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Napoli, due giovani sorelle sfregiate con l’acido per strada dalla zia

RAGAZZE, CAMMINARE, STRADA

M-Production | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 31/05/22

Le sorelle aggredite hanno 24 e 17 anni, la zia che ha confessato la violenza ne ha 22. Un gesto nato da rancori familiari che covavano da tempo.

Rancori familiari, sembra dunque questo l’orizzonte che ha portato al gesto violento di sfregiare due giovani ragazze per strada. Dopo ore di indangini serrate da parte degli inquirenti ha confessato la zia di Elena e Federica, una ragazza di 22 anni: sarebbe stata lei nella notte di due giorni fa a rovesciare una bottiglia di acido addosso alle nipoti, mentre passeggiavano per le vie del rione Sanità di Napoli.

Elena e Federica sono due sorelle, la prima di 24 anni, già madre di una bimba, la seconda di 17. Unitissime, sempre insieme. Passeggiano prima di rincasare nel vicino vicoletto dei Cinesi, in realtà il loro è un azzardo. È già l’una e venti, tardissimo. Il silenzio della strada viene rotto all’improvviso dal rombo dei motorini che piombano su di loro. Unica certezza che arriverà dal successivo racconto delle vittime è che i tre scooter erano guidati da tre ragazzi più o meno loro coetanei e che ognuno aveva una ragazza come passeggera. Tre coppie, una delle ragazze ha in mano la bottiglia piena di acido.

Da Repubblica

Si chiama Francesca la zia che dovrà rispondere alle accuse di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso e violenza privata. A quanto pare, l’oggetto della sua vendetta era la sorella maggiore, Elena, mentre l’altra, Federica, sarebbe stata colpita per sbaglio.

Un aspetto della vicenda resta ancora incognito: dalle ricostruizioni risulta che gli scooter coinvolti nell’aggressione fossero tre, ciascuno con due persone a bordo. Chi sono gli altri 5 che hanno accompagnato la zia in questa vera e propria spedizione punitiva?

Botte e auto incendiate

All’inizio, questo tragico fatto di cronaca è stato presentato coi contorni sfumati sul movente. Non era esclusa neppure l’ipotesi di un assalto casuale a delle ignare passanti. Il che delineava uno scenario assolutamente inquientante. Ma l’aggressione al viso è un gesto molto personale come atto lesivo. Ne siamo diventati purtroppo consapevoli a causa di fatti di cronaca come quelli di Gessica Notaro e Lucia Annibali.

L’intenzione di sciogliere il volto parte da un rancore specifico per la persona che si aggredisce, al punto da voler cancellare i tratti più significativi della sua persona. Volto è identità.
E oggi le indagini hanno confermato che è così anche nel caso delle sorelle di Napoli. Ma proprio quel movente terribilmente frequente nella cronaca, rancori familiari, suggerisce che questa non è una storia lineare in cui c’è i buoni sono da una parte e i cattivi dall’altra. Sotto accusa, semmai, è la capacità umana di avvelenare i rapporti, e l’incancrenirsi nell’odio, soprattutto in ambito familiare.

Avrebbe agito a causa di forti tensioni familiari legate ad una vecchia vicenda di abusi, tensioni che si sono inasprite a causa di messaggi postati sui social e che avevano già portato a episodi di violenza: in due circostanze Elena e Federica, che hanno 24 e 17 anni, avrebbero picchiato Francesca, mentre quest’ultima è sospettata di avere dato fuoco circa tre settimane fa alla Smart in uso alle due sorelle.

Da Corriere
SCOOTER, NAPOLI, NOTTE

Alcune testate titolano dicendo che ‘il caso di Napoli’ è stato risolto in fretta. Ma si può dire risolto questo garbuglio familiare?

La famiglia allargata

Le ricostruzioni sui retroscena della vita delle persone coivolte in questa storia si stanno moltiplicando. E considerando le tante tracce social che tutti siamo abituati a lasciare, c’è pane per i denti del gossip.

Vero è che tutto avrebbe la sua origine ferita in una famiglia allargata, ma non affiatata.

Secondo quanto sostiene l’agenzia di stampa Agi alla base del gesto ci sarebbero profondi contrasti in ambito familiare e una storia sentimentale complicata. Il nonno di Elena e Federica ha avuto una figlia dalla prima moglie e due, tra cui Francesca, da un’altra donna. Anni fa sono nati dei contrasti interni alla famiglia allargata. Le due sorelle vittime del lancio di acido avrebbero picchiato in un’occasione in strada la zia Francesca che avrebbe deciso di vendicarsi così.

Da Open
RAGAZZE, SORRIDENTI, ABBRACCIO

L’aggressione con l’acido da parte della zia 22enne sarebbe stata una vendetta alle botte prese. Uno stillicidio di ritorsioni in cui l’asticella della violenza si alza all’inverosimile, conosciamo il veleno di questa tentazione che è proprio più forte lì dove i rapporti si fanno stretti. Vale in ogni famiglia, anche quella allargata su cui esiste una narrazione molto edulcorata. I vip, in particolare, sono molto bravi a mostrare l’apparenza di storie in cui loro relazioni che finiscono, ma restano in buoni rapporti.

Ci si sposa, poi ci si separa, poi ci si risposa. E si resta tutti amici. Questo copione mediatico è frequente e nasconde il bisogno di chiudere in fretta le ferite. Che restano. Così come restano anche nella più tipica delle famiglie definite tradizionali. Perché ogni famiglia è sede di un conflitto che si moltiplica in mille specie di battaglie. Chiunque sia onesto, proprio riguardo alle persone che ama di più, non direbbe mai che sono si è in buoni rapporti: sono rapporti sudati, feriti, imperfetti sempre. Il buono dei rapporti ce lo si conquista come impresa meravigliosa, ma non facile.

Parenti serpenti

Il detto parenti serpenti non è frutto di una visione pessimista. Il serpente s’infila proprio tra i parenti, lì dove i legami di sangue e convinvenza sono più profondi e viscerali. Il serpente, infatti, s’infilò proprio tra Adamo ed Eva.

Se apriamo qualunque giornale, a fianco o sotto ai titoli dedicati alle sorelle sfregiate, troviamo numerosi altri casi di violenza di figli sui padri, di mariti sulle mogli, di fidanzati lasciati. E, ancor prima, se guardiamo alla trama quotidiana delle nostre vite, questi segni venefici tra le quattro mura di casa ce li abbiamo addosso o vicino.

Questa consapevolezza può spaventarci o incoraggiarci. La famiglia, proprio perché è sede dell’ipotesi dell’amore gratuito con cui Dio ha creato il mondo (e alveo della vera libertà della persona), è e resta il bersaglio più colpito dalla tentazione diabolica della separazione, nelle mille accezioni in cui si manifesta. Questi rancori familiari covano.

Il coraggio di disinnescare il circolo vizioso degli odi, delle ripercussioni, dei silenzi irati richiede una speranza robusta, quella che animò San Paolo quando scrisse:

La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità. […]Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. […] Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene.

Lettera ai Romani, cap 12.

Premurosi nell’ospitalità. Significa anche fare spazio dentro di noi al mistero incomprensibile di un altro essere umano che ci sta vicino, che è parente. Tostissimo. Eppure è proprio questa proposta che spezza le gambe alle ritorsioni del male. Il contrario dell’acido che scioglie il volto è custodire nell’anima ogni volto a noi prossimo con la premura addolorata che ebbe Maria nel guardare suo Figlio crocifisso.

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