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7 bambini si automutilano dopo il gioco Huggy Wuggy

dziecko z zabawką Huggy Wuggy w ręce

Konektus Photo | Shutterstock

Dolors Massot - pubblicato il 26/09/22

Il caso, avvenuto in Uruguay, ha riacceso la preoccupazione di genitori ed esperti circa la grande esposizione dei bambini ai contenuti online e alle sfide virali

Il pupazzo Huggy Wuggy è diventato famoso meno di un anno fa. È azzurro, poco attraente e con denti affilati. È diventato così noto che è facile trovare sue repliche di peluche per i più piccoli. Il suo “habitat”, ovviamente è quello dei videogiochi.

Gioco del terrore e sfide virali

Huggy Wuggy è il protagonista di un gioco del terrore. I giocatori devono sfuggirgli e vengono coinvolti in vari rompicapi. All’inizio il pupazzo ha un’apparenza innocente, ma poi cambia diventando terrificante. Se non si risolve il rompicapo, “abbraccia fino all’ultimo respiro”.

In questo tema non c’è nulla che inviti all’automutilazione. Il problema sorge con i canali online, che approfittano della popolarità del videogioco e introducono altri temi che sfuggono al controllo degli ideatori originari.

In alcuni video pubblicati su varie piattaforme sono stati trovati inviti all’automutilazione e ad altri comportamenti a rischio, sempre nel contesto del fenomeno delle sfide, che ai bambini piacciono tanto e che hanno a portata di cellulare.

In una scuola di Montevideo, la capitale dell’Uruguay, i bambini hanno partecipato alla sfida virale del videogioco Poppy Playtime, con il terrificante pupazzo Huggy Wuggy. Dopo aver assistito a quei video, sette alunni hanno accettato la sfida di smontare un temperino e tagliarsi con la lama. Sono stati scoperti da un insegnante, che è intervenuto rapidamente e ha chiamato i servizi di emergenza. Due bambini hanno dovuto essere ricoverati per la gravità dei tagli.

L’attrazione dei bambini per le sfide online

Gli esperti avvertono del fatto che i bambini accedono a reti sociali e videogiochi in età molto precoce, e questo li espone. Come afferma lo psicologo Jesús Ramírez, “è normale che si lascino influenzare da qualsiasi tipo di sfida, e più pericolosa è, più tende ad essere attraente”.

La psicologa Victoria Noguerol ha aggiunto che i bambini sono particolarmente vulnerabili a queste sfide “perché l’infanzia e l’adolescenza sono fasi in cui si è estremamente indifesi, ed è molto facile diventare dipendenti da queste realtà per via della dipendenza emotiva dal gruppo”.

David Ruipérez, giornalista e autore del libro Mi Vida por un Like, ricorda che il fenomeno delle sfide non è nuovo, né esclusivo delle reti sociali, e che “i bambini hanno sempre fatto cose sciocche”.

A suo avviso, la differenza è che prima queste sfide si verificavano in circoli più vicini ai minori, mentre ora, “essendo digitali, diventano virali e sono più accessibili a tutti i bambini”. Il problema è che i bambini e gli adolescenti “non hanno ancora sviluppato la capacità di autocontrollo”, dice la Noguerol. 

Come capire se il proprio figlio “ha abboccato”?

David Ruipérez raccomanda a genitori e insegnanti di “stare attenti a ciò che accade nelle reti sociali e di parlarne con i bambini. Quello che genitori ed educatori hanno seminato in precedenza è ciò che permetterà al bambino di dire ‘Sì’ o ‘No’ [alle sfide online

Victoria Noguerol invita a “osservare la risposta dei bambini: se ci guardano negli occhi e parlano in modo tranquillo, se rispondono a quello che stiamo chiedendo loro, o al contrario se diventano nervosi, inquieti, se si fanno prendere dall’ira o non vogliono parlare”.

La psicologa propone anche ai genitori di fare attenzione a disturbi del sonno, irritabilità o aggressività nel comportamento dei figli.

Se i genitori individuano qualche collegamento tra il bambino o l’adolescente e le sfide online, Jesús Ramírez raccomanda di “cercare un esperto il prima possibile, perché in genere il dialogo è più efficace della punizione”.

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