, ma sfruttano questo e schiavizzano quello. Non così la Chiesa, non la vera e unica Chiesa di Cristo diffusa su tutta la terra e presente fra tutte le confessioni cristiane.


* NOTA BENE: come dovrebbe essere chiaro, in questo articolo si usa l’espressione “ideologia patriarcale”, come pure il sostantivo “patriarcato”, per indicare la categoria canonistico/ecclesiologica, non l’omonima socio-antropologica.

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