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Noiose le litanie? Scopriamole invece. Rifugio dei peccatori.

MARIA, DIPINTO, NAUFRAGO

Philippe Lissac | GODONG

Annalisa Teggi - pubblicato il 18/05/22

Proprio al cospetto di Lei, che è senza peccato, ci riconosciamo peccatori, anime in cerca di riconciliazione. Sotto il suo manto non nascondiamo la nostra vergogna, Le chiediamo che ci protegga dal male e ci riaccompagni a casa.

Usiamo ancora l’espressione latina refugium peccatorum, tendenzialmente in senso negativo. E ci si riferisce a qualcuno che svolge la funzione di raccogliere lo sfogo delle nostre schifezze, confessioni che non si possono fare alla luce del sole.

In questo caso il rifugio è molto simile al bidone dell’immondizia e i peccati sono proprio scarti di cui ci vergognamo, da tenere nascosti. E il verbo ‘tenere’ vuol proprio dire che, quando vomitiamo addosso a qualcuno queste confessioni, non ce ne vogliamo liberare, abbiamo solo bisogno di sfogarci. Poi continuiamo ad andare avanti coi nostri comportamenti poco encomiabili.

Il titolo mariano Rifugio dei peccatori è proprio l’antitesi di questo stile di vita. Può sembrare un ossimoro avvicinare il peccato a Maria, Lei che le stesse litanie lodano come Regina concepita senza peccato. L’immagine più domestica che mi viene in mente è quella dei miei figli che corrono in casa dopo aver giocato all’aperto tutto il pomeriggio. Vengono da me e si spogliano dei vestiti da smacchiare.

Così noi mettiamo di fronte alla Madre, candidissima, il bisogno di essere puliti, da capo ogni giorno.

CHILD, BLUE EYES, MUD

Il peccato e l’Immacolata

Se c’è una cosa che il nostro tempo non digerisce è proprio l’idea astratta di peccato. Non c’è perciò da stupirsi che un certo concetto distorto di peccato voglia essere cancellato, a favore di un pensiero debole e indulgente in base a cui ogni cosa è lecita e “vai bene così come sei”. A parole possiamo essere ingannati, ma nell’anima no. Ed è lì che i conti non tornano. Nella coscienza non va tutto bene. C’è – la sentiamo – una tempesta perennemente in corso, un tumulto poco gradevole.

Proprio rispetto a questa macchia interiore ci viene in soccorso l’ipotesi cristiana che il peccato non sia un’idea astratta, né tantomeno sia un motivo di pura accusa. Chesterton insistette molto nel ricordare ai suoi contemporanei che ogni teoria lieta della vita parte dal riconoscimento oggettivo del peccato.

I moderni scienziati sono fissati col bisogno di cominciare ogni indagine con un fatto. Anche gli antichi capi religiosi erano altrettanto fissati con questa necessità. Essi partivano dal fatto del peccato – un fatto concreto quanto le patate. Che un uomo potesse o meno essere lavato in acque miracolose, non c’era alcun dubbio sul fatto che volesse essere lavato. Ma certe guide religiose a Londra, non semplici materialisti, hanno attualmente cominciato a negare non tanto quelle acque fortemente discutibili, ma lo sporco indiscutibile. Certi nuovi teologi contestano il peccato originale, che è l’unica parte della teologia cristiana che può davvero essere provata.

Da Ortodossia

Il peso del peccato c’è, lo sento come il peso delle patate nella busta della spesa. E lo sente ogni uomo, anche senza che si professi religioso, in quel bisogno di essere lavato che insegue con vaghe pratiche di purificazione, di detox, di un rilassamento che cancelli proprio quegli indefiniti pesi interiori. Siamo molto lontani dal Confessionale oggigiorno, ma solo lì c’è l’unica risposta davvero all’altezza del bisogno umano di pulizia, chiarezza, visione riconciliata di sé.

KIEROWNICTWO DUCHOWE

E infatti Chesterton, come diretta conseguenza al ragionamento prima riportato, si convertì proprio perChé la Chiesa cattolica era l’unico luogo in cui poteva fare esperienza della remissione dei suoi peccati .

E Maria cosa c’entra? Quest’esperienza di opacità interiore non le appartiene. Lei, tota pulchra. Può essere Lei la mano che ci riaccompagna a ritrovare la via del confessionale, all’incontro con la riconciliazione che attendiamo. Il buio non le è estraneo del tutto.

Il buio di Maria

Documentandomi un po’ sull’appellativo di Rifugio dei peccatori, ho trovato una riflessione del Beato Fulton Sheen che mi ha portato fuori strada. Cioé in un territorio inesplorato, e stupendo. Beate davvero queste menti capaci di penetrare il senso meno scontato del Vangelo, toccando allo stesso tempo i nostri nodi quotidiani.

Non mi sarei neanche sognata lontanamente che l’episodio di Gesù smarrito nel tempio potesse aver a che fare con l’affetto con cui Maria ci tiene da peccatori sotto il suo manto.

Sua Madre gli disse: “Figlio perché ci hai fatto questo? Tuo padre ed io ti abbiamo cercato con dolore!”. L’ anima di Maria si trovò immersa nelle più fitte tenebre perché Ella, per tre giorni, aveva perduto il suo Dio! Fu in tale occasione che Maria, la Madre Immacolata, diventò con più vero significato il Rifugio dei Peccatori.

Come poteva Colei che mai aveva perduto il suo Dio conoscere i tormenti di un peccatore, di un’anima che ha smarrito il proprio Dio mediante le proprie colpe?

Ecco la risposta: Che cos’è il peccato? Il peccato è la separazione da Dio. Orbene, nella privazione di quei tre giorni, Maria rimase fisicamente separata dal Figlio Gesù, e quindi anch’essa aveva perduto il suo Dio!
Dunque la separazione fisica dal Figlio può servire da simbolo per la separazione spirituale degli uomini da Dio. Il dolore dà a Maria la possibilità di indovinare i sentimenti dei peccatori, pur conservando intatta l’anima. 

Da L’Eterno di Galilea

Ricordo bene, da madre, come mi sono sentita quando ho perso per poco meno di un’ora mio figlio. Non provo questo terrore buio, questa apnea vertiginosa verso i miei peccati. Non li ho mai pensati come una separazione, anche se l’effetto – a pensarci bene – è proprio quello: un vuoto inospitale che soffoca.

Quando penso ai miei peccati prevale la vergogna, cioé il mio orgoglio. Guardare Maria, lasciarsi accompagnare da Lei verso la riconciliazione, è proprio cambiare rotta. Non abbiamo bisogno di sfogare le nostre schifezze, non dobbiamo neppure essere schiavi della vergogna. L’unica premura è trovare di nuovo Dio (non essere separati da Lui), pulendo la strada per correre più veloci verso di Lui. Verso la casa che è il suo abbraccio.

Rifugio, non nascondiglio

Non solo il peccato, ma anche il termine rifugio potrebbe essere equivocato. Potrebbe essere inteso come nascondiglio, quello dove si mette il bambino dopo aver fatto una marachella. Per non essere trovato. Maria non ci nasconde, non ci offre una scappatoia comoda per evitare la contrizione dei peccati.

A questo proposito Sant’Alfonso Maria de Liguori ha spiegato bene il senso del rifugio che è la Madonna:

Uno dei titoli con cui la santa Chiesa ci fa ricorrere alla divina Madre e che maggiormente rincuora i poveri peccatori, è il titolo “Rifugio dei peccatori”, con cui la invochiamo nelle litanie. Anticamente vi erano nella Giudea città di rifugio, dove i delinquenti che vi si rifugiavano erano liberi dalle pene meritate. Al presente non ci sono città rifugio come allora, ma c’è Maria, di cui fu detto: Di te si dicono cose stupende, città di Dio (Sal 86,3). Con questa differenza: che, mentre nelle città antiche non trovavano rifugio tutti i delinquenti, né per tutte le specie di delitti, sotto il manto di Maria trovano scampo tutti i peccatori e per ogni specie di delitto commesso; basta rifugiarvisi. “Io sono la città di rifugio per tutti coloro che vengono a me”, fa dire alla nostra Regina San Giovanni Damasceno. 

Da Le glorie di Maria
VIRGIN MARY

Alla luce di quanto detto all’inizio, mi spingo a dire che oggi il manto di Maria può essere uno spazio protetto in cui innanzittutto riconoscerci peccatori. Alla luce della sua purezza si smaschera la bugia moderna del ‘vai bene così come sei’. Un tempo le città rifugio esistevano perché era ignota la misericordia, oggi è una gran misercordia che la Madre Celeste ci raccolga come peccatori, cioé anime in cerca di riconciliazione. Lei, che pesta il serpente, sa che il male si apposta ancora nei prati della nostra vita.

In salita

Non da ultimo, penso al rifugio in contesto montanaro. Che gran ristoro è sedersi e rifocillarsi dopo una faticosa salita. E talvolta sembra quasi impossibile che si sia riuscita a costruire baite con ogni ben di Dio su certi picchi montuosi. Maria è così, un punto di ristoro messo in cima a un monte.

Se Lei è un rifugio, lo è perché ci fa salire. Ci chiede la fatica di una salita alla sua altezza. O meglio, tendendo alla sua altezza. Da lassù la vista è magnifica e si respira aria buona. Il fiatone è solo un ricordo, ed è il ricordo di una fatica spesa bene.

Non è un posto buio dove nascondersi e impigrirsi, Maria è una casetta arroccata in Cielo. Ci chiama, ci aspetta. Ci mostra il sentiero che esce dalle paludi del nostro male.

RIFUGIO, MONTAGNA, NEVE
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