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Una suora e una monaca sono la stessa cosa? La risposta potrebbe sorprendervi

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Matilde Latorre - pubblicato il 13/05/22

Alcuni termini a volte usati in modo sbagliato ci permettono di scoprire il ruolo da protagonista nella Chiesa delle donne, prime testimoni della Resurrezione di Cristo

Qual è la differenza tra una “monaca” e una “religiosa”? È lo stesso che “consacrata”? La risposta è molto più trascendente di quanto potrebbe sembrare, perché permette di scoprire il contributo decisivo a cui è chiamata la donna nella Chiesa in base alle varie vocazioni di dedizione a Dio.

Nel linguaggio comune si usano indistintamente quattro termini: “monaca”, “suora”, “religiosa” e “consacrata”. Scopriamo le differenze.

Una monaca è una donna che ha sentito la chiamata a consacrare totalmente la sua vita a Dio in un’abbazia, un monastero o un convento, nella vita contemplativa.

Emette (come le religiose) i voti di povertà, castità e obbedienza, ma cerca anche quotidianamente Dio in una vita di comunità che potrebbe definirsi, in un certo senso, lontana dal mondo.

La sua vita è dedicata soprattutto alla preghiera e al lavoro, come nel caso dei monaci dei monasteri. Queste donne vivono la propria consacrazione a Dio in monasteri o conventi “di clausura”, ovvero in cui non possono convivere con altre persone.

Nello spazio della clausura, riservato alle monache, possono entrare solo sacerdoti, personale medico e altri lavoratori necessari per il mantenimento del monastero o convento. 

Le monache lasciano la clausura solo per necessità mediche o attività collegate al monastero.

Questa vita di consacrazione a Dio in un monastero può intendersi solo alla luce della fede: queste donne donano la propria vita a Dio nella clausura per presentare al Signore le intenzioni dell’umanità.

Ciò spiega il motivo per cui la patrona delle missioni è Santa Teresina del Bambin Gesù, la giovane monaca di Lisieux la cui irradiazione arriva oggi in tutto il mondo, anche se è morta ad appena 24 anni nel convento di monache carmelitane del nord della Francia da cui non era mai uscita.

Alcuni degli ordini di monache più diffusi nel mondo sono le Agostiniane, le Carmelitane, le Benedettine, le Cistercensi le Clarisse e le Domenicane.

2 Religiosa

Tutte le monache sono religiose, ma non tutte le religiose sono monache. Monache e religiose sono unite dai tre voti che fanno davanti a Dio e alla Chiesa: povertà, castità e obbedienza. Le religiose che non sono monache non vivono nella clausura del loro monastero.

Le religiose vivono la loro missione di annuncio di Gesù tra i loro fratelli e le loro sorelle. Nel linguaggio comune della Chiesa, si dice che conducono una vita “attiva”, mentre le monache ne conducono una “contemplativa”.

Oltre a vivere quotidianamente un’intensa vita di preghiera, una religiosa offre la sua vita agli altri in vari ambiti, come la salute, l’istruzione, il lavoro sociale, l’assistenza spirituale, l’opera missionaria, l’evangelizzazione nei mezzi di comunicazione e la cura degli anziani e degli orfani.

Una religiosa appartiene a una congregazione religiosa, una famiglia spirituale costituita da donne come lei che si occupano di uno o vari di questi settori, in base al carisma (o spirito) della fondatrice della congregazione.

Tra le congregazioni di vita attiva più note ci sono le Piccole Sorelle dei Poveri, le Carmelitane Missionarie, le Francescane Missionarie, le Francescane di vari carismi, le Figlie di San Paolo (o Paoline), le Figlie di Gesù e le Figlie di Maria Ausiliatrice.

3 Suora

Il concetto di “suora” è più ampio, non è tecnico. In generale, nella Chiesa si applica familiarmente alle donne che hanno consacrato la propria vita a Dio e che non sono superiore di una comunità, nel qual caso vengono in genere chiamate “madre”. 

I più rigoristi potrebbero argomentare a lungo sulle differenze tra le due, ma la maggior parte delle suore si riferisce a se stessa come a “monache” e la maggior parte delle suore si chiama “suora” tra loro. Anche se ci sono delle differenze, quindi, alla maggior parte delle religiose il termine non importa.

Molte donne consacrate in congregazioni e ordini religiosi hanno ancora oggi l’abitudine di prendere un nuovo nome il giorno in cui professano i voti di povertà, castità e obbedienza o in cui entrano a far parte della comunità religiosa.

Un’aspirante è chi vive per un periodo con una comunità per vedere se si sente attirata da quella vita e a suo agio con quella comunità, oltre che per essere valutata anche dalla comunità stessa. In alcuni casi, questa tappa viene chiamata “pre-postulato”.

Altri termini complicati

Anche se i termini pososno cambiare, negli ordini e nelle congregazioni religiose si attribuisce un termine ai vari passi che compie una donna che decide di consacrarsi a Dio.

Il primo passo è quello della postulante. È una donna che vuole consacrarsi a Dio e che si è già trasferita formalmente nella comunità e vive con questa, anche se resta in una fase di discernimento e intensa meditazione per definire la propria vocazione.

In base alla comunità, il postulato dura da sei mesi a un anno, e in questo periodo la donna può essere chiamata “suora” o no. Questo e il fatto che la postulante porti o meno un tipo di uniforme o rispetti un semplice codice di abbigliamento dipendono dalle varie comunità.

Una novizia (dal latino novicius, nuovo o recente) è una postulante che è stata accolta formalmente all’interno della comunità. Si potrebbe dire che sia una principiante.

Il noviziato – in genere (ma non sempre) di due anni – dà inizio a un periodo di intensa formazione e di studio, e di profonda esperienza della preghiera accompagnata da una formazione sia canonica che apostolica.

Anche se la comunità ha un abito e adotta un nome religioso (alcune fanno entrambe le cose, altre nessuna, e alcune comunità lasciano la questione alla scelta personale della suora o monaca), tutto accade in genere all’ingresso nel noviziato, e la suora prende il velo bianco.

Alcune comunità permettono il cambio di nome all’inizio del noviziato, ma rimandano l’abito alla professione dei primi voti o viceversa.

Visto che il noviziato viene considerato ancora parte di una fase di discernimento nella vocazione, la novizia è libera di lasciare la comunità in qualsiasi momento (e ovviamente le si può anche consigliare di abbandonare la vita religiosa se si considera che non sia adatta).

I primi voti si realizzano quando la novizia ha completato il noviziato, ha chiesto l’ammissione formale ai voti e la direzione della comunità ha visto in lei una vocazione autentica all’ordine o alla congregazione.

La novizia realizza dei voti “semplici”, vincolanti per la legge canonica durante un periodo di tempo specifico, in genere da tre a cinque anni, a volte di più.

Ora viene considerata un membro di “professione temporanea” della comunità, e può lavorare a un apostolato e firmare usando l’abbreviazione corrispondente alla sua comunità.

La professione temporanea è ancora un periodo di discernimento, e quindi una religiosa può ancora chiedere la separazione, ma visto che i voti sono canonici, ciò richiede un processo più formale.

I voti finali (o perpetui; nel monacato viene chiamata “professione solenne”) si realizzano quando la religiosa professa i suoi voti per la vita come membro della comunità.

Nella maggior parte dei casi, firma la sua dichiarazione di voti sull’altare e la mostra ai presenti. Si tratta, quindi, di voti canonici, riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa.

In questo momento è già una religiosa di voti perpetui, in un certo senso una “professionista” della vita religiosa, e come in qualsiasi professione, la formazione è continua e dura tutta la vita.

Vocazione della donna

Questi termini, più o meno familiari, nascondono tuttavia qualcosa che viene poco compreso: il ruolo protagonista della donna nella Chiesa.

I Vangeli spiegano chiaramente che le donne sono state le prime testimoni della Resurrezione di Gesù. Le donne che seguivano Gesù sono state le prime ad accorrere alla Sua tomba, e quelle che poi avrebbero annunciato al mondo il Suo Vangelo.

La storia della Chiesa per più di venti secoli non si può comprendere senza il ruolo protagonista di queste donne.

Quando parliamo di “monache”, “religiose”, “laiche consacrate”, “vergini consacrate” o “suore” in generale, non stiamo facendo altro che descrivere cammini diversi di vita con cui donne di tutti i continenti seguono totalmente Dio e offrono la propria vita per l’umanità.

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