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Pilotava un aereo con i suoi figli e chiedeva a Dio di farlo cadere

PILÑOT

Shutterstock | Yulai Studio

Jesús V. Picón - pubblicato il 16/05/22

Sua madre era morta, e lei non vedeva via d'uscita alla sua profonda tristezza

Era tanto il dolore nel suo cuore che chiedeva a Dio di far cadere l’aereo che stava pilotando. Non pensava tanto alla presenza dei suoi figli, che erano con lei, ma solo alla profonda sofferenza che le lacerava l’anima. Il silenzio di Dio era quello che la spingeva a chiedergli di far cadere l’aereo in quel momento.

La storia di Ana Barton è forse di quella di tante altre donne che soffrono per gravi ferite e a poco a poco vengono trascinate in un abisso di dolore da cui non riescono a uscire. Dio non ha realizzato il suo desiderio, e l’aereo è atterrato al sicuro. Quel giorno anche la sua anima è atterrata tra le braccia di Dio, che hanno fatto passare la sua vita dal dolore alla grazia, con una missione da compiere: la conversione di suo marito.

Ana Barton, grazie per aver voluto parlare con noi. Dove sei nata?

Mi chiamo Ana Cristina Briseda Cuevas e sono nata a Irapuato, Guanajuato, in Messico. Ora sono Ana Cristina Barton, e mi piace essere chiamata Cristi.

Quali doni e talenti ti ha donato Dio?

Credo che il Signore mi abbia dato il talento di imparare lingue come l’inglese e il francese, e penso che nel Suo progetto divino abbia voluto così perché in futuro vivessi qui, negli Stati Uniti. Mi piace poi servire Lui e aiutare la gente.

Com’era l’ambiente familiare in cui sei cresciuta?

La mia era una famiglia di quattro figli. I miei genitori, Salvador e María Luisa, si sono sposati giovani, e mi sembra che siano arrivati a festeggiare 50 anni di matrimonio. Sono cresciuta in una famiglia cattolica e ho frequentato scuole cattoliche fino alle superiori.

ANA CRISTINA BARTON

Parlami del fatto che hai pilotato un aereo. Perché hai voluto volare?

Poco tempo dopo la morte di mia madre, mio marito ha voluto regalarmi qualcosa che mi distraesse. Era un regalo per la Festa della Mamma, e voleva offrirmi un’esperienza, qualcosa che potessi ricordare. Gli è venuto in mente di sorprendermi con delle lezioni di volo in un piccolo aereo in cui, dopo un certo numero di ore, ti danno un biglietto per poi prendere la licenza da pilota. Ho preso queste lezioni in North Carolina.

Durante la prima lezione sono salita con i miei due figli, e mentre il pilota mi spiegava il funzionamento, per un momento mi ha lasciato pilotare l’aereo. Nella foto di quel giorno sembro molto allegra, ma in fondo ero decisamente depressa per la morte di mia madre, pensavo che non ci fosse via d’uscita, chiedevo al Signore di far cadere l’aereo. Per fortuna non mi ha ascoltata.

Come descrivi l’esperienza di volare?

Per me è stata un’esperienza diversa, perché anche se Dio è ovunque mi sentivo molto vicina a Lui. All’epoca i bambini erano molto piccoli, ma sorpresi perché non erano mai saliti su un aereo in cui ciascuno aveva il suo finestrino, né in cui la mamma era il pilota. È stata la prima e l’ultima volta per me.

A volte come mamma è questo il tuo ruolo, saper pilotare la famiglia…

Mi piace che vedano che faccio molte cose diverse. Che si possono fare tante cose, sempre nella misura in cui rendiamo gloria a Dio.

Quale ritieni sia stata la notte più oscura della tua vita?

La morte di mia madre. Mio padre è morto all’improvviso. Sono volata in Messico per vederlo in ospedale e sono riuscita appena a congedarmi e a pregare con lui. In quel momento sentivo che la mia fede era forte, ma non ero preparata a perdere mia madre nove mesi dopo.

All’inizio credevamo che avesse la depressione per il lutto che stava vivendo o che fosse una cosa propria dell’età, e quando ci siamo resi conto che era un cancro non c’era più niente da fare. È stato un colpo molto duro, perché quando è morto mio padre sentivo che la mia fede era solida, ma con la morte di mamma ho avuto una crisi di fede. Mi sono allontanata dalla Chiesa, mi sono lamentata con Dio perché volevo una guarigione miracolosa per mia madre.

Mamma è morta nel 2015, e nel 2017 ho assistito a un ritiro in cui uno degli esercizi era meditare su un’immagine artistica in cui Maria sostiene il corpo inerte di Gesù. In quel momento il Signore mi diceva che, anche se Maria stava vivendo un momento molto doloroso, era al contempo un momento di amore immenso. L’amore che provava era palpitante. Ho visto tutti i momenti in cui mi sono lamentata con il Signore, in cui gli chiedevo: “Dove sei?” Una volta mi ha risposto: “Sono sempre stato qui”. In quel momento ho iniziato a piangere.

ANA CRISTINA BARTON

Quale esperienza ti ha riportato tra le braccia di Dio?

Tempo fa, verso i 18 anni, avevo smesso di praticare la mia fede, ero distratta da varie cose, ma sapevo che dovevo tornare a cercare il Signore. Mi sono confessata e ho ripreso a recitare il Rosario. Quando è morta mia madre, dopo aver fatto le bizze ed essermi ribellata a Dio, ho continuato ad essere fedele. Ho capito che l’unica persona che stavo ferendo era me stessa.

In quel piccolo ritiro mi sono resa conto che Lui non mi aveva mai lasciata, e neanche Maria. Il Signore ci ama tanto che continua a rincorrerci quando ci allontaniamo; è sempre lì. Questo mi aiuta anche a spiegare ai miei figli che anche se non Lo sentono Lui è sempre lì. Insegno loro a non fermarsi ai sentimenti negativi, ma a cercare il Signore.

Com’è stato vivere negli Stati Uniti?

Mi sono sempre adattata alle cose. Sono ormai da vent’anni in questo Paese, anche se sento sempre di non essere di qui, ma quando sto in Messico dico “Non sono neanche di qui”. A volte bisogna capire che si appartiene al cielo, e che siamo qui per qualche motivo, perché il Signore ha sempre un progetto.

Quali sono attualmente le tue attività?

Ho un titolo universitario in Commercio Internazionale conseguito presso l’Università di Greensboro, ma quando mi sono trasferita in Virginia ho iniziato a lavorare come volontaria in un gruppo di mamme, ed è stato allora che sono tornata a praticare la mia fede. Chiedevano volontarie per fare le catechiste, e ho sentito la voce del Signore che mi diceva, in modo dolce e fermo, “Proponiti”.

Mio marito non è ancora cattolico, e io dicevo al Signore: “No, Signore, qualcun altro”, ma mi è piaciuto, perché insegnando ai bambini sono tornata ad approfondire la mia fede. Ho fatto dei passi avanti e ho iniziato ad andare in una chiesa vicino casa mia in cui mi dicevano che c’era bisogno di persone che parlassero spagnolo, e ho cominciato ad aiutare con la catechesi dei bambini. Ho anche iniziato a fare l’insegnante di spagnolo in una scuola luterana, ma con gli anni non mi hanno rinnovato il contratto, dicendo che “non ero adatta”.

ANA CRISTINA BARTON

Sono tornata alla Chiesa e ho detto: “Signore, mettimi dove vuoi”. E ho subito iniziato a lavorare come coordinatrice della fede per i bambini. Dicevo sempre che volevo un titolo in Teologia, e grazie al sostegno della diocesi questo è il mio secondo anno all’Università di San Leo, in Florida, il che mi permette ora di lavorare nella formazione degli adulti nella fede.

Hai detto che Dio ci rincorre. Senti questa sete, questo desiderio di Dio?

Sì. Una volta che si inizia a togliere la polvere dal cuore, si comincia a sentire la sete del Signore, e quando si inizia a conoscerlo ci si rende conto che non si sa niente, che ci sono tante cose da conoscere. Mi sono resa conto che avevo questo desiderio di conoscerlo, e volevo farlo con ogni mezzo.

Come amare una persona che non professa la nostra religione? Come hai affrontato la questione con tuo marito?

Non è stato facile. Più io mi avvicino, più lui si allontana. Quando non praticavo la fede le cose andavano molto bene. Conoscendolo e sapendo che è una brava persona, non dubito che un giorno possa convertirsi, ma siamo sposati già da vent’anni e non è accaduto, per questo mi affido ai santi. C’è una santa, Santa Elizabeth Leseur, il cui marito era ateo e cercava sempre di screditare la fede, ma quando lei è morta lui ha trovato il suo diario e ha finito per diventare sacerdote. Questa storia mi ispira e dico al Signore: “Anche se non vedrò la sua conversione, magari si verificherà”.

Non è facile, ma confido nel fatto che tutto ciò che è positivo in mio marito viene da Dio. Tutto ciò che è buono viene da Lui. So che nella sua conversione il Signore opererà.

È ateo o di qualche altra religione?

Credo che non sappia cos’è, è tra l’agnosticismo e l’ateismo. Forse per le sue esperienze di vita crede che Dio non sia intervenuto nella sua esistenza.

Permette tutto ciò che fai?

Lo tollera. All’inizio mi diceva “Vai un’altra volta lì?”

Era una lotta anche portare i bambini in chiesa, perché lui non voleva che ci andassero. A mio figlio però piace fare il chierichetto, e a volte dice che vuole diventare sacerdote. Mio marito è stato in chiesa solo quando abbiamo battezzato i bambini, alla loro Prima Comunione e al funerale di mia madre.

Ti mette in discussione?

Sì, ma devo imparare a rispondere senza arrabbiarmi con lui. Prego ogni giorno per la sua conversione. È una bravissima persona, aiuta sempre ed è disponibile per gli altri.

In questo momento ci sono pace e felicità?

Sì. So che il Signore non mi abbandonerà finché continuerò a rinnovare la mia alleanza con Lui, finché continuerò a rialzarmi. C’è una frase che mi piace molto e dice: “Santo non è colui che non pecca, ma quello che si rialza più rapidamente”. Non dubito che Egli sia con me nelle mie lotte. È Lui il pilota.

Tre cose che desideri?

La conversione di mio marito.

Andare in Terra Santa.

Vedere uno dei miei figli diventare sacerdote.

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