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Noiose le litanie? Scopriamole invece. Specchio di perfezione

STATUA, MARIA, LAGO

Pascal Deloche | Godong

Annalisa Teggi - pubblicato il 05/05/22

Abbiamo specchi per moltiplicare all'infinito l'immagine di noi, senza riuscire a conoscerci un briciolo di più. Maria è specchio. Ci invita alla follia del riflesso: solo riverberando Dio possiamo conoscerci nel modo in cui ci ha pensati Chi ci ha fatti.

Giustizia, perfezione, santità

Dopo averla invocata con titoli spiccatamente femminili, Madre e Vergine, le litanie – quasi con un colpo di scena – si rivolgono a Maria con un appelletivo oggettivo, rigido e inanimato. Dopo Virgo fidelis si invoca Maria come Speculum Iustitiae.

Quest’appellativo si trova tradotto in italiano con formule diverse: specchio di giustizia, specchio di perfezione, specchio di santità divina. Iustitia è cristianamente complesso da tradurre. A noi viene subito in mente il tribunale, e non potrebbe essere più fuorviante. Quando le traduzioni “esplodono” significa che la parola originaria trabocca di significato. La vera giustizia ha a che fare con la perfezione (qualcosa che è compiuto, perfetto significa ‘fatto fino in fondo’) e la perfezione – intesa come compiutezza – ha a che fare con la santità. Ci si potrebbe spingere a dire che la nostra vera giustizia è diventare santi, e qui viene in soccorso l’acume di Don Giussani:

Il santo è l’uomo vero, un uomo vero perché aderisce a Dio e quindi all’ideale per cui è stato costruito il suo cuore, di cui è costituito il suo destino.

Da Perché la Chiesa

Maria-specchio riflette e riverbera il contenuto profondo e complesso di questa iustitia di cui noi sentiamo il bisogno a rovescio, inquadrandoci sempre irrisolti, imperfetti, insoddisfatti.

Specchio delle Sue brame

Dunque, dopo Madre e Vergine, Maria è specchio. Si fa un salto brusco nel mondo degli oggetti. Che parlano, in effetti. In occasione della Pasqua abbiamo proposto una nostra via crucis facendo parlare gli oggetti della Passione, tentando di trattenerci da un coinvolgimento puramente sentimentale, per stare invece alla presenza del fatto che ha segnato la storia umana.

Non c’è oggetto che parli di noi più dello specchio. Come brillantemente intuito da Arianna Porcelli Savonof la nostra epoca è quella dell’egozoico. Non c’è neanche più da lamentarsi, dice l’attrice con ironia affilata, di incontrare narcisisti ovunque: tutti lo siamo, piantiamola di rimanerci male. Siamo quelli che scambiano ogni superficie per un disco riflettente. Addirittura usiamo le persone come specchi. Ci sono dialoghi che nascono dalla scusa taciuta di ricavare dalle parole altrui un riflesso di sé che sia gratificante, confortante, celebrativo. Non è superbia, è un’insicurezza profondissima.

LUSTRO

Anche la Regina di Biancaneve era così insicura da mettersi a implorare uno specchio. Non interroga chi la conosce, non chiede neppure ai suoi servi, si rivolge a un disco di vetro per sapere chi è. Ha bisogno di uno strumento che amplifichi l’ego, non di relazioni vive e vere che mettano in discussione la sua persona. E per metterla giù in modo paradossale, si può dire che le Regine di questo mondo hanno e vogliono degli specchi, mentre la Regina del cielo è uno specchio.

La differenza è sostanziale. La prospettiva si ribalta completamente. Farsi specchio significa sradicare la sterilità del narcisismo alla radice. Avere tanti specchi ci permette di moltiplicare all’infinito l’immagine di noi, senza che questo ci porti a conoscerci un briciolo di più. Essere specchio è puntare sulla follia del riflesso: riverberando l’Altro mi conosco nel modo in cui mi ha pensato Chi mi ha fatto.

E Maria riflette molto. Tendenzialmente lo fa non stando ferma. La sua è una riflessione in atto. Va da Elisabetta, chiede il vino per gl’invitati a Cana, sta dietro al Figlio nella via crucis. Le sue azioni ce la mostrano come superficie riflettente della presenza e dei bisogni altrui. Più la Madonna sparisce facendosi specchio della relazione con Dio, attraverso chi incontra, più splende (i diritti SIAE di questa intuizione sono di Paola Belletti, che molto mi ha fatto riflettere – appunto).

E allora eccoci al bivio: o avere specchi ed essere schiavi delle nostre brame, o essere specchi e lasciarsi plasmare dalla brama ardente che Dio ha di farci Suoi.

Si diventa simili a chi si ama

Allo specchio si associa una certa inerzia e passività. Di suo non produce nulla, ma assume l’immagine di quello che riflette. Diventa perfettemente somigliante alla figura che ha di fronte. Verso chi è perennemente rivolta Maria, chi ha di fronte?

Ho trovato una riflessione del cardinale Newman che è come uno strike al bowling. Un’intuizione geniale, ecco.

Inoltre, cosa si vuol intendere chiamandola «Specchio»? Lo specchio è una superficie che riflette gli oggetti, come può fare l’acqua limpida, l’acciaio lucente o un vetro. E che cosa rispecchiò Maria? Rispecchiò, per quanto è possibile a una creatura, la santità divina; quindi è lo specchio di santità o, come si dice nelle litanie, di giustizia.

In che maniera Maria giunse a riflettere la santità di Dio? Vi giunse vivendo sempre con lui. Noi vediamo ogni giorno che le persone che si amano, vivendo continuamente insieme, diventano sempre più somiglianti fra loro. Al contrario le persone che non si amano come per esempio i membri di una famiglia che sono in discordia, quanto più a lungo sono insieme tanto più dissimili divengono.

Ma quando si amano, come il marito e la sposa, i genitori e i figli, fratelli e sorelle, amici con amici, col passare del tempo acquistano una rassomiglianza sorprendente e sempre più accentuata. Tutti possiamo costatare questo fatto. Nell’espressione dei lineamenti, nel timbro della voce, nel modo di camminare e di parlare, anche nella scrittura, divengono simili gli uno agli altri. Lo stesso accade per i loro pensieri, le loro opinioni, i loro gusti. E lo stesso si può dire dello stato delle loro anime, anche se noi non ce ne accorgiamo.

John Henry Newman

In effetti è un mistero strano quanto frequente: nel corso del tempo marito e moglie finiscono per assomigliarsi. La quotidianità di un rapporto vissuto insieme e prolungato nel tempo genera una somiglianza tale per cui, alla fine, si arriva a dire che si somiglia a chi si ama.

E chi ha amato Maria? Con chi ha avuto un rapporto quotidiano di amore, di relazione viva, di legame indissolubile? Con il Dio fatto Uomo. Dio l’ha resa somigliante a sé perché Lei lo ha amato nel riverbero di ogni suo gesto. Rispecchiava Dio nel senso che il suo essere era relazione indissolubile e presente con Lui. Le si legge in volto l’Amore di Dio, così Maria è specchio.

E cosa si legge in faccia a noi?

La sua perfezione ci salva dal nostro perfezionismo

Narciso morì affogato nel tentativo di abbracciare la propria immagine riflessa. Il mito classico può essere letto come un’attesa bruciante dell’uomo di avere risposte alternativa alle tragedie autoinflitte. Lo specchio è uno strumento di morte se lo si impugna e lo si rivolge verso sé.

Nella corsa spasmodica per essere perfetti, all’altezza, brillanti, lo specchio è il nemico più impietoso. Cadiamo dentro la sua trappola, e anneghiamo nel tentativo di abbracciarci. Sì, la Regina di Biancaneve era molto insicura quando implorava allo specchio di darle la risposta che si aspettava. Non siamo diversi da lei. Il nostro perfezionismo, la smania di riconoscimento, si riassume bene nella frase “la più bella del reame”. Grammaticalmente è un superlativo relativo. Vogliamo eccellere avendo il resto del mondo come pietra di paragone, ingannandoci parecchio: non ci consola per niente essere di più del vicino di casa, del collega di lavoro, dell’amica di palestra.

Maria punta al superlativo assoluto. Ci ricorda che abbiamo bisogno di quella iustitia da cui siamo partiti. Una giustizia che sia perfezione (compiutezza), che sia santità.

Non basta il reame, occorre il cielo. Dal cielo scende la risposta che frantuma la piccineria della Regina di Biancaneve. Ed è la voce dell’angelo che chiama Maria, piena di grazia.Ecco la bellezza di chi si specchia in Dio. La più bella è Colei che è piena della grazia di Dio, e si lascia riempire del Bene gratuito riversato dal Padre.

Lascia che Dio ti riempia, ci dice Maria. Nel perfezionismo si affoga come Narciso, mentre la giustiza che aspettiamo deve pioverci dentro, dilatarsi fino a riempire ogni fessura.

VIRGIN

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