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Ferite: guardare la vita di Sant’Ignazio di Loyola aiuta a superarle

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Shutterstock | Lightspring

Sheila Morataya - pubblicato il 29/04/22

La madre di Sant'Ignazio morì alla sua nascita, suo padre lo detestava... La lista di ferite era lunga. Com'è riuscito a guarire?

Pellegrino. Pellegrino ferito. Pellegrino che ha cambiato il modo di affrontare le ferite nella Chiesa. Un pellegrino curato da Cristo. Quest’anno si celebrano i 500 anni dalla conversione di Sant’Ignazio di Loyola. In un mio articolo precedente, Las heridas gritan, ho spiegato un po’ la mia esperienza di soggiorno a Manresa (Spagna) nei mesi di ottobre, novembre e dicembre dello scorso anno. Come psicoterapeuta, mi interessa tutta la spiritualità di Sant’Ignazio di Loyola, visto che la creazione degli esercizi spirituali, di cui è l’autore, parte dalla sua esperienza personale con le ferite.

Fondatore della Compagnia di Gesù e ora santo, Ignazio ha vissuto una trasformazione personale a partire dalla ferita ricevuta in guerra con una palla di cannone. La gamba destra venne colpita gravemente, e lui per poco non morì. Rimase zoppo fino alla fine della sua esistenza.

Qual è la palla di cannone che ha colpito la vostra vita e vi ha lasciato zoppicanti a livello visibile o invisibile? Perché le vostre ferite sono lì?

Dio cerca l’uomo attraverso le sue ferite

Nella vita di Ignazia di Loyola, questa ferita fu la crepa che Dio permise che si aprisse nel suo corpo per portarlo nella regione interiore di se stesso, per mostrargli le profondità del suo inconscio e rivelargli così le sue tante ferite e i traumi iniziati prestissimo.

SAINT IGNATIUS

Sua madre morì alla sua nascita, e il padre, distrutto dal dolore, non riusciva a guardare il bambino. Ignacio – o Íñigo, com’era il suo nome prima della conversione – crebbe così privato dell’amore delle prime persone che dovevano prendersi cura di lui. Orfano di madre e orfano a livello emotivo del padre, crebbe sentendosi rifiutato, abbandonato, colpevole e senza valore.

Questo è un buon momento per porvi alcune domande: che tipo di eco produce in me quanto detto? Cosa mi ha segnato da bambino e non sono riuscito a superare? Cosa ho provato a fare finora per guarire?

Ferite che diventano convenzioni

Le ferite di Ignazio, col tempo e man mano che cresceva, divennero convinzioni. Mia madre è morta per colpa mia. Mio padre mi rifiuta. Non valgo nulla. Non merito. Sono colpevole.

Per questo, ormai adulto, tutti questi sentimenti di bassa autostima e di una concezione deformata di sé lo portarono sulle vie del sesso disordinato. Ambienti alcolisti. Ambizione professionale spropositata. Manie di grandezza: avrebbe sposato una principessa.

La colpa, il merito, l’insicurezza, il risentimento e il sentirsi inadeguati sono grandi protagonisti negli incontri con i miei pazienti. Il pensiero dirige la vita, e una persona diventa ciò che pensa. Per questo è tanto importante cercare aiuto, cosa che richiede una buona dose di umiltà e coraggio.

Ciascuno potrebbe chiedersi come vive il rapporto con se stesso, come sono i suoi rapporti con gli altri, cosa pensa della propria autostima e in che modo le sue ferite sono diventate convinzioni.

All’epoca di Ignazio la psicologia non esisteva, adesso sì

L’esperienza di Sant’Ignazio è quella del potere curativo di Dio in una persona, ma bisogna tener conto del fatto che parliamo di un uomo che, come molti, non aveva avuto la fortuna di nascere e crescere in una famiglia stabile, in cui si parlasse della sua grande dignità come persona. Una famiglia in cui si sentisse guardato con amore e compassione. Una famiglia cristiana. A Ignazio tutto ciò è mancato.

Per questo, la sua umanità, la sua psicologia, la sua affettività e la sua autostima erano molto deboli. Si trascinava fin dall’infanzia traumi importanti. Esperti della sua vita osservano due ferite simultanee: quella provocata dalla morte della madre alla sua nascita, la ferita della colpa, e quella derivante dal rifiuto del padre, la ferita dell’abbandono.

Quando una persona è stata traumatizzata, la sua umanità non riceve allo stesso modo l’azione della grazia, perché i traumi frenano la manifestazione dei frutti che Dio si aspetta da ciascuno. Per questo, un accompagnamento di carattere psicologico sarà sempre tempo ben investito per uno sviluppo all’interno degli ambienti in cui ciascuno si muove.

Le ferite ci fermano

Ignazio di Loyola, partendo dalla ferita alla gamba, si è visto costretto a un ricovero di corpo, mente e spirito. Per undici mesi, tutto nella sua vita è rimasto paralizzato: la sua ambizione professionale, la sua vita sociale, il sogno di sposare una giovane nobile.

La psicologia non esisteva, ma entrò in un processo psicologico di conoscenza di sé, ricerca del senso della propria vita e incontro con la propria coscienza. C’è una scoperta dei princìpi che sostengono le radici della persona; un’illuminazione sulla vita di grazia; un risveglio alla bontà del cuore e l’orrore per il peccato, che provoca le ferite più grandi negli uomini.

Per quest’uomo, grazie alla lettura della Vita di Cristo e di libri sui santi, la sua vita ha compiuto un giro di 180 gradi. Lesse quei testi perché leggere libri di cavalleria nel suo stato gli provocava ansia, repressione e frustrazione. La sua vita non sarebbe stata mai più la stessa. Non sarebbe mai diventato il grande militare che aveva immaginato e il seduttore che era stato fino a quel momento.

Tutte quelle letture furono per lui uno specchio in cui si vedeva riflesso, e capì che fino ad allora aveva sbagliato. Aveva una dignità, un corpo mosso dallo spirito, e una vita creata per qualcosa di più del successo. Dio lo chiamava all’eternità.

Chiedetevi come vi fermano le vostre ferite. Quali azioni avete intrapreso fino a questo momento per guarire? Quanto vi conoscete?

Ogni ferita è un invito alla scoperta di sé

Le ferite lo invitavano a prestare attenzione alla sua interiorità. È qualcosa di cui non aveva esperienza. L’ignoranza intorno al fatto di essere persona lo rendeva analfabeta su se stesso.

Fu nella solitudine della sua stanza che iniziò a rendersi conto di realità profonde del suo io, perché pensava “Chi sono io senza le mie gambe sane? Chi mi amerà se sono zoppo? Come supererò la vergogna di aver fallito in questa battaglia?” Tutto questo faceva parte del mondo psicologico, che cerca risposte per trovare il senso delle cose che ci accadono. Diventa necessario andare in un’altra regione. Per questo, Ignazio scese nel sotterraneo del suo essere, dove abita una Presenza che fino a ad allora era a lui sconosciuta. Conosceva le sue ferite, le importava del suo dolore, gli scopriva la sua essenza. Lo amava. È stato allora che ha sperimentato una metanoia della mente e del cuore ed è diventato pellegrino di Dio.

Confidare nella guarigione

Se dopo aver avuto una conversione si è vissuta l’esperienza profonda della guarigione interiore ma persistono condotte o sentimenti che non aiutano a crescere come persone e i fantasmi del passato continuano a ostacolare le relazioni, è importante ricorrere alla psicoterapia. Non si tratta di dubitare che Dio ci abbia guariti completamente, ma di riconoscere con umiltà che è arrivato il momento di essere accompagnati da un esperto per conoscersi meglio, crescere come persona e trasformarsi nella persona che si è chiamati ad essere.

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Sant’Ignazio ha avuto bisogno di anni per arrivare a quel punto di salute fisica, mentale e spirituale. All’inizio della sua conversione, possiamo leggere nella sua biografia, continuava a manifestare condotte aggressive che andavano contro lo spirito di mitezza di Cristo, ma la grazia era già in lui, e si rendeva conto di come le ferite continuassero a contaminare la sua vita.

Lontano dal rumore del mondo, in una grotta, luogo di incontro e di guarigione per molti, come nel mio caso personale, Ignazio venne educato, guarito e istruito dall’amore di Dio. Solo allora uscì nel mondo per aiutare a guarire altri. Lo dice molto bene il sacerdote gesuita Javier Melloni: “Dobbiamo stare nel rumore del mondo, dove la gente è ferita, e lì dobbiamo spezzare il pane e distribuirlo”.

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