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Ha 5 anni e un disturbo autistico: impara il tragitto casa-scuola con le immagini

PAPà E BAMBINO A SCUOLA

Shutterstock|inna Sochinska

Paola Belletti - pubblicato il 31/08/22

Francesco vive a Belluno e a settembre, come tutti i suoi coetanei, ricomincerà la scuola, per lui sarà l'ultimo anno di scuola dell'infanzia. Lo aspetta una sfida particolare, per la quale si sta già allenando: imparare un nuovo tragitto e familiarizzare con il nuovo edificio in cui la scuola si è trasferita. Per chi ha un disturbo dello spettro autistico non è una cosa da poco.

Settembre è alle porte

Ci sono rientri a scuola più impegnativi di altri.

L’esperienza di iniziare un nuovo percorso è fonte di stress per chiunque, anche per un manager affermato che fa uno scatto di carriera. Figuriamoci che impatto possa avere per un bimbo di 5 anni che deve frequentare l’ultimo anno di scuola dell’infanzia in un edificio nuovo. No, non si tratta di genitori iper-ansiosi, preoccupati che il loro piccolo soffra, non ci sono mamme elicottero o papà spazzaneve, in questa piccola grande storia…

Lui è Francesco, vive a Belluno e ha manifestato una serie di disturbi che gli specialisti hanno ricondotto allo spettro autistico. La diagnosi, piuttosto precoce, risale a tre anni fa; essere tempestivi permette di avere maggiori chance con le terapie riabilitative e l’apprendimento di strumenti compensativi.

La condivisione con altre famiglie, una fonte di aiuto e sostegno

Ora che questa specifica (e molto varia) neuro-diversità è più conosciuta e raccontata sappiamo anche noi profani che una delle caratteristiche ricorrenti è la difficoltà comunicativa e il grande impatto che hanno i cambiamenti nella vita di queste persone.

Per questo il papà di Francesco, che ha già raccontato la storia del piccolo sul gruppo Facebook aperto per testimoniare la loro esperienza e sostenere tante altre famiglie in condizioni simili, sta preparando con largo anticipo il figlio a questa piccola, grande impresa.

Leggiamo su Il Dolomiti il racconto di come questa preparazione condivisa stia avvenendo.

Il lavoro per Francesco è già cominciato. “Come fargli capire questo cambiamento? Le immagini da noi usate per la comunicazione hanno in questo momento un’importanza assoluta. Già ora camminando per la città tra una commissione e l’altra ci ritagliamo un attimo di tempo per fermarci davanti ai nuovi cancelli facciamo capire a Francesco che quella sarà la sua nuova scuola“.

Il Dolomiti

Il sistema grazie al quale Francesco riesce a comunicare con i propri cari e che lo aiuta anche nella comunità scolastica è quello della Pecs, il cui scopo è rendere il più possibile autonomo il bambino nella gestione degli scambi comunicativi con il mondo esterno.

La comunicazione aumentativa/alternativa

PECS sta per Picture Exchange Communication System ed è una risorsa largamente utilizzata in caso di disturbi legati all’autismo che vedono compromessa la capacità di verbalizzare nei bimbi che ne sono colpiti.

E’ un sistema sviluppato nel 1985 in USA da Andy Bondy e Lori Frost.

É stato utilizzato all’inizio per studenti con diagnosi di autismo in età prescolare nell’ambito del Delaware Autism Program. Da allora, PECS è stato utilizzato con grande successo in tutto il mondo con migliaia, di studenti di tutte le età e con una varietà di difficoltà cognitive, fisiche e comunicative.

pecs-italy.com

In questo video un’intervista che spiega con chiarezza scopo e utilizzo della PECS:

Un back to school speciale

Per tutti, adulti “normodotati” compresi, è importante familiarizzare con luoghi, strade e volti. Di più ancora per il piccolo Francesco che si sta quindi portando avanti col lavoro: quando sono in giro per la città, racconta il papà, imparano e “ripassano” i nomi dei luoghi, i cancelli delle case, i negozi e i punti di riferimento lungo il tragitto: farmacia, edicola, parco giochi. Con le immagini Pecs riescono a comprendersi e Francesco diventa via via più autonomo in ogni contesto sociale, non solo in famiglia.

Per prepararlo perciò, “quando ci troviamo in giro per Belluno gli mostriamo la nuova scuola dell’infanzia attraverso le immagini Pecs, anticipandogli a cosa andrà incontro”. Su questo quaderno non solo è segnato l’edificio nuovo, ma anche i posti che incontrerà, come la farmaciail giornalaio, il parco giochi.

“E’ il suo mezzo di comunicazione per fare richiesta di qualsiasi genere e per strutturargli in modo temporale la sua giornata – prosegue – non possiamo permetterci di arrivare al via e dirgli ‘Francesco andiamo a scuola’ con lui convinto di andare nella vecchia struttura. Ecco perché è importante la preparazione“.

Il Dolomiti

Disabilità e società: servono nuovi modelli

Per ogni famiglia che riceve una diagnosi di disturbo importante, soprattutto sul fronte cognitivo e relazionale, l’impatto è duro e il percorso da intraprendere assai impegnativo.

Molto è stato fatto, in termini di risorse, strumenti e terapie riabilitative e compensative; l’autismo, o meglio i tanti disturbi riconducibili allo spettro autistico, sono diventati più familiari, meno misteriosi. Eppure ancora moltissimo resta da fare, soprattutto l’essenziale. La possibilità di una diagnosi precoce e l’accesso alle terapie e ai servizi di sostegno non solo al bambino ma alla famiglia che ancora si trova a doversi fare carico di tutto. Non di rado rinunciando o rivedendo in modo significativo il proprio impegno professionale.

C’è una ricchezza enorme da non sprecare, non solo carichi da portare

Aiutare, sostenere, integrare nella comunità il più possibile i bimbi (che poi diventano ragazzi e adulti) e le loro famiglie è un dovere morale irrespingibile. Non solo perché è umanamente giusto, ma anche perché è “conveniente”. Quante risorse e competenze ci perdiamo se lasciamo le famiglie sole, se concepiamo questi bimbi o ragazzi solo come disabili da assistere pietosamente e magari saltuariamente, solo nelle apposite “Giornate mondiali”?

Non è quella la strada: l’altro, anche quando colpito da fragilità o menomazioni, non è mai solo un peso. Spesso, anzi sempre, può diventare la via per la mia crescita, il volto da cui imparare daccapo le cose fondamentali dell’esistere, la conferma che la felicità non può mai ridursi ad accumulo di esperienze individuali gratificanti, ma passa da una spericolata offerta di sé.

Allora tutto il nostro incoraggiamento al piccolo Francesco, alla sua famiglia, alle maestre, ai suoi compagni. Soprattutto a loro vorrei dire: preparatevi, succederanno meraviglie!

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autismogenitori e figliscuola
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