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Licenziamento silenzioso: cosa c’è dietro questo fenomeno del mercato del lavoro?

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Syda Productions | Shutterstock

Ricardo Sanches - pubblicato il 08/09/22

Il movimento, che ha guadagnato forza nelle reti sociali, è un campanello d’allarme per gestori e imprenditori

Nelle ultime settimane, la definizione “licenziamento silenzioso” (in inglese quiet quitting) si è diffusa sui social media, accompagnata da hashtag e video diventati virali su TikTok.

In un primo momento, l’espressione ha generato una certa confusione. Molti datori di lavoro hanno pensato che si trattasse del vecchio comportamento di mancanza di impegno dei dipendenti che, insoddisfatti del lavoro, svolgono a malapena il proprio compito e aspettano solo di ricevere le indennità di licenziamento a cui in altri casi non avrebbero diritto.

La definizione “licenziamento silenzioso” designa tuttavia un movimento che va oltre questo comportamento. È infatti un mezzo che i dipendenti, soprattutto i giovani della Generazione Z, hanno trovato per mostrare la loro insoddisfazione nei confronti della routine e delle richieste eccessive di molte aziende. È anche un segno di stanchezza, una richiesta di aiuto in nome dell’equilibrio tra vita personale e professionale, come anche del mantenimento della salute mentale dei giovani professionisti di vari settori.

Le caratteristiche di chi aderisce al “licenziamento silenzioso”

Coloro che aderiscono al “licenziamento silenzioso” assumono caratteristiche contrarie ai cosiddetti workaholics, ovvero i lavoro-dipendenti. Fanno solo quello che richiede la loro funzione, niente di più. I professionisti che hanno aderito al movimento non risponderanno ai messaggi fuori dall’orario di ufficio, né faranno straordinari per consegnare quel rapporto che il capo ha chiesto. Portare il lavoro a casa? Assolutamente no!

Non cedono inoltre alle pressioni relative agli obiettivi, né si imbarcano in gare di produttività, che nella maggior parte dei casi avvantaggiano solo l’azienda.

Tutto questo ha uno scopo: non permettere che il lavoro sia l’elemento che innesca l’infelicità o la causa della malattia mentale. Solo per avere un’idea, nel 2019 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riconosciuto la sindrome da burnout come una malattia professionale. Nel 2021, secondo un sondaggio del Gruppo Adecco, società svizzera di risorse umane che opera in 60 Paesi, il 38% dei professionisti ha dichiarato di aver affrontato alcuni sintomi del burnout, e che questo e lo stress sono aumentati durante la pandemia.

Un campanello d’allarme per i datori di lavoro

Il movimento del “licenziamento silenzioso” si presenta come un campanello d’allarme per dirigenti, direttori e imprenditori. Questi giovani lavoratori stanno chiaramente mostrando che gli ideali di felicità e motivazione sul lavoro non possono limitarsi al discorso aziendale, come avviene comunemente in molte organizzazioni.

Questa generazione, a differenza di altre, riconosce e respinge qualsiasi tipo di menzogna, ed è abbastanza coraggiosa da tirarsi fuori da qualsiasi inganno professionale. Nel loro linguaggio, il discorso “non attacca più”.

Bisogna andare più lontano, e non basta semplicemente allestire un tavolo da ping-pong per far giocare i dipendenti durante le ore di ufficio o creare un’area di decompressione con comodi puff, bevande illimitate e pareti colorate. Ciò che la generazione del “licenziamento silenzioso” cerca, infatti, è il cambiamento della cultura aziendale, concentrandosi su una gestione più umana e sulla cura dei dipendenti.

La cultura della cura

Uno dei modi per promuovere la cultura della cura sul posto di lavoro è mettere Dio al centro dell’azienda. È ciò che sta sviluppando l’apostolato internazionale HWAW (His Way At Work, cioè “A modo Suo nel lavoro “) sta sviluppando. È uno sforzo per trasformare la cultura aziendale e imprenditoriale in una collaborazione con l’opera di Dio.

La metodologia promuove l’amore di Dio e del prossimo nell’ambiente di lavoro attraverso i valori cristiani e una serie di programmi che promuovono l’autentica cura delle persone. In questo modo, si genera una cultura che permette di avvicinare imprenditori e dipendenti.

I lavoratori iniziano quindi ad avere una migliore qualità di vita, mentre in azienda si genera un clima di fiducia e produttività tra tutte le componenti.

Qualità della vita e valori personali adeguati sono proprio le chiavi del movimento del “licenziamento silenzioso”.

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