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7 voci per ascoltare e contemplare la Passione del Signore

ECCE HOMO

Bakhur Nick|Shuttesrtock

Paola Belletti - Silvia Lucchetti - Annalisa Teggi - pubblicato il 15/04/22

Tutto ciò che può aiutarci ad entrare nei misteri pasquali è ben accetto.
Anche gli "oggetti di scena", dunque, possono farci da testimoni. Sette autori hanno dato loro voce: Giuditta Boscagli, Annalisa Teggi, Silvia Lucchetti, Rosa Evangelista, Emanuele Fant, Giuseppe Signorin, Paola Belletti.

Grideranno le pietre

Che cos’ha da dirci il boccone che Gesù intinge e passa a Giuda? Possiamo immedesimarci nel filo della spada che Pietro brandisce contro il servo del sommo sacerdote? Che avrà pensato il chiodo forgiato da un ignaro fabbro mentre penetrava le carni di nostro Signore?

Prima di diventare il simbolo del servizio umile ai fratelli, quel telo è rimasto legato alla vita di Gesù, si è realmente bagnato dell’acqua che è passata sui piedi dei Dodici, ha compiuto la sua missione. Può testimoniarcela, forse.

Del flagello, terribile strumento di tortura in uso presso i Romani, conosciamo la crudele e ottusa innocenza che spetta alle cose.

Riguardo alla pietra fatta rotolare davanti al sepolcro nuovo non sospettiamo, fino alla Prima Domenica, alcun privilegio. E invece siamo ancora qui a baciarla, a studiarla, a esserle grati; persino invidiarne il punto di osservazione.

Del gallo e del suo canto notturno impariamo gli sguardi che ha colto: quello pieno di vergogna e pentimento del povero Pietro e quello di smisurata e dolorosa misericordia di Gesù.

Mettersi in ascolto

Non vogliamo aggiungere parole vane alle pochissime che Gesù stesso spende durante la Passione, piuttosto abbiamo provato a immedesimarci in queste presenze che non traboccano di commenti e opinioni, ma ci fanno stare lì nel luogo, nel tempo e nelle ore che hanno cambiato il destino del mondo.

Non ci resta che incamminarci e metterci in ascolto.

1Un asciugamano cinto in vita

Si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.

(Giovanni 13, 4-5)

Sono legato alla vita, ma non ciondolo perché non è il vento che mi scuote. Sono le Sue mani, le mani di un Dio chinato e servitore.
Mai provata una delicatezza tanto pura e reale, mai mi sono sentito strumento di un’opera tanto grande.
Com’è possibile che asciugando piedi di pescatori, gente povera e comune, io diventi improvvisamente più nobile che se fossi sul volto di un principe?
Com’è possibile che passando da un piede all’altro si rinnovi e cresca questo profondo sentimento di ciò che c’è, di una speranza mai percepita prima?
Sento trapassare le mani che mi afferrano anche da un dolore che ancora deve venire, che presto sarà compiuto. Sento che queste mie povere fibre di lino sono strumento di miracolo a cui sarà chiesto il sangue.
Eppure quel che le pervade non è il dolore, ma la certezza che servendo il destino dell’uomo tutto sarà salvato.

Giuditta Boscagli (breve bio, link)

2Intinto il boccone

Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto».

 (Giovanni, 13, 24-27)

Che tutto ha più sapore con Te, l’ho sentito subito. E allora intingo, vorrei che tutto avesse il gusto della Tua presenza e compagnia. Sei davvero il sale e metti in tavola il vino, in certi giorni in cui mi aspetterei solo la solita acqua che non sa di niente. Ma spesso inzuppo i miei pezzi di pane nel Tuo piatto per tradirti. Farcisco i bocconi della mia presunta bontà con le Tue parole, per convincermi che è giusto e sacrosanto qualcosa che, invece, è solo un mio puntiglio. Voglio insaporire il mio orgoglio del gusto che sentì Zaccheo quando mangiò con Te. E lo faccio anche con gli altri, Ti uso come il piatto forte di un banchetto pieno solo di giudizi e commenti senza vera misericordia. Ma tu non sei una spezia da versare a pioggia per mascherare i miei egoismi, lo riconosco bene quando mangio con Te e ti tradisco.

Annalisa Teggi

3Rimetti la tua spada nel fodero

Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. 11 Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?».

(Giovanni 18, 10-11)

Pietro ricordi? Mi hai impugnato per difendere il Signore che ti ha rimproverato e ordinato di ripormi nel fodero. Con la mia punta ed il filo tagliente avresti ferito e ucciso alcuni di coloro che erano venuti ad arrestare ingiustamente il tuo Maestro. Sarebbe scorso del sangue che avrebbe chiamato altro sangue, in una catena infinita di orrori come quelli che vengono perpetrati in ogni guerra. Se tu mi avessi usato per colpire, il messaggio di pace di Cristo al mondo intero che da allora aleggia sulla Terra non avrebbe avuto senso e presa nel cuore degli uomini. Hai sempre avuto la memoria corta, non ricordi la parabola del buon Samaritano? Io servo per dividere il mantello, dandone metà a chi non ha nulla per difendersi dal freddo, per tagliare il pane e offrirne a chi è affamato, per recidere dalla pianta i grappoli d’uva e farla diventare il vino con cui si celebra la Messa.

Silvia Lucchetti

4Prima che il gallo canti

Ma, dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea». Allora Pietro gli disse: «Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò». Gesù gli disse: «In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte».

(Marco 14, 28-31)

Anche un gallo fa gli straordinari, senza supplemento di mangime, sia chiaro. Stanotte devo cantare, chicchiricchì, tre volte. Non un verso striminzito, sciatto, strozzato, né sciccicciscì né chiscisciccì: chi cchi ri cchì, tutto d’un pezzo, con gli accenti giusti. Eppure non ci riesco, mi si incaglia nel becco. Ho sempre cantato il buongiorno, non la sconfitta di un uomo. Gli occhi di Pietro sono quelli di un omaccione vorace. Sono larghi, larghi abbastanza da essere meravigliati. E vigliacchi. Ma lo conosci? Lo conosci? È vero? No. Macchè. Non è vero. Chicchiricchì, chicchiricchì, chicchiricchì. Di notte il mio versaccio sa di ululato, di spavento.

Gli occhi di Gesù lampeggiano, incrociano il suo sguardo, i miei occhi traballanti sono inchiodati.

Mi dispiace. Se avessi dovuto cantare per ogni sbaglio di Pietro, non potrei tornare nel mio pollaio neanche per cinque minuti di fila. Lui è uno fatto così, Gesù è diverso, però. Gesù gli sorride, a Pietro. 

Rosa Evangelista, autrice de “I santi hanno un cuore selvaggio: Zibaldino spirituale di una 18enne”

5Il flagello

Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

(Marco 15, 13-15)

Prima di me, un uomo senza colpa ha divelto il ramo più promettente del suo noce, ne ha fatto un manico che non si può spezzare. Prima di me, un uomo senza colpa ha affondato il suo pugnale in una bestia: ha separato la pelle della carne per ottenerne le mie liste flessibili di cuoio. Prima di me, un uomo senza colpa ha condannato il piombo alla fornace, ne sono uscite le schegge lucide che decorano il fondo della mia capigliatura. Servono a fare più male. 

Ho fatto solo il mio mestiere. Uno strumento, non lo potete accusare. 

L’impulso elettrico ha generato la contrazione muscolare del soldato. La resistenza dell’aria si è dileguata senza fiatare: un oggetto del mio peso che precipita ha una forza gravitazionale irresistibile. Sono regole della fisica, non decisioni. 

Sono piombato la prima volta sulla sua schiena. Non credo di dovermi adesso giustificare. 

Voglio tornare a dormire. Tra le cose che conosco sono la sola che non lo sa più fare.

Emanuele Fant, scrittore, insegnante, autore teatrale

6Il chiodo nella mano

Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù nel mezzo.

(Giovanni 19, 17-18)

La punta è sul polso. Un colpo di martello mi fa perforare la pelle. Poi altri colpi per spezzare le ossa. Raggiungo il legno dopo vari tentativi, ma ne servono ancora per bucarlo. Il sangue mi ricopre quasi completamente. Solo la parte interna al legno non ne è bagnata. Un po’ sta penetrando. Non so quanto tempo mi lasceranno qui dentro. Non sopporto l’idea di fare così male a quest’uomo. Eppure non è la prima volta che mi usano così. Ora gli staranno conficcando i chiodi nell’altra mano e nei piedi. I chiodi per i piedi sono più lunghi. Il polso è spinto di qua e di là dai movimenti del corpo. Quest’uomo non impreca, non si ribella. Sembra quasi accettarmi al suo interno, nella sua carne. Sono la sua tortura, ma è come se gli servissi a qualcosa. Passa un po’ di tempo, percepisco la sua voce: «Oggi sarai con me in Paradiso»

Giuseppe Signorin, blogger, cantautore, scrittore

7 La pietra all’entrata del sepolcro

Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.

(Marco 15, 44-47)

Se potessi farlo, griderei.

Non è stato Lui a dire che se avessero taciuto loro, avremmo gridato noi? Mi hanno spinto sul prato perché rotolassi un paio di metri e finissi contro quella bocca scura che aveva appena inghiottito il Corpo. E ora? – mi chiedo – cosa resterà di Te, passate le carni e le ossa ridotte in polvere? un volume di ricordi pietosi? e questi seguiti a lamenti di donne che già il dolore scava come pareti di roccia? Tengo la luce fuori e dentro silenzio e freddo. Immobile, Lui, sembra ancora compiere qualcosa. Nessuno tornerà prima che sia passato il Sabato.

E’ un’onda potente di forza e luce quella che mi spinge via ed è come fosse Qualcuno, non qualcosa. La stessa forza ha attraversato il Corpo: lo vedo levarsi, respirare e sorridere.

Da adesso è Domenica. E io, che ho la vocazione di restare, resto a celebrare la vittoria del Vivo per sempre.

Paola Belletti

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