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Le battaglie per la superiorità che affrontiamo … e il re che ha fatto il contrario

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Unsplash / Hassan Pasha

padre Michael Rennier - pubblicato il 23/08/22

Siamo in grado di trasformare praticamente qualsiasi cosa, buona o cattiva che sia, in una competizione il cui unico scopo è vincere

La nostra casa è diventata un’isola di giocattoli “problematici”. Il seminterrato è pieno di vecchi giochi dimenticati, ognuno con qualche pezzo mancante. Al piano di sopra, le bambole trascurate sono infilate sotto i letti delle ragazze. Il garage è un cimitero di palloni sgonfi e parti di progetti incompleti.

Ogni tanto, un bambino riscopre un vecchio giocattolo dimenticato e inizia a giocarci. Improvvisamente, ogni bambino di casa ha bisogno di giocare con quel giocattolo specifico, subito. E allora iniziano discorsi improvvisati del bambino in questione con il titolare del giocattolo sul valore della condivisione e su come fare a turno sia un diritto umano fondamentale.

Questo fenomeno che vede un giocattolo una volta dimenticato improvvisamente amato di nuovo è facilmente attribuibile alla gelosia, ma penso che dietro ci sia qualcosa di più. Si tratta di vincere. Chi ottiene il controllo dell’oggetto desiderato è il vincitore. I perdenti cercano di escogitare modi per diventare vincitori o, nel caso dei bambini più sofisticati, provano a ridefinire del tutto il gioco.

Mia figlia, per esempio, farà finta di non aver mai voluto quella bambola. L’altra bambola è molto meglio, lo sanno tutti. Il premio è stato cambiato, e ora entrambe le bambine con una bambola sostengono di essere la vincitrice, anche se nessuna delle due ci crede veramente.

Lotta per la superiorità

Il mio amico David Zahl scrive su Mockingbird che noi umani amiamo la lotta per la superiorità:

“Il proprio quartiere, l’amore per la letteratura, il numero di inviti a cena, le opinioni politiche, l’indice di massa corporea, l’handicap a golf, il lavoro… C’è il marchio di scarpe che indossi, la scuola frequentata dai tuoi figli, chi potrà fare per primo un viaggio privato nello spazio – e, naturalmente, chi vede attraverso i giochi di ruolo stato il più veloce.”

La lotta per la superiorità non è una cosa che riguarda solo i bambini.

Considerate i quartieri suburbani americani, dove ogni sabato mattina gli uomini escono di casa armati fino ai denti con attrezzature per la manutenzione del prato, pronti a combattere con il paesaggio che li circonda. Modellano scrupolosamente l’erba livellandola alla perfezione, togliendo i ciuffi che sporgono e spruzzando attentamente fertilizzante e poi diserbante. Controllano che le siepi siano tagliate a dovere e che il sistema di irrigazione automatico funzioni. Poi rientrano, spesso non guardando più il prato fino al sabato successivo, quando è il momento di metterci mano di nuovo.

Come nel caso delle luci e delle decorazioni per le porte a Natale, dell’adesivo sulla finestra che proclama una convinzione morale su una questione scottante o del tipo di automobile parcheggiata sul vialetto, l’ordine del prato è diventato uno status symbol.

Naturalmente, molte persone amano il giardinaggio e si dilettano a esporre luci di Natale kitsch e a decorare la casa per le vacanze. Non voglio dire che ci sia una categoria specifica di attività “difettose”. La questione è che siamo in grado di trasformare praticamente qualsiasi cosa, buona o cattiva, in una lotta per la superiorità.

Vogliamo vincere. Imbrogliamo ai giochi da tavolo, ci vantiamo di quanto facciamo volontariato in chiesa e del numero di squadre sportive di cui fanno parte i nostri figli. L’ho sentito anche in relazione ad altri sacerdoti, parlando di come prestiamo il nostro servizio, di quanto sono piene le nostre Messe o di quante persone ci chiedono di parlare agli eventi. Voglio “vincere” il gioco di chi piace di più ai laici.

Un modello improbabile

Quando si esamina un vizio che trasforma anche le più piccole cose in una competizione, potrebbe essere utile prendere in considerazione la vita e l’esempio di San Luigi, re di Francia. Cosa c’è di più allettante che avere tutto il potere di un re?

Un re, da quasi tutti i punti di vista, è il vincitore. Ha fama, denaro e potere ai massimi livelli. Ha più giocattoli, vestiti e vacanze di tutti. Esercita il suo potere su nobili e popolani, grazie al suo status supremo.

Ma San Luigi ha fatto tutto il contrario.

Era noto per il fatto di essere un uomo di notevole umiltà e tranquillità. Partecipava spesso alla Messa, ha riformato il sistema della giustizia francese per renderlo più giusto, ha promosso la creazione di ospedali ed era amato perché era un re che non approfittava del suo potere. È stato un buon padre e ha insegnato a suo figlio a praticare la virtù e a evitare il peccato. Ha indirizzato il figlio verso l’importanza di coltivare una vita spirituale, facendogli capire quanto amare Dio fosse più importante di ogni altra cosa.

San Luigi ha evitato qualsiasi lotta per la superiorità. Se dovessi dire come ci sia riuscito, la risposta sarebbe molto semplice.

Zahl ci mette nella direzione giusta quando dice: “Cosa rende la lotta per la superiorità così allettante? In termini semplici, tutti hanno bisogno di sentire che valgono qualcosa. Ci poniamo tutti la domanda: ‘Sono importante?’ Lo chiediamo ai nostri cari, e lo chiediamo alla società. Lo chiediamo ai nostri conti bancari, e anche ai nostri capi. Abbiamo bisogno di sapere che siamo abbastanza”.

Vogliamo tutti sapere che abbiamo valore. Le lotte per la superiorità sono un modo per cercare di creare valore, ma non funzionano mai perché c’è sempre un altro gioco da affrontare, un altro avversario. Si dice che Alessandro Magno pianse quando vide che non c’erano più mondi da conquistare. Era padrone di un impero enorme, ma era triste perché non era abbastanza.

San Luigi ha cercato il valore personale in un modo del tutto diverso. Ha capito che nessuna vittoria in questo mondo sarebbe stata soddisfacente. Consigliava suo figlio dicendo: “Concentra il tuo cuore su Dio, e amalo con tutta la tua forza, perché senza questo nessuno può essere salvato o avere qualche valore”.

In altri termini, il nostro valore deriva dal fatto che Dio ci ha creati, ci ama e4 ci invita ad amarlo in cambio. È un dono divino, non legato allo status, dispensato liberamente, senza aspettative. Dio ha già aiutato tutti noi a vincere la partita.

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