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Guerra, pandemia… dall’ansia alla pace

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Mascarilla, armas

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 09/04/22

Quando provo paura, mi aiuta ricordare che nulla mi appartiene. Tutto è un dono immeritato che supplico in ginocchio, e chiedo soprattutto di confidare in Dio

Ho paure nascoste. Paure che emergono nel cuore pensando al futuro. Forse perché chi ama ha sempre paura. Chi sogna, chi si dona.

Paura di perdere quello che amo e chi amo. È la cosa più umana, la più vera. Non avere paura è tipico di una macchina, di una persona senza sentimenti.

Avere paura di quello che può accadere è quello che mi rende più creatura. Incapace di controllare la vita, il futuro, quello che accadrà.

Cerco di stringere la mano al futuro con la mia preghiera, chiedendo a Dio di non permettere che accada quello che temo di più. Ma alla fine succede, e mi resta solo una via: confidare.

Ho bisogno di confidare

La supplica più ardente nella mia vita è pensare che Dio possa raggiungere in me una fiducia sacra.

È forse lì che nascono i santi. In quel momento in cui si abbandonano lasciando che Dio prenda in mano il timone della barca.

Quando recito il Padre Nostro nell’intimità dell’anima Lo supplico. Chiedo di confidare in quella volontà che può non essere la mia. Di credere in quell’amore che non mi lascerà mai anche se sembra che nulla vada come desidero.

Le mie paure sono reali e possono concretizzarsi. O può essere paura per cose che non accadranno mai.

Dio ha il controllo

Vorrei cambiare il passato perché non continui a far male. So che solo con il perdono come dono, come grazia, potrò continuare a costruire.

Vorrei cambiare il mio presente, e so che solo il mio “Sì” incondizionato e coraggioso può farlo.

Vorrei determinare cosa accadrà per non vivere sempre nell’incertezza.

Ho paura di confidare troppo. Paura di lasciare il controllo e permettere che sia Dio a tirarmi fuori dal mio pantano.

Come vivere in pace con tante paure?

È dura la paura che si infila sotto la pelle e mi paralizza. Qual è la cosa peggiore che mi può accadere, qual è lo scenario peggiore che si possa immaginare?

La mia immaginazione inventa disastri possibili e ha paura. Come quei bambini che lontano dalla mano del padre vagano senza meta.

Paura di una guerra che crea incertezze. Di una morte possibile e terribile. Paura di una pandemia che non passa e continua ad alterare i miei progetti. Che i miei sogni non diventino realtà.

Paura di non essere accettato dalle persone che amo. Paura del rifiuto e della solitudine. Del fallimento e dell’oblio del mondo.

Come vivere in pace tra le mie paure?

False sicurezze che crollano

Si avvicina la Settimana Santa, e sento la paura nei discepoli, in Maria, in quelli che amavano Gesù e temevano per la sua vita e anche per la propria.

E io continuo ad avere paura, a soffrire, a perdere, ad essere giudicato, condannato, criticato. Paura di non essere valorizzato. Diceva Papa Francesco:

“La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità. Ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato”.

In mezzo alle tempeste del tempo presente sperimento di essere vulnerabile e debole. Non sono il mio salvatore, non salvo nessuno.

Volgersi al Padre

Sono nelle mani di quel Dio che mi ama, e io dimentico tanto amore e tanta cura.

Volgo lo sguardo a Dio. Non voglio vivere senza paura, perché così valorizzo maggiormente quello che ho e sono più grato.

Ma chiedo a Dio di insegnarmi a confidare di più, a lasciarmi portare dalle Sue mani di Padre.

Voglio capire che non posso aggiungere neanche un giorno di vita alla mia storia, né a quella delle persone con cui cammino.

Non posso cambiare il destino forzando la mano. Non posso pretendere di vivere sicuro il presente.

Mi resta solo la fiducia nella paura, e questo è un dono che chiedo.

Non pretendo di smettere di essere vulnerabile, perché è quello che mi rende più figlio, ma non voglio che la paura mi blocchi e mi riempia di angoscia e ansia.

Tutto è un dono d’amore

La pace nell’anima è un dono che cerco. Questa guerra e questa pandemia alterano la mia anima. E sembra che tutto vacilli e cada.

Come una torre apparentemente salda che crolla. E nulla mi appartiene, tutto è un dono immeritato che supplico in ginocchio.

Vivere un altro giorno, amare qualche altra ora, riposare nell’amore di Dio ogni giorno della mia vita. È semplice e allo stesso tempo mi sembra impossibile…

Non mi lego al presente di cui godo. Vivo alla giornata senza voler forzare il domani. So solo che la vita si gioca nelle decisioni che prendo oggi.

E decido così di vivere fiducioso e sorridendo alla vita. Amando oggi perché domani non so se potrò farlo. Dando la vita oggi perché il futuro non mi appartiene.

Rendo grazie a Dio per quello che ho vissuto e non mi amareggio quando le cose non vanno come avevo previsto.

Semplicemente confido e credo che Dio non scenda mai dalla mia barca in mezzo alle tormente peggiori. Mi tiene la mano e mi chiede di credere, di confidare, di sapere che non mi succederà niente.

È questa la pace che supplico. Nulla potrà alterare il mio animo. Perché Gesù cammina con me.

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