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La Corte Suprema americana cancella la sentenza che aprì all’aborto negli USA

ROE V. WADE

Yasin Ozturk | Anadolu Agency via AFP

Lucandrea Massaro - pubblicato il 24/06/22

Con 6 voti a favore e 3 contrari la Corte ha stabilito che la "La Costituzione non conferisce il diritto all'aborto"

La sentenza di oggi, circa il diritto all’aborto, è per molti versi un esito scontato, specie dopo il leak uscito alcune settimane fa, ma comunque una sentenza che – ora che è diventata ufficiale – diventerà storia e cambierà molte cose negli USA e forse anche altrove.

Una sentenza che non cancella l’aborto ma…

L’Ansa spiega come si è arrivati alla sentenza:

La decisione è stata presa nel caso “Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization“, in cui i giudici hanno confermato la legge del Mississippi che proibisce l’interruzione di gravidanza dopo 15 settimane. A fare ricorso era stata l’unica clinica rimasta nello Stato ad offrire l’aborto. “L’aborto presenta una profonda questione morale. La costituzione non proibisce ai cittadini di ciascuno stato di regolare o proibire l’aborto”

Questo implica in realtà che negli USA la situazione non cambierà concretamente, se non che ci saranno stati in cui sarà possibile e altri in cui sarà impossibile o molto difficile poter abortire legalmente. Attualmente negli Stati Uniti, su 50 Stati ben 26 (tra cui Texas e Oklahoma) hanno leggi più restrittive in materia. Ben 9 hanno dei limiti sull’aborto che precedono la sentenza ‘Roe v. Wade‘, e che non sono ancora stati applicati ma che ora potrebbero diventare effettivi, mentre 13 hanno dei cosiddetti ‘divieti dormienti’ che dovrebbero entrare immediatamente in vigore dopo il via libera della Corte Suprema.

Sebbene quindi il diritto all’aborto non è cancellato (ed esisterà un “turismo” abortivo nei prossimi anni), simbolicamente parlando è sicuramente un fatto importante, perché per cinque decenni questa sentenza era diventata un totem e un simbolo per tutto lo schieramento abortista. L’intenzione della Corte è quella di riportare questa decisione all’interno del procedimento democratico, evitando che sia una sentenza a decidere su un tema così importante e fondante della società: dove inizia la vita. Secondo la Corte quindi sono i rappresentanti eletti, nella mediazione politica, a dover decidere su questo tema.

Gli effetti “imprevisti” della sentenza

Come sottolinea Avvenire la partita potrebbe non fermarsi qui, in quanto la nuova sentenza potrebbe aprire ad una “messa in discussione” anche di altri diritti acquisiti non per via legislativa ma giudiziaria:

Quanto agli effetti legali della nuova sentenza — destinata a rimanere nota come “Dobbs” e ad essere analizzata e citata per decenni —, questi potrebbero estendersi al di là dell’aborto. Nel firmare l’opinione della maggioranza, Samuel Alito ha sostenuto che si applica solo all’interruzione di gravidanza. Ma molto esperti si chiedono se il suo ragionamento posa essere esteso ad altre decisioni della Corte Suprema, rimettendole in questione. Ad esempio, il diritto all’acquisto e all’uso di qualsiasi tipo di contraccettivo è protetto negli Usa solo da una sentenza della Corte del 1965. Anch’esso non è un diritto esplicito nel testo della Costituzione o storicamente tutelato. È possibile che, ora che il precedente Roe vs Wade è stato annullato, alcuni Stati approvino rapidamente leggi che vietano i tipi di contraccettivi che agiscono dopo il concepimento.

Stessa cosa per il matrimonio. E’ stata infatti una sentenza del 2015 a sancire la possibilità delle nozze tra persone dello stesso sesso, e tecnicamente nemmeno questo diritto è esplicitamente tutelato dalla Costituzione americana. Si apre dunque – negli USA – una lunga stagione di ricorso alla Corte da parte conservatrice, che avrà certamente un effetto sulla tenuta di quel paese, con i singoli stati con legislazioni sui temi etici diversi e a macchia di leopardo.

Possibilità di disordini e di una “Night of Rage” contro i prolife

La portavoce della della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, mercoledì aveva affermato che il presidente Biden “denuncia” la minaccia di un gruppo di attivisti di condurre una “Night of rage”, letteralmente una “notte di rabbia”, nel caso in cui la Corte Suprema avesse revocato i diritti federali all’aborto. Un gruppo noto come “Jane’s Revenge” (in riferimento alla Jane Roe dell’omonima sentenza, NdR) ha pubblicato un messaggio online lo scorso 30 maggio chiedendo appunto una “notte di rabbia”.

“La notte in cui verrà emessa la sentenza finale – una data specifica che non possiamo ancora prevedere, ma sappiamo che arriverà a breve – chiediamo che i cuori coraggiosi escano dopo il tramonto”, ha affermato il gruppo. “Chiunque tu sia e ovunque tu sia, ti chiediamo di fare il possibile per far conoscere la tua rabbia. Abbiamo selezionato un’ora delle 20:00 per l’inizio delle azioni a livello nazionale, ma sappiate che questa è una linea guida generale”

(New York Post)

La Casa Bianca ha stigmatizzato il messaggio e ribadito che al di là delle convinzioni del Presidente o dell’Amministrazione, nessun episodio di violenza o di distruzione della proprietà privata sarà mai tollerato. Nelle settimane scorse un provvedimento per difendere le case e le famiglie dei giudici della Corte Suprema è stato adottato dopo che alcuni squilibrati erano stati fermati vicino ad alcuni di essi e gli erano state trovate addosso armi. Ora si teme per le chiese e per i centri che attivamente promuovono la difesa della vita.

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