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Sacerdote di fronte all’attacco terroristico in Nigeria: “Li proteggevo come una gallina con i suoi pulcini”

NIGERIA

Aid to the Church in Need

Aiuto alla Chiesa che Soffre - pubblicato il 17/06/22

Abbiamo parlato con il sacerdote nigeriano che ha vissuto l'attacco terroristico che ha trasformato la Messa di Pentecoste in un bagno di sangue

P. Andrew Adeniyi Abayomi è a Owo, nello Stato nigeriano di Ondo, vicario parrocchiale della chiesa di San Francesco Saverio, dove il 5 giugno ha avuto luogo un sanguinoso attentato durante la Messa della Domenica di Pentecoste. Il massacro ha provocato almeno 50 vittime e decine di feriti gravi.

P. Abayomi ha parlato con l’organizzazione caritativa Aiuto alla Chiesa che Soffre della sua esperienza di quel giorno, delle conseguenze del massacro e delle misure della Chiesa locale per assistere i feriti e quanti piangono la perdita dei loro cari.

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Quanti assalitori c’erano?

Io non li ho visti, ma alcuni testimoni oculari dicono che erano quattro, mentre altri assicurano che oltre a questi quattro ce n’erano altri infiltrati tra noi in chiesa. Altri dicono che erano sei in totale, ma la verità è che non si conosce il numero reale.

Dov’era lei quando si è verificato l’attacco?

Ero ancora nel presbiterio. La Messa era terminata e stavo riponendo l’incenso per la processione che ci sarebbe stata in seguito fuori dalla chiesa. È stato allora che ho sentito un rumore. Ho pensato che fosse una porta sbattuta o che qualcuno fosse caduto o avesse visto un serpente, com’era già accaduto in qualche occasione.

Poi, però, ho sentito un secondo rumore forte e ho visto i fedeli correre in varie direzioni nella chiesa. Sono rimasto scioccato, chiedendomi cosa stesse succedendo, quando qualcuno è corso verso di me gridando “Padre, hanno le armi da fuoco!”

Ha temuto per la sua vita?

In quel momento no; pensavo piuttosto a come salvare i miei fedeli. Alcuni si sono armati di coraggio e hanno chiuso la porta d’ingresso. Io ho esortato la gente a passare dal presbiterio per entrare in sagrestia, e alcuni fedeli sono fuggiti da lì. Sono rimasto in sagrestia. Non potevo muovermi perché ero circondato da bambini, e anche alcuni adulti si aggrappavano a me. Certi bambini si sono nascosti sotto la mia casula, e io li proteggevo come una gallina con i suoi pulcini.

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I miei fedeli esclamavano: “Padre, per favore, ci salvi. Padre, preghi!” Ho cercato di calmarli, dicendo loro di non preoccuparsi, che stavo pregando e che Dio avrebbe fatto qualcosa. Poi ho sentito tre o quattro esplosioni, una dopo l’altra. L’attentato era ben pianificato, ed è durato tra i 20 e i 25 minuti.

Cos’è accaduto in seguito?

Finalmente ci hanno detto che gli assalitori se n’erano andati. Siamo usciti dalla sagrestia e ho visto i fedeli che giacevano morti e molti altri feriti. Ero sconvolto. Ho supplicato la gente di portare le nostre sorelle e i nostri fratelli in ospedale, e con l’aiuto dei fedeli che sanno guidare ho cominciato a trasferire alcuni feriti all’ospedale di San Luigi e al centro sanitario federale. Ci siamo lasciati indietro i cadaveri mentre cercavamo di salvare i feriti.

Lo Stato di Ondo è sempre stato pacifico, soprattutto se paragonato con il Nord della Nigeria e alla zona centrale, nonostante alcune tensioni tra i pastori Fulani e i contadini cristiani.

Come si spiega l’improvviso scoppio di violenza?

Da quello che abbiamo saputo, ci sono gruppi militanti che stanno mobilitando la gente nel Sud-Est e in altre parti del Paese. Non possiamo determinare la tribù, la razza o il gruppo a cui appartengono gli assalitori. Anche quando si è verificato l’attacco, alcuni li hanno visti, ma non sono riusciti a identificarli dalla lingua perché non hanno parlato. Alcuni degli assalitori si sono fatti passare per fedeli che andavano a Messa, hanno celebrato la Messa con noi fino a quando non è iniziato l’attacco.

Come assisterete i feriti e i fedeli in lutto?

Abbiamo già iniziato a farlo: offriamo loro assistenza pastorale, li andiamo a trovare, preghiamo con loro, amministriamo il sacramento ai malati e li esortiamo a mantenere viva la speranza, e assistiamo anche le loro famiglie e le altre persone coinvolte. La nostra diocesi ha chiesto aiuto ad altre parrocchie, e sia il Governo che organizzazioni non governative come la Croce rossa e altri – anche gruppi musulmani e imam – stanno venendo in nostro aiuto in modo concreto e a livello economico. La Croce Rossa è stata la più attiva nel tentativo di trovare donatori di sangue e riunire aiuti materiali.

Quali sono le necessità principali in questo momento?

Abbiamo bisogno di sostegno materiale ed economico per assistere le vittime e i sopravvissuti. C’è anche bisogno di una strategia di sicurezza propria, perché il personale di sicurezza vicino e la Polizia non sono venuti in nostro soccorso anche se l’attacco è durato 20 minuti e sono esplosi quattro artefatti. Abbiamo bisogno di un dispositivo di sicurezza proprio.

Dopo un’esperienza come questa, la gente si sentirà sicura tornando in chiesa?

La paura si è insediata nella mente di alcuni fedeli, ma noi siamo decisi a incoraggiarli, a mantenerli saldi nella fede e a confortarli cercando il contatto con tutti e non solo con le persone direttamente coinvolte. L’obiettivo è stabilire un contatto diretto con loro per rafforzarli e ricordare loro che professare la nostra fede in Dio significa che mettiamo tutta la nostra vita nelle Sue mani. Questa vita è solo un transito verso l’eternità – l’eternità dev’essere la nostra meta finale.

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L’attentato ha rafforzato o indebolito la fede dei suoi fedeli?

Nei miei incontri con i fedeli non ho constatato una perdita della fede, ma un suo rafforzamento. Sono preparati e disposti a rimanere saldi. Continuo a pregare per loro tutti i giorni, celebriamo la Messa per le intenzioni di chi è ancora in ospedale per contribuire alla sua rapida ripresa. Si stanno

anche celebrando Messe per le anime dei defunti, perché riposino in pace, e si celebrano Eucaristie per le intenzioni di tutti i membri della parrocchia perché restino saldi nella fede e mantengano una speranza viva.

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