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“Paper Girls” dà vita ai fumetti e potrebbe aiutarci ad affrontare noi stessi

Paper Girls

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Padre Jonathan Mitchican - pubblicato il 19/08/22

In “Paper Girls” non ci sono tracce di religione o spiritualità, ma la serie mostra la necessità di tutti noi di avere qualcosa di più di quello che possiamo scoprire da soli

Dicono che se si arriva abbastanza lontano alla fine si può incontrare se stessi. La nuova serie di Amazon Prime Paper Girls prende tutto questo alla lettera. Pur trattandosi apertamente di fantascienza, ci conduce in un viaggio introspettivo e concentrato sul cuore e ci sfida a immaginare cosa succederebbe se il nostro io bambino e il nostro io adulto si incontrassero.

Nelle prime ore del mattino del giorno di Ognissanti, 1988, quattro ragazze di 12 anni partono in bicicletta per consegnare i giornali. Anche se vivono tutte nello stesso piccolo sobborgo, le loro vite sono molto diverse l’una dall’altra.

Erin (Riley Lai Nelet) è la figlia maggiore di un’immigrata cinese e porta il peso di dover fungere da interprete per la madre. Tiffany (Camryn Jones) è una ragazzina intelligente figlia di una coppia multirazziale. Mac (Sofia Rosinsky) e KJ (Finna Strazza) hanno entrambe situazioni familiari difficili, anche se l’esperienza di Mac è segnata dagli abusi e dalla trascuratezza, mentre KJ è cresciuta in una gabbia dorata, intrappolata dalle aspettative impossibili della madre. In una situazione normale, sarebbe stato difficile per queste ragazze diventare amiche, ma visto che consegnano i giornali lungo lo stesso tragitto si trovano casualmente unite in una trama che implica un viaggio nel tempo, una guerra per il destino dell’umanità e le difficoltà ordinarie del fatto di crescere.

La serie è tratta dall’ottimo fumetto omonimo di Brian K. Vaughan e Cliff Chiang, ed è per molti versi fedele all’originale. Le personalità dei personaggi, l’enfasi sull’amicizia di fronte alle avversità e perfino lo schema di colore fanno sembrare che il fumetto abbia preso vita. Ciò che spicca maggiormente, però, è l’interazione tra le ragazze e il loro io futuro, cosa che si verifica anche nel fumetto ma non è esplorata in modo altrettanto approfondito.

Le ragazze scoprono che la loro vita adulta non è quella che avevano sperato o che si aspettavano, e questo porta a tensioni e discussioni. “Sei letteralmente la versione peggiore di me che avrei mai potuto immaginare”, dice la 12enne Erin alla sua controparte 40enne. “Forse pensi di sapere cosa vuoi, ma la verità è che non hai neanche idea di chi sei”, replica la Erin adulta. “Sei una ragazzina di 12 anni. Ho dei DVD che sono più vecchi di te”.

Questo potrebbe facilmente portare a una guerra moralizzante o semplicemente generazionale, ma la serie evita saggiamente risposte secche. Nelle interazioni, e soprattutto nei conflitti, è facile vedere il punto di vista sia dell’adulto che del bambino.

Ad esempio, la Tiffany bambina inizialmente si esalta per il fatto di aver incontrato il suo alter ego di 23 anni, una festaiola intelligente e popolare che ha realizzato i sogni del suo io più giovane diplomandosi al liceo tra le migliori della classe e andando al MIT. Presto, però, l’ammirazione si trasforma in delusione perché Tiffany si rende conto che il suo io adulto è bloccato nella sua vecchia città, non fa nulla di costruttivo nella vita ed è apparentemente ostile nei confronti dei sogni che aveva una volta.

La Tiffany dodicenne ha ragione a rimproverare il suo io adulto per la sua perdita di ambizione, ricordandole “Questi sono i miei sogni, di nessuno altro”. Allo stesso tempo, però, la Tiffany adulta dice la verità che il suo io più giovane ha bisogno di sentire quando afferma: “In questo momento pensi che il successo ti renderà completa, ti farà sentire diversa, ma sono qui per dirti che quando ci arriverai sarai solo te stessa”. Ciascuna sta alzando uno specchio che l’altra ha disperatamente bisogno di vedere.

Nel corso della storia umana, abbiamo sempre lottato con la comprensione di noi stessi. Nell’era moderna, quando l’identità si è trasformata in una parola d’ordine, sembriamo più confusi che mai sul modo in cui trovare il significato e lo scopo della nostra vita. “Che cosa sono io senza di te, se non guida di me stesso verso l’abisso?” dice Sant’Agostino nelle sue Confessioni.

È Dio che ci rende intelligibili a noi stessi. In comunione con Lui, cominciamo a vedere chi siamo davvero e come le varie parti della nostra vita, anche quelle spezzate e disordinate che non ci piace affrontare, si riferiscano a un’esistenza più grande.

In Paper Girls non c’è traccia di religione o spiritualità, ma la rete complessa di interazioni tra le bambine e le loro controparti adulte indica la necessità che tutti noi abbiamo di avere qualcosa in più di quello che ciascuno può scoprire da sé. Nessuna versione di noi stessi, in un dato momento, è in grado di comprendere tutto ciò per cui siamo stati creati. Solo Dio, che ci vede non tenendo conto dei limiti del tempo ma come persone complete, può comprenderci pienamente.

Anche se è una serie sui bambini, i genitori cattolici dovrebbero essere cauti al momento di permettere ai figli di guardarla, sia a causa della grande quantità di parole inappropriate che per l’esplorazione di alcuni temi che circondano la sessualità (anche se non ci sono scene di nudo). Per gli adulti è comunque una serie interessante con molti elementi da esplorare, ricordando che non si può ignorare chi si è stati e aspettarsi di scoprire chi si può diventare.

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