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Transgender in prigione mette incinte altre due detenute

DETENUTA, PRIGIONE, TRISTE

kittirat roekburi | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 28/07/22

Demi, nato Demetrius, è in prigione per omicidio colposo. In un carcere femminile ha messo incinta altre due detenute. Si riapre il dibattito sulle persone transgender che possono scontare la pena nelle carceri corrispondenti al sesso dichiarato, non biologico.

Se andrete a spulciare nel web la storia di Demi Minor, la troverete raccontata secondo due binari paralleli, la lettura pro LGBTQ e quella contro.

Nel riportarla qui nei suoi dati essenziali, mi preme sottolineare che sono stati tolti dall’inquadratura due protagonisti quasi invisibili. Demi Minor, transgender, ha messo incinte due detenute insieme a cui era reclusa nel carcere femminile Edna Mahan in New Jersey. Il clamore del fatto in sé non ci impedisca di notare l’altrettanto clamoroso. Ci sono anche due creature nei grembi di due madri come parte di questa vicenda che pone molti interrogativi. Perché di loro e del loro destino nessuno parla?

Demi, nato Demetrius

Demi Minor deve scontare 30 anni di carcere per omicidio colposo. All’età di 16 anni uccise il padre affidatario. In detenzione dal 2011 ha cominciato la transizione sessuale in carcere nel 2020, arrivando così al trasferimento in un istituto di pena per donne. Questo dato potrebbe far sorgere dubbi e domande: una mossa strategica? Chi difende la causa di Demi Minor afferma che il rifiuto della sua sessualità maschile sia cominciato in età infantile e sia stato il motivo per cui la sua famiglia lo allontanò.

Di fatto, Demetrius-Demi ha scontato parte della pena nel carcere femminile Edna Mahan in New Jersey, pur rimanendo biologicamente maschio, in base alla politica carceraria di questo stato americano:

Nel 2021 il New Jersey ha stabilito la norma che consente ai detenuti di essere reclusi in accordo all’identità di genere dichiarata. Questa norma […] è parte di un accordo relativo a una causa sui diritti civili intentata da una donna costretta a rimanere in una prigione maschile per 18 mesi.

Da New York Times

Nei mesi scorsi Demi ha avuto rapporti sessuali consensuali con due detenute, sfociati in due gravidanze. In seguito a ciò è stata trasferita in un altro istituto correzionale per giovani adulti, il Garden State nella Contea di Burlington. E da lì oggi fa sentire la sua voce di protesta, dichiarando di aver subito offese e abusi dalla polizia penitenziaria e di essere vittima di transfobia, venendo apostrofata con pronomi e aggettivi maschili.

Chi c’è dietro le sbarre e le maschere?

Gli elementi del caso che hanno innescato discussioni sono molti. Da una parte questa vicenda ha riaperto la discussione sulla norma legata alla presenza in carcere delle persone transgender:

 L’Edna Mahan Correctional Facility, tra l’altro, non prevede l’intervento chirurgico di “riassegnazione di genere” per ospitare persone transgender. Quanto accaduto nel New Jersey, però, ha fatto storcere il naso a coloro che non sono d’accordo con questa norma e, inevitabilmente, la polemica è divampata.

Da TGcom24
PRISON

Se gli episodi legati a Demi Minor sono stati di sesso consensuale, questo non esclude che la norma citata possa favorire casi di violenza contro le donne, come già paventato in California.

L’altro dato sul tavolo è la battaglia sulle parole che collide con il dato di realtà. Se certi altoparlanti urlano per forzare il concetto di donna (“una donna transgender è una donna e non c’è bisogno di indagare sull’anatomia del suo corpo” – da Gay.it), resta il fatto che sono donne capaci di metterne incinte altre (l’espressione è di Nicola Porro)

Nel regno della discussione linguistica astratta ce la si può raccontare all’infinito, nella realtà di questa storia ci sono due creature concepite a porre il dato biologico in mezzo alla stanza come un grande elefante.

E si tace su questo che sembrerebbe un aspetto rilevante della storia. In tanti gridano per difendere i diritti violati di una transgender, ma chi si premura di verificare che ne sarà dei figli da lei concepiti? Le madri porteranno avanti le gravidanze? E Demi che cosa pensa di questi bambini, li riconosce? O sono uno scarto occasionale senza diritti?

La realtà, e non la percezione, aiuta tutte le persone

L’esclusione dei bambini concepiti dalla discussione su questa vicenda è significativa di come il pensiero prevalente tenda sempre più a cacciare fuori dalla porta la realtà, per dare spazio alle battaglie astratte.

La questione sulla collocazione carceraria dei transgender esiste, negli Stati Uniti è seria e, strada facendo, si aggiungono interrogativi sempre più destabilizzanti. Gli inchini sempre maggiori alle varie ideologie delle percezioni sessuali spalancheranno gineprai umani via via più allucinanti. Ma il verso nervo scoperto è il bisogno di uno sguardo sulla complessità umana fondato sui dati di realtà, vulnerabilità e colpe comprese.

E se fuori dal mondo carcerario si può far finta di non vedere questa priorità, in carcere i nodi vengono al pettine senza pietà.

Demi Minor oggi ha 27 anni, ha conosciuto il girone infernale dei servizi sociali, è stata senza tetto, ha subito violenze da famiglie affidatarie. E’ arrivata a commettere un omicidio. La sua transizione sessuale è un ulteriore indizio di un terremoto intimo.

Alla luce dei fatti attuali, non raccontiamoci che la battaglia da combattere sia esclusivamente quella di decidere il luogo più adatto in cui cui, come persona transgender, finisca di scontare la sua pena.

La vera assente in questa storia è una voce che metta a tema le ferite irrisolte di questa persona, che la metta di fronte al fatto che il suo corpo percepito femminile ha inseminato due donne, che due piccolissime vite ci sono, che apra la ferita sui maltrattamenti subiti e sull’omicidio commesso.

Che biologicamente Demi sia padre dei figli concepiti sparirà nel nulla come i feti, se verranno abortiti? – chiedo proprio per chiedere. La risposta non tollera facili riduzioni.

La realtà, come l’acqua ossigenata sulle ferite, brucia. Ma resta il farmaco migliore di cui farsi caritatevoli l’un l’altro. Solo così si lascia aperta la possibilità del cambiamento, di una coscienza che si risveglia.

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