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Ricerca USA: sposarsi giovani e senza convivere, così durano i matrimoni

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PROPOSTA DI MATRIMONIO

Antonio Guillem|Shutterstock

Proposta di matrimonio

Paola Belletti - pubblicato il 30/08/22

E a dirlo non è un Don Chisciotte fuori tempo massimo, non è nemmeno (solo) la Chiesa: è la ricerca di due sociologi e demografi statunitensi, pubblicata anche dal Wall Street Journal.

I giovani americani e le loro convinzioni (sbagliate) in merito al matrimonio

L’dea comune e talmente condivisa da non esigere più dimostrazioni è che per avere un matrimonio di qualità e duraturo sia prima necessario studiare, avviare una carriera di successo e solo dopo cercare un partner dalle caratteristiche omologhe.

Un’altra idea divenuta scelta pratica largamente condivisa e promossa è quella che prima di imbarcarsi in un impegno tanto definitivo come il matrimonio (che nonostante la facilità di divorzio mantiene nella percezione di tutti il senso di esclusività, fedeltà e permanenza) sia saggio fare un test, prima.

La convivenza, dunque. Provare prima di decidere, testarsi in azione, vedere come funziona lo stare insieme dentro le stesse mura, con la spesa da fare, magari già un figlio, il divano da cambiare, i viaggi da mettere in agenda.

Quanto indebolisce invece il nostro sguardo sul partner attuale l’avere a disposizione continui termini di paragone, migliori in questo o quell’aspetto, aiutati dall’aurea morbida del ricordo che tutto sfuma.

La psicologa  Galena Rhoades , che studia le relazioni tra giovani adulti, (…) sostiene che

“In genere pensiamo che avere più esperienza sia meglio” nella vita,  dice. “Ma quello che troviamo per le relazioni è esattamente l’opposto.” Una maggiore esperienza con partner diversi è collegata a matrimoni peggiori nella sua ricerca. Avere una storia con altri conviventi può farti scontare il valore del tuo coniuge. Certo, tuo marito, John, è affidabile e un grande padre, ma non così affascinante come Luke o ambizioso come Charles, gli altri due uomini con cui hai vissuto prima di sposare John. 

Ibidem

Multiple choiche, nessuna vera choice

E’ l’approccio che, volenti o meno, abbiamo mutuato dalla mente del consumatore: prima di confermare l’intenzione d’acquisto, verifico se il prodotto o servizio effettivamente rispecchia le mia aspettative.

Bene, anzi non tanto perché questo ha significato e significa, purtroppo, il fallimento per migliaia di matrimoni.

Eppure questa linea ancora ampiamente dominante è smentita dai fatti, a volerli leggere.

C’è una ricerca sociologica che mostra, dati empirici alla mano, come il modello prudenziale, per cui meglio prima fare tutto, provare esperienze, provare tanti partner, aspettare i 30 anni prima di mettere su famiglia, sia fallimentare (e quanto dolore genera!).

Wilcox e Stone: il modello scartato è quello più efficiente

Così spiega il professore di sociologia e direttore del National Marriage Project (University of Virginia) W. Bradford Wilcox che insieme a Lyam Stone, demografo, ha mostrato in uno studio quanto sia più efficiente il modello cosiddetto tradizionale e così tanto vituperato.

E’ convinzione comune, tra i giovani americani “laici”, che sia molto più conveniente sposarsi intorno ai 30 anni se si vogliono avere meno rischi di divorziare:

Molti giovani adulti oggi credono che la convivenza sia anch’essa un pilastro dei matrimoni di successo, uno dei motivi per cui oltre il 70% di coloro che si sposano oggi vivono insieme prima del matrimonio. Mail buon senso comune qui sbaglia: gli americani che convivono prima del matrimonio hanno meno probabilità di essere felicemente sposati e più probabilità di separarsi. Secondo la nostra ricerca, le coppie che convivevano avevano il 15% in più di probabilità di divorziare rispetto a quelle che non lo facevano. Uno studio di Stanford  ha citato altre ricerche che hanno scoperto che il legame tra convivenza e divorzio era particolarmente forte per le donne che convivevano con qualcuno oltre al loro futuro marito. . .

National Review

Il rischio è ampiamente ridotto per i loro omologhi con fede religiosa (non solo cristiana) che si sposano invece di solito intorno ai 20 anni, sicuramente prima dei trenta.

E’ l’età, un fattore in sé dirimente? Lo è la forza degli ideali religiosi? il legame con una comunità in cui altri vivono il matrimonio con fedeltà?

E’ vero, il matrimonio religioso vissuto borghesemente, senza la consapevolezza dell’ideale che incarna, è stato anche una forma di oppressione, in passato. Ridotto a costume obbligatorio, a convenzione irrespingibile, rischiava di ridursi ad una fedeltà di facciata.

Basta sessantottismi, è questione di verità sull’uomo

Ma ora siamo oltre la rivoluzione del ’68, il rifiuto delle convenzioni imposte ha già abbattuto fin troppi argini; non esiste più l’obbligo, soprattutto per le giovani donne, di sposarsi pena subire l’onta dello zitellaggio a vita. Le dinamiche relazionali, la vita di coppia, le esigenze personali più autentiche, forse, ora emergono senza troppi preconcetti.

La fedeltà è un’esigenza che ci troviamo dentro, nonostante fragilità e cedimenti. L’esclusività e l’impegno totale in una relazione sola è ciò che più sentiamo rispondere al nostro nucleo di desiderio. Non c’entrano le favole Disney (che ora si affrettano a modificare la proposta, peraltro, in obbedienza ai dettami di fluidità di genere e cosiddetti diritti civili, ma questa è un’altra storia);

c’entra come siamo fatti e com’è fatta la forma di vita che più corrisponde alla nostra natura, così complessa ed esigente.

Ora forse anche la voce della Chiesa cattolica potrà essere ascoltata da molti come meno disturbata, più nitida e fresca.

Eppure è sempre la stessa voce, materna e magistrale, che mostra all’uomo la sua natura, che indica i pericoli, che addita virtù e modelli, che offre la strada per raggiungerli.

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