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La carità della verità per un mondo confuso e disorientato

FRATI DOMENICANI SEDUTI E IN FILA

© Prof. P. Bruno Esposito, O. P.

Padre Bruno Esposito, O.P - pubblicato il 31/07/22

La missione di ieri e di oggi dell’Ordine domenicano verso ogni persona

Premessa 

Dal 16 luglio all’8 agosto 2022– festa di san Domenico di Guzman, Fondatore dell’Ordine dei Frati predicatori, a tutti più noti come Domenicani – sono riuniti i Definitori del Capitolo Generale dell’Ordine domenicano, nella casa per i ritiri spirituali Santo Domingo in Tueltenango (Messico), insieme con le rappresentanze delle monache, delle suore e dei laici domenicani. Quindi delle sue varie componenti che danno vita alla grande Famiglia domenicana, presente in tutto il mondo (in totale circa cinquantamila). Il Capitolo Generale attualmente si riunisce ogni tre anni – agli inizi dell’Ordine ogni anno, alternativamente a Bologna e Parigi – per discutere e legiferare per il bene dell’Ordine ed affinché possa dare il suo contributo fattivo e significativo alla Chiesa universale e alle Chiese particolari. In concreto si ha un primo Capitolo che riunisce i Definitori (una sorta di ‘Camera bassa’), il secondo riservato ai Provinciali (‘Camera alta’) e infine un terzo nel quale partecipano i Provinciali e i Definitori. In quest’ultimo Capitolo, composto da entrambe le rappresentanze (cioè da chi governa e dalla base, giusto per esemplificare …), viene anche eletto il nuovo Maestro dell’Ordine. Una tale strutturazione costituzionale, impensabile per i tempi in cui nacque l’Ordine (XIII sec.), e normativa giuridica fu senz’altro realizzata con il contributo determinante che diedero alcuni grandi maestri nel diritto provenienti dalle prestigiose Università di Bologna e Parigi che furono affascinati dal carisma di Domenicano e decisero di unirsi a lui nella missione di proporre e testimoniare la verità liberante del Vangelo a un mondo dilaniato tra conflitti di ogni genere e soprattutto scandalizzato dal comportamento di tanti ecclesiastici. L’attuale Capitolo vede la partecipazione di quarantuno Definitori (uno non è riuscito ad ottenere il visto per entrare in Messico) in rappresentanza delle quarantadue Provincie e Vice Provincie domenicane sparse in tutto il mondo, insieme a circa una settantina di frati domenicani in qualità di periti, d’invitati o che curano la segreteria, le traduzioni simultanee nelle varie lingue, l’organizzazione della liturgia e lo svolgimento dei vari servizi necessari per il buon andamento delle attività quotidiane. Uno ruolo encomiabile stanno svolgendo i confratelli della Provincia di san Giacomo del Messico che con il calore proprio del popolo messicano fanno sentire ognuno a casa propria, prendendosi cura delle varie necessità, soprattutto di carattere sanitario a causa del covid-19, che non ha purtroppo risparmiato più di qualche partecipante al Capitolo, grazie a Dio senza effetti gravi, almeno finora. In questo numero rientrano le monache, le suore, i laici domenicani e una decina di laici che curano gli aspetti materiali riguardanti il vitto e l’alloggio. Una vera e propria famiglia che vive dell’apporto di ciascuno nel sincero impegno di rendere così sicura la propria vocazione ed elezione, sicuri della promessa che: “In questo modo infatti vi sarà ampiamente concesso l’ingresso nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo” (2 Pt 1,11).

L’entusiasmo di una fede che apre alla speranza

Per chi scrive, anche se nell’Ordine da quarantatré anni, questo è il primo Capitolo al quale partecipo e finora sono impressionato quotidianamente dal clima di sincera fraternità, pur nella diversità delle provenienze, delle culture e delle opinioni, soprattutto del rispetto di queste al di là della loro condivisione. Sia nei lavori delle Commissioni (1. Predicazione: la missione nelle nostre culture; 2. Comunione e Missione; 3. Vocazione per la missione: vocazioni, Formazione iniziale e permanente; 4. La mission missione degli studi; 5. Risorse per la missione: economia; 6. Struttura giuridica per la missione: Costituzioni) che nelle assemblee plenarie mi colpisce l’atteggiamento di ascolto dei confratelli e quasi sempre il tono propositivo e non impositivo negli interventi, nella consapevolezza che la cosa più importante è ricercare ciò che è veramente vero, giusto e bene per tutti (cf Fil 4,8). I problemi sono molti e di varia natura: dall’invecchiamento dei frati al calo delle vocazioni, alle reali difficoltà di annunciare la buona novella in un mondo multiculturale e secolarizzato, anestetizzato per la sua rincorsa a sempre più sesso, soldi e successo, agli scandali di abuso, alla mancanza di mezzi materiali per svolgere la missione in molte parti povere del mondo. Però, è questo il bello, tutti questi problemi o sfide sono trattati da tutti come i propri problemi, i problemi della propria famiglia che non spingono ad evadere altrove o a ricercare escamotage o compensazioni, ma sono affrontati come i propri problemi dove la speranza che dà forza è solo la fede che è Cristo che ci guida, ma questo non ci dispensa dal fare quello che possiamo e dobbiamo fare a livello di scelte e decisioni (cf sant’Agostino). Certi che la cosa più importante non è quello che vogliamo, quello che gli altri vogliono da noi, ma quello che il Signore si attende da noi per proseguire la sua missione secondo il carisma che ci ha affidato: la carità della verità. Certi che quando la verità viene alla luce il mondo avanza più in fretta (cf H. Lozano, Cuando fuimos lo peripateticos. La novela di Merlì). La salvezza delle anime, cioè la felicità che non ha termine in quanto comunione con l’Eterno (più che la vita eterna) cioè con Colui che è l’amato e l’amore per essenza (cf 1 Gv 4,8; santa Caterina da Siena, Dialogo) attraverso la predicazione e l’insegnamento, è proprio la missione dell’Ordine e quindi significa e si traduce nell’essere annunciatori di speranza in un mondo che caparbiamente vuole solo rubarcela, ingannandoci e illudendoci (cf 2 Pt 2,19; Papa Francesco). 

Tra passato, presente e futuro

L’Ordine di san Domenico ha un passato glorioso costituito soprattutto dalla sua tradizione spirituale e intellettuale, un tesoro inestimabile che però deve essere fatto fruttare oggi affinché possa trasmettersi a coloro che verranno dopo, migliorato e arricchito. San Tommaso ha sapientemente riassunto il carisma dell’Ordine in poche parole che sono allo stesso tempo un programma e un impegno di vita per ogni domenicano: “contemplari et contemplata aliis tradere” (Summa theologiae, II-II, q. 188, a. 6), cioè trasmettere agli altri ciò che è frutto del personale rapporto con Dio fatto di preghiera, di studio, di meditazione, dell’adorazione contemplativa, nella scoperta che siamo un suo dono chiamati a nostra volta a donarci al prossimo facendoci così simili a Lui che è l’amore (cf Lc 10, 25-37). 

Riflettendo in questi giorni sulla vocazione e missione dell’Ordine per il nostro oggi, così provato e confuso per gli anni della pandemia e ora per la guerra tra Russia e Ucraina, con tutte le conseguenze a livello morale, psicologico ed economico, mi sono ritornate alla mente le parole del Vangelo di Marco che raccontano la chiamata dei primi Apostoli tra i discepoli: “Ne costituì dodici per tenerli con sé e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demoni.” (3,14-15). In un certo senso, a mio avviso, esse sono proprio la base biblica dell’affermazione dell’Aquinate e dovrebbero essere il faro per lo svolgimento della missione di tutte le varie componenti della grande famiglia domenicana, nell’annuncio di quella verità che, anche se costa, lascia nella pace vera, che niente e nessuno potrà toglierci in quanto risponde a quanto il nostro essere alla fine si aspetta, desidera se non addirittura pretende, una verità che è sicuramente corroborata dalla testimonianza di chi l’annuncia, ma che rimane tale anche e nonostante la fragilità e le incoerenze di chi la propone (cf 1 Cor 1,28; 2 Cor 4,7). 

Una verità che deve guidarci nella formazione e nella missione in quanto domenicani

Prima di tutto ed è fondamentale rimanere, stare con Lui. Questo significa dare il primo posto nella propria giornata alla meditazione della Parola, all’intrattenersi con Lui, e vivere il quotidiano alla Sua presenza, non rincorrendo quegli idoli e miraggi che sempre ci facciamo o dai quali ci facciamo affascinare, ma che poi si rivelano per quello che erano. L’intimità di vita con Colui che mi ha chiamato e vuole stare con me e per me, è condicio sine qua non per non sprecare la propria vita. Nella vita religiosa, e quindi anche in quella domenicana, si deve prendere coscienza che non è possibile viverla con le mere virtù umane in quanto siamo in una dimensione di fede e in questa si scopre che siamo veramente una famiglia e non degli amici o dei conviventi che si scelgono perché si piacciano o perché hanno le medesime affinità elettive: gli amici si scelgono, ma i familiari ce li troviamo. Questo significa in concreto che possiamo vivere – e non sopravvivere o utilitaristicamente ‘convivere’– la vita comunitaria con gli altri solo nella fede in Colui che ci ha chiamati. Infatti, veniamo da ceti sociali diversi, da formazione e addirittura culture diverse, molte volte non ci piacciamo e abbiamo diversi modi di vedere e vivere le varie situazioni e i diversi problemi. Fanno parte della nostra vita, come e dove sempre vivono degli uomini, potenzialità e talenti, ma anche povertà, malattie fisiche e psichiche, in modo particolare la tentazione di pensare solo a se stessi vivendo un individualismo miope che usa l’altro, ma non permette a nessuno di disturbarci. Correndo il rischio di sentire la comunità, come oggi spesso avviene per le famiglie, una distributrice di servizi dovuti e basta. Ciò che può solamente farci vivere nella reale fraternità è solo la comune chiamata – prendendo coscienza affinché questo si realizzi, dell’essenzialità delle virtù teologali: la fede, la speranza e soprattutto la carità – scoprendo e vivendo veramente il significato di quanto abbiamo richiesto entrando nell’Ordine: la misericordia di Dio e dei fratelli, trovando e vivendo nella Comunità il luogo del perdono e della festa (cf J. Vanier). 

Quindi l’invio per la predicazione è conseguenziale a questa intima unione con il Signore sentito come tale per la mia vita e per la storia dell’umanità. Solo in questo modo si realizzerà il contemplari et contemplata aliis tradere. L’alternativa sarà solo propaganda pubblicitaria, imposizione del proprio punto di vista e delle proprie convinzioni, erudita eloquenza e conoscenza intellettuale, ma allo stesso tempo sterile e algida presentazione che non tocca il cuore e annoia e infastidisce, oggi come non mai, per la continua condanna di tutto e di tutti, ma senza riuscire a far brillare la bellezza e la preziosità di quella perla d’inestimabile valore che si è trovata che è il Vangelo (cf Mt 13,46), che inaugura il mondo nuovo dell’Agnello che si propone alternativo al mondo vecchio delle belve (cf Gv 29,29;36). Una predicazione che per noi domenicani non si limita all’ambito liturgico, ma copre a 360° i vari ambiti di attività delle persone e della pastorale, come l’insegnamento, la parrocchia, l’accompagnamento spirituale e l’amministrazione del sacramento del sacramento della riconciliazione (unica la missione che la Chiesa ha affidato da secoli ai domenicani quali penitenzieri presso la Basilica Papale di Santa Maria Maggiore a Roma), la giustizia, l’attenzione e l’ascolto della rabbia o la condivisione della disperazione di quanti si sentono, erroneamente, non amati e soprattutto non accolti dall’insegnamento morale di Cristo. Usando senza nessuna riserva i moderni mezzi di comunicazione, valorizzati esponenzialmente specialmente in questi anni di pandemia, ma che devono rimanere tali e non devono nutrire e giustificare l’individualismo, evitando, come scriveva un noto scrittore statunitense, che “Gli uomini ora sono diventati strumenti dei loro strumenti“ (H. D. Thoreau 1817-1862). L’incontro personale, pieno di agapan con l’altro rimane insostituibile, in quanto una predicazione della verità che non si traduce in personale solidarietà e compassione, come ci ricorda la vita di san Domenico, non è altro che esercizio e manifestazione di meschina autoreferenzialità, di svolgimento di un compito, di un impegno, di un lavoro. Dalla sua vita siamo ammoniti a non guardare alle distanze di ogni genere che ci separano, ma di usare tutte le possibilità per andare incontro agli altri, di incontrarli e fermarci con loro – sapendo di non sprecare così il proprio tempo – con una umile proposta di verità nella libertà. Di una libertà che non si accontenta e non s’inebria perché può fare quello che sente e vuole (libertà di), ma che maturamente vuole scegliere il vero bene che non può essere solo il bene per lui, ma anche per gli altri (libertà per), scoprendo che si è liberi anche e soprattutto quando si sceglie di rinunciare a quanto non mi realizza nel mio essere figlio di Dio e fratello con gli altri (libertà da) scoprendo che con questo non faccio un favore a nessuno, ma è solo ed esclusivamente per me. Una libertà che necessità di regole, senza dimenticare che soprattutto a livello giuridico le leggi e le norme sono per le persone e la salvaguardia del bene comune e la salvaguardia del carisma, cosa che conviene ricordiamo noi riuniti in Capitolo, e non il contrario. 

In ultimo leggiamo che gli Apostoli furono mandati con il potere di scacciare i demoni. Per le figlie e i figli di san Domenico, questo significa che con il potere della Parola, con la forza dei sacramenti, con lo studio sapienziale, in altre parole con la forza della fede siamo chiamati a portare la proposta del Vangelo e sappiamo dalla sua lettura che dove arriva la Parola – questa è l’esperienza di ogni persona di buona volontà – il male con le sue manifestazioni multiformi di cattiverie, d’ingiustizie, di vendette, di volontà di dominare sugli altri, non trova più posto (cf Gv 16,33). Tutto questo si realizzerà, però, solo se ci sentiremo uniti al Signore come i tralci con la vite, in quella corrente di energia senza la quale siamo destinati a seccare e buoni solo per essere bruciati in quanto inutili (cf Gv 15,5).

Conclusione 

La richiesta, a chi leggerà questa breve riflessione, è di pregare affinché i lavori capitolari proseguano nella direzione sincera di ricercare instancabilmente quello che Dio e le donne e gli uomini di oggi si attendono da noi, affinché possiamo essere sempre annunciatori e umili testimoni della grande misericordia di un Dio che ama ciascuno con un amore ‘genitoriale’, in amore che solo un vero padre e una vera madre sentono per il proprio figlio, a prescindere dalle sue qualità e dai suoi comportamenti: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo” (Lc 15,31). Di pregare affinché i domenicani siano testimoni credenti e credibili, donne e uomini consapevoli di avere ricevuto la missione di portare con gratitudine e gioia, in questo mondo disorientato tra le tante nebbie e foschie che vengono innalzate cercando di coprire e di difendersi dalla verità, la proposta di una verità che ci difende, facendo scoprire che, contrariamente a quanto la cultura dominante e dominatrice vuol farci credere, l’uomo non ha: “… alcun potere contro la verità; quello che possiamo è per la verità” (2 Cor 13,8). Una Verità che non è un’opinione o un’ideologia, ma il Figlio di Dio per il quale noi esistiamo e tutto è stato fatto in e per Lui (cf Gv 14,6; 1,3). Una Verità che i figli di san Domenico hanno ad un certo punto conosciuto e alla quale non hanno saputo resistere nonostante le difficoltà, il rifiuto, le derisioni, le delusioni e la propria inadeguatezza, così come ci trasmette la Sacra Scrittura riguardo la vita e la missione di uno tra i più grandi profeti dell’Antico Testamento: “Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di scherno ogni giorno; ognuno si fa beffe di me” (Ger 20,7). Solo se la nostra missione nascerà da questa seduzione potrà sedurre coloro che il Signore metterà sul nostro pellegrinaggio terreno affinché un giorno, tutti insieme, potremo vivere con Lui, l’Eterno amante e amato.

Santo Domingo in Tultenango (Messico), 31 luglio 2022 – XVIII domenica del Tempo Ordinario e Memoria di sant’Ignazio di Loyola, S. I.

P. Bruno, O.P.

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