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Santi che hanno combattuto gli abusi nella Chiesa

San Pedro Damiani

Public Domain

Meg Hunter-Kilmer - pubblicato il 25/09/22

Mentre la Chiesa, come Sposa di Cristo, è santa, i suoi membri sono uomini e donne imperfetti

Di fronte alle tante notizie sugli abusi diffuse dai mezzi di comunicazione, i cattolici lottano con il fatto che i leader della Chiesa siano stati complici del male nel corso della storia.

Viviamo nella tensione di sapere che la Chiesa è santa (perché sboccia dal cuore di Cristo) e tuttavia i suoi membri sono uomini e donne imperfetti, dai santi ai più grandi peccatori.

È imperativo riconoscere i mali perpetrati dai membri della Chiesa, anche in nome della Chiesa stessa.

Mano mano che si viene a conoscenza della negatività di abuso, schiavitù e pregiudizi, offrendo preghiere di riparazione possiamo anche aggrapparci alla testimonianza degli uomini e delle donne che hanno lottato contro il male dentro e fuori la Chiesa.

Possiamo prenderli come modello, rifiutandoci di rimanere in silenzio quando vediamo le ingiustizie perpetrate da altri cattolici, anche sacerdoti, religiosi e vescovi.

San Pier Damiani (1007-1073)

Monaco benedettino, visse in un’epoca di grande corruzione del clero, spesso colpevole di simonia e fornicazione (sia con uomini che con donne). Nella vita di Damiani, entrambe le offese vennero commesse dal Papa stesso.

Indipendentemente dalle rappresaglie che poteva aspettarsi da Roma, Damiani scrisse con grande passione contro questi mali, insistendo particolarmente sul celibato sacerdotale.

Lavorò anche spesso per riconciliare gli antipapi e i vescovi scismatici con Roma, soprattutto come cardinale.

Servo di Dio Patricio de Hinachuba (m. 1706)

Fu il capo del popolo Apalachee in quella che oggi è la Florida. Bilingue spagnolo e apalache, Hinachuba scrisse con grande diplomazia ai Re Cattolici spagnoli, lamentandosi dello sfruttamento del suo popolo e dell’abuso della sua terra.

Hinachuba tenne anche a bada i soldati spagnoli.

In un’occasione, un sergente spagnolo colpì un bambino apalache perché aveva suonato troppo forte.

Hinachuba portò allora il bambino e la sua gente a casa del sergente ed esigette che l’uomo si scusasse non solo con il bambino e con tutti gli Apalachee, ma con Dio stesso per aver colpito uno dei bambini che Gesù amava tanto.

Quando i Creek attaccarono la sua missione istigati dagli Inglesi, Hinachuba e un altro capo (il Servo di Dio Andrés) ricevettero l’ordine di sputare sulla croce.

Avendo rifiutato di farlo, vennero colpiti e poi affogati, mentre parlavano di quanto fossero ansiosi di andare in cielo.

Venerabile Ignacia del Espíritu Santo (1663-1748)

Era una donna filippino-cinese che viveva nelle Filippine. Sentì la chiamata alla vita religiosa, ma in quel momento era illegale che i Filippini aderissero agli ordini religiosi (anche quello che operava nelle Filippine da 60 anni).

Ignacia rifiutò di lasciarsi dissuadere dalle politiche razziste e scelse di vivere una vita religiosa non ufficiale con altre Filippine.

Dopo quasi 50 anni, quelle donne poterono finalmente ricevere l’approvazione delle Suore delle Religiose della Beata Vergine Maria, divenendo il primo ordine di donne filippine native.

In seguito, Madre Ignacia rinunciò all’incarico di superiora e visse per il resto della sua vita come una semplice religiosa.

Venerabile Félix Varela (1788-1853)

Sacerdote cubano, lottò per l’indipendenza dell’America Latina e la fine della schiavitù, pur vivendo in un’epoca in cui molti sacerdoti, vescovi e religiose possedevano schiavi.

Espresse le sue convinzioni sul fatto che neri e indigeni possedessero una dignità umana e che le colonie spagnole avessero il diritto di autogovernarsi.

Questo gli valse una condanna a morte, che evitò fuggendo a New York, dove trascorse il resto della sua vita lavorando per i diritti umani, soprattutto di schiavi e immigrati.

Beato Pavel Peter Gojdič (1888-1960)

Monaco e vescovo cattolico che serviva in Slovacchia, difese con decisione il popolo ebraico, soprattutto dopo l’ordine della sua espulsione dalla Slovacchia.

L’ordine venne promulgato dal Presidente collaborazionista della Repubblica Slovacca p. Jozef

Tiso, i cui crimini contro l’umanità portarono il vescovo Gojdič a sostenere che dovesse essere ridotto allo stato laicale o obbligato da Roma a rinunciare alla presidenza.

Il forte sostegno del vescovo Gojdič agli ebrei slovacchi portò molti dei suoi sacerdoti a chiedere la sua rinuncia come vescovo.

Venne poi assegnato a un’altra diocesi, in cui continuò a lavorare per salvare gli ebrei. Si pensa che ne abbia salvati almeno 17.000.

Sopravvisse al nazismo, ma il suo ministero lo portò alla prigione perpetua sotto i comunisti.

Le tante lettere scritte dagli ebrei che lo ringraziavano per il suo operato non sortirono effetto, e morì in prigione.

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