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Nembrini e Volo su Radio Deejay parlano dell’importanza della confessione

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Massimo Todaro | Shutterstock - franconembrini.it

Paola Belletti - pubblicato il 03/10/22

Pochi giorni fa, in una delle trasmissioni più seguite di Radio Deejay, Volo e Nembrini hanno parlato dell'importanza e della bellezza di confessarsi da un sacerdote (e non direttamente a Dio).

Al volo del mattino

La telefonata in diretta su Radio Deejay il 29 settembre scorso si chiude così: “Vieni quando vuoi, lo sai che ti aspetto”.

Non so quanto fosse nelle intenzioni esplicite dei due interlocutori, ma questa promessa con una disponibilità senza condizioni (tranne quelle logistiche: Fabio Volo è a Roma e Franco vive in provincia di Bergamo) è la sintesi di ciò che si sono detti prima, nei pochi minuti di conversazione.

Franco Nembrini e l’importanza della confessione

Il tema è quello della confessione, proprio quella sacramentale, quella che la chiesa cattolica annovera tra i sette sacramenti, quella che, forse anche culturalmente e psicologicamente, rende i cattolici non all’acqua di rose così diversi, liberi e creativi.

Il conduttore bresciano comincia la chiacchierata che con coraggio ha messo a disposizione della nutrita community di Radio Deejay con una domanda:

perché uno non dovrebbe parlare direttamente con Dio, chiedere a Lui direttamente il perdono?

Perché devo proprio dirlo a un prete?

Grazie Fabio, è l’obiezione più classica e ricorrente che ci sentiamo fare. E non solo fuori di noi, persino dentro, tra noi e noi.

Dai, questa cosa me la sbrigo direttamente io, una confessione smart, ora che è tutto è veloce, da remoto, in connessione diretta, perché dovrebbe toccarmi l’impiccio di uscire, mettermi in fila (mh, spesso non è così, spesso bisogna cercarlo un confessore disponibile), entrare in uno spazio angusto, parlare a voce bassa ad un altro uomo esattamente come me?

Uno che però dice di essere investito dal potere di offrirmi il perdono che così profondamente desidero?

Un bisogno radicale

Ora, non c’è nessuno, letteralmente nessuno al mondo e nella storia e fuori di essa che si possa ritenere “online” più di Dio stesso. Però, e qui risponderà Franco Nembrini, uomo di cui Fabio Volo rivela con entusiasmo di essere innamorato (suscitando la gioviale e giocosa ritrosia di Nembrini), siamo noi ad avere l’esigenza vitale di essere guardati, ascoltati e perdonati concretamente da qualcuno che lo dica in modo inequivocabile.

Non è un limite capriccioso che Dio ci ha imposto per motivi che continuano a restarci oscuri. Risponde al bisogno insopprimibile che abbiamo di essere guardati da qualcuno di reale e concreto, che realmente e concretamente ci dica che ha ben compreso il nostro male, in tutta la sua gravità, e ci ama lo stesso.

Fabio Volo racconta brevemente di avere incontrato Franco su Youtube e di essersi adoperato per conoscerlo di persona. Trovato il suo numero in breve finisce a cena a casa sua. Ecco spiegata la confidenza che subito si percepisce tra i due ( e la curiosità per la cucina della moglie di Franco).

Poteva, sapendolo cattolico, scrittore e insegnante, ammorbarlo con qualche domanda più classica, cosa ne pensa dell’educazione sessuale, se davvero non ci sono più i giovani di una volta, cosa può dire sui preti pedofili. Invece no: lo ha sentito parlare una volta dell’importanza della confessione e decide di chiederglielo a favore di microfono e di orecchie di milioni di ascoltatori.

Un perdono di cui non posso dubitare

Nembrini, in quell’occasione, spiegava quanto sia importante dire concretamente, a qualcuno che non sono io, ciò che ho fatto, il male che sento come un peso e da lui (per mezzo suo) ricevere il perdono.

Poichè siamo sistematicamente sospettosi, tendiamo a credere che la condizione che la Chiesa ci impone sia un cappio mentre è un parapetto per non cadere e una scorciatoia per la libertà; faticosa, certo, eppure benefica.

Se parlassi tra me e me, infatti, pur rivolgendomi a Dio che, si sa, non si fa problemi ad essere ovunque e presso chiunque, mi resterebbe sempre il dubbio di avere parlato colo con me stesso.

Fabio osserva che distinguere di chi sia la voce, quando i dialoghi sono solo interiori, è impresa difficile e dagli esiti incerti, spesso fonte di alibi per coprire crimini che non vogliamo riconoscere come tali.

La confessione e la possibilità di stare bene

E invece, insiste Franco, noi abbiamo proprio bisogno di qualcuno che materialmente, fisicamente ci dica che ci vuole bene lo stesso, che ci perdona e ci ama prima che cambiamo.

Si tratta, aggiunge, della possibilità di stare bene, niente di meno.

Pur riducendo un po’ troppo semplicisticamente il ruolo dello psicologo ai giorni nostri, che paragona al surrogato del sacerdote di qualche decennio fa, la considerazione che fa mette in luce innanzitutto il beneficio psichico e mentale di ciò che avviene anche nell’ordine delle cose spirituali. Perché l’uomo è intero, un sistema complesso a volte al punto da non sapere da che parte prenderlo, ma fatto per l’unità.

Sappiamo tutti di essere un po’ meschini (non dice meschini, ascoltatevi l’audio); per questo abbiamo bisogno di qualcuno che ci dica sì, sei meschino (vedi sopra) ma io ti amo lo stesso, ti perdono, sono disposto a dare la vita per te, così come sei ora.

Sentirselo dire da qualcuno è l’unica cosa che ci assicura che questo perdono sia vero, che lo stai ricevendo davvero. Invece, “se resta solo nella tua testa”, aggiunge Franco,” basta un niente, come è successo a te stamattina”, dice a Fabio: “leggi i giornali, senti i titoli dei tg e ti cascano le braccia (sempre la solita avvertenza: verificate l’audio originale). C’è solo il male? Tutto è male? “

Psicologo versus sacerdote?

Quello che prima tendenzialmente si andava a cercare dal sacerdote, spiega Nembrini, ora lo chiediamo allo psicologo. Ma tra i due c’è una differenza fondamentale: il secondo tende a ricondurre il male che senti e la sofferenza che ti infligge a qualcosa o qualcuno che non sei tu: l’infanzia difficile, un trauma – esemplificato nella caduta dal seggiolone – la società, il mondo cattivo…(non sono affatto d’accordo, un terapeuta serio quindi rigoroso nel riconoscere la verità dell’uomo per quanto gli è accessibile, aiuta proprio a riconoscere le dinamiche dannose che la persona mette in atto, per i motivi più disparati e considera sempre modificabile il suo stato. Ovvero ci riconosce liberi)

Il sacerdote, invece, prosegue Franco, ti dice “guarda, anche tu hai responsabilità di questo male. Assumitele e chiediti come sei tu rispetto al mondo e al male che vedi”;

ma lo fa perdonando, ripetendoci, tutte le volte che lo chiediamo, che siamo amati a prescindere da quel male e dalla nostra capacità di cambiare.

Liberi perché responsabili, anche del male compiuto

Dal punto di vista educativo è molto importante sentirsi dire questo: siamo in un tempo in cui tendenzialmente è colpa degli altri, per ogni cosa. Invece potere riprendere in mano la propria vita, compresa la responsabilità del male compiuto, e chiedersi come siamo noi rispetto al male che vediamo è la condizione per provare a cambiare qualcosa. A partire dal campo d’azione che spetta solo a noi, ovvero noi stessi.

Due vantaggi non da poco

Per chiudere e far notare a quanti ascoltano i vantaggi della confessione rispetto alla seduta di psicoterapia, ne sottolinea altri due fattori: la segretezza assoluta che il sacerdote deve essere disposto a difendere con la propria vita e la gratuità. Il che, con l’andazzo delle bollette, non è male.

Qualche battuta finale in bresciano stretto (il tema era culinario: Fabio Volo non vede l’ora di andare a cena quando in menu ci sarà il coniglio) e si salutano.

Opportune et importune

Una sola considerazione: quanto è bello e confortante sentire parlare senza tanti preamboli, o aggiustamenti a suon di “un pochettino”, o atteggiamenti forzosamente accattivanti di un sacramento e di come esso risponda, oggi come secoli fa, alla stessa fame di amore e perdono che contorce le viscere anche a noi, cittadini igienizzati e scontenti?

E’ così che si fa: si porta meglio che si può ovunque possibile il bene che ci ha preso. Nembrini piace a Fabio Volo perché è sincero e onesto con la propria umanità e con il bene incontrato nella storia viva della Chiesa. Pochi fronzoli, al massimo un jingle, due risate e si fa subito sul serio: Cristo ti ama, è morto per te. Boom.

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