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Come Ildegarda di Bingen è diventata una star della santità (in soli 10 anni) 

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HERITAGE IMAGES / AURIMAGES

Hildegarde de Bingen.

Marzena Wilkanowicz-Devoud - pubblicato il 07/10/22

Se Ildegarda di Bingen è da diversi decenni una influencer fuori categoria per gli adepti del wellness, da dieci anni si è imposta anche come star della santità. Spieghiamo perché.

Erbe aromatiche o spezie dimenticate dai poteri rivitalizzanti, antisettici o calmanti… Nel giugno 2022 la celebre abbazia cistercense di Fontenay (Côte-d’Or) ha inaugurato il proprio jardin des simples, con 1.500 piante, direttamente ispirato agli scritti di santa Ildegarda di Bingen. 

La celebre badessa renana del XII secolo, proclamata dottore della Chiesa il 7 ottobre 2012, ne ha repertoriate più di 300 specie. Tante erano le varietà medicinali o aromatiche nel medioevo si trovavano negli orti e nei giardini claustrali – cose di cui oggi si ha una sete fortissima: 

Incontestabilmente – spiega ad Aleteia Éric Veillard, responsabile dello sfruttamento dell’area –, le persone che visitano il nostro Giardino dei Semplici sono alla ricerca della purezza di tutti questi vegetali ai quali non si fa attenzione da troppo tempo, anzi li abbiamo scordati. Ma se molti oggi si interessano all’approccio di Ildegarda di Bingen, la nostra abbazia ha un legame particolare con la religiosa: il suo fondatore, san Bernardo di Chiaravalle, la conosceva benissimo e si interessava molto al suo lavoro. 

Una figura del ben-essere o dell’essere-meglio? 

Naturopata ante-litteram, Ildegarda di Bingen affascina da diversi decenni. Libri di ricette, tisane, diete alimentari e centri di scienza dell’alimentazione dedicati a lei si sono moltiplicati in modo spettacolare un po’ dappertutto nel mondo, a cominciare dalla Germania, suo paese natale. Questa prodigiosa diffusione, però, non è legata soltanto alla sua medicina preventiva, così come si praticava all’epoca e che costituisce la base dell’attuale naturopatia. 

Il suo approccio dietetico, di cui oggi si scoprono i beneficî, non si riduce alle regole di una sana alimentazione. È soprattutto un appello a una certa ascesi e alla conversione spirituale che passa dalla scoperta di un Dio creatore. Un appello di un medico del corpo e dell’anima che intende unire il legame tra il Creatore e le sue creature. La medievista Laurence Moulinier-Brogi protesta: 

Vedere questa visionaria, mistica, poetessa, compositrice e naturopata tutto insieme, unicamente dal punto di vista del benessere è estremamente riduttivo. Se Ildegarda di Bingen è in qualche modo entrata nella cultura generale per via della sua scienza alimentare, per gli infusi e altri prodotti ai quali il suo nome serve da etichetta, essa non ha certo perduto potenziale attrattivo per il mondo intellettuale. La bibliografia che la riguarda è immensa, soprattutto grazie a papa Benedetto XVI, che a più riprese si era rifatto a lei come a un modello e a un’autorità. E questo fino a canonizzarla e a proclamarla dottore della Chiesa. 

Una frequenza (molto) accelerata da Benedetto XVI 

Tutto cominciò il 1º settembre 2010 a Castel Gandolfo. Il papa tedesco le dedicò la propria catechesi dopo aver ricordato la lettera apostolica di Giovanni Paolo II Mulieris dignitatem, che parlava del prezioso ruolo che le donne avevano giocato e continuavano a giocare nella vita della Chiesa: 

Anche in quei secoli della storia che noi abitualmente chiamiamo Medioevo, diverse figure femminili spiccano per la santità della vita e la ricchezza dell’insegnamento. Oggi vorrei iniziare a presentarvi una di esse: santa Ildegarda di Bingen, vissuta in Germania nel XII secolo. Nacque nel 1098 in Renania, probabilmente a Bermersheim, nei pressi di Alzey, e morì nel 1179, all’età di 81 anni, nonostante la permanente fragilità della sua salute. Ildegarda apparteneva a una famiglia nobile e numerosa e, fin dalla nascita, venne votata dai suoi genitori al servizio di Dio. A otto anni, fu offerta per lo stato religioso (secondo la Regola di san Benedetto, cap. 59), e, per ricevere un’adeguata formazione umana e cristiana, fu affidata alle cure della vedova consacrata Uda di Göllheim e poi di Giuditta di Spanheim, che si era ritirata in clausura presso il monastero benedettino di san Disibodo. Si andò formando un piccolo monastero femminile di clausura, che seguiva la Regola di san Benedetto. Ildegarda ricevette il velo dal Vescovo Ottone di Bamberga e, nel 1136, alla morte di madre Giuditta, divenuta magistra (Priora) della comunità, le consorelle la chiamarono a succederle. Svolse questo compito mettendo a frutto le sue doti di donna colta, spiritualmente elevata e capace di affrontare con competenza gli aspetti organizzativi della vita claustrale. Qualche anno dopo, anche a motivo del numero crescente di giovani donne che bussavano alle porte del monastero, Ildegarda si separò dal dominante monastero maschile di San Disiboro con la comunità a Bingen, intitolata a san Ruperto, dove trascorse il resto della vita. Lo stile con cui esercitava il ministero dell’autorità è esemplare per ogni comunità religiosa: esso suscitava una santa emulazione nella pratica del bene, tanto che, come risulta da testimonianze del tempo, la madre e le figlie gareggiavano nello stimarsi e nel servirsi a vicenda.

Proprio una settimana più tardi, l’8 settembre, il Papa le dedicò l’udienza generale che ebbe luogo in Vaticano. In quell’occasione annunciò di avere intenzione di approfondire la propria riflessione su Ildegarda, e citò sia la sua lettera a san Bernardo sia degli estratti dalla sua opera visionaria, Scivias

Oggi vorrei riprendere e continuare la riflessione su S. Ildegarda di Bingen, importante figura femminile del Medioevo, che si distinse per saggezza spirituale e santità di vita. Le visioni mistiche di Ildegarda somigliano a quelle dei profeti dell’Antico Testamento: esprimendosi con le categorie culturali e religiose del suo tempo, interpretava nella luce di Dio le Sacre Scritture applicandole alle varie circostanze della vita. Così, tutti coloro che l’ascoltavano si sentivano esortati a praticare uno stile di esistenza cristiana coerente e impegnato. In una lettera a san Bernardo, la mistica renana confessa: “La visione avvince tutto il mio essere: non vedo con gli occhi del corpo, ma mi appare nello spirito dei misteri … Conosco il significato profondo di ciò che è esposto nel Salterio, nei Vangeli e in altri libri, che mi sono mostrati nella visione. Questa brucia come una fiamma nel mio petto e nella mia anima, e mi insegna a comprendere profondamente il testo” (Epistolarium pars prima I-XC: CCCM 91).

In ultimo, il 20 dicembre (sempre dello stesso anno), in un discorso rivolto alla Curia Romana, Benedetto XVI tornò nuovamente sulla potenza teologica delle visioni di Ildegarda di Bingen – sullo sfondo gli abusi sessuali in seno alla Chiesa attuale. Fu in una lettera scritta dalla mistica alla fine della sua vita, nel 1170, a Werner di Kirchheim, che Benedetto XVI trovò le parole per descrivere quel che la Chiesa viveva nel 2010: 

In questo contesto, mi è venuta in mente una visione di sant’Ildegarda di Bingen che descrive in modo sconvolgente ciò che abbiamo vissuto in quest’anno. “Nell’anno 1170 dopo la nascita di Cristo ero per un lungo tempo malata a letto. Allora, fisicamente e mentalmente sveglia, vidi una donna di una bellezza tale che la mente umana non è in grado di comprendere. La sua figura si ergeva dalla terra fino al cielo. Il suo volto brillava di uno splendore sublime. Il suo occhio era rivolto al cielo. Era vestita di una veste luminosa e raggiante di seta bianca e di un mantello guarnito di pietre preziose. Ai piedi calzava scarpe di onice. Ma il suo volto era cosparso di polvere, il suo vestito, dal lato destro, era strappato. Anche il mantello aveva perso la sua bellezza singolare e le sue scarpe erano insudiciate dal di sopra. Con voce alta e lamentosa, la donna gridò verso il cielo: ‘Ascolta, o cielo: il mio volto è imbrattato! Affliggiti, o terra: il mio vestito è strappato! Trema, o abisso: le mie scarpe sono insudiciate!’ E proseguì: ‘Ero nascosta nel cuore del Padre, finché il Figlio dell’uomo, concepito e partorito nella verginità, sparse il suo sangue. Con questo sangue, quale sua dote, mi ha preso come sua sposa. Le stimmate del mio sposo rimangono fresche e aperte, finché sono aperte le ferite dei peccati degli uomini. Proprio questo restare aperte delle ferite di Cristo è la colpa dei sacerdoti. Essi stracciano la mia veste poiché sono trasgressori della Legge, del Vangelo e del loro dovere sacerdotale. Tolgono lo splendore al mio mantello, perché trascurano totalmente i precetti loro imposti. Insudiciano le mie scarpe, perché non camminano sulle vie dritte, cioè su quelle dure e severe della giustizia, e anche non danno un buon esempio ai loro sudditi. Tuttavia trovo in alcuni lo splendore della verità’. E sentii una voce dal cielo che diceva: ‘Questa immagine rappresenta la Chiesa. Per questo, o essere umano che vedi tutto ciò e che ascolti le parole di lamento, annuncialo ai sacerdoti che sono destinati alla guida e all’istruzione del popolo di Dio e ai quali, come agli apostoli, è stato detto: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura»’ (Mc 16,15)” (Lettera a Werner von Kirchheim e alla sua comunità sacerdotale: PL 197, 269ss). 

Nella visione di sant’Ildegarda, il volto della Chiesa è coperto di polvere, ed è così che noi l’abbiamo visto. Il suo vestito è strappato – per la colpa dei sacerdoti. Così come lei l’ha visto ed espresso, l’abbiamo vissuto in quest’anno. Dobbiamo accogliere questa umiliazione come un’esortazione alla verità e una chiamata al rinnovamento. 

2012, l’anno di santa Ildegarda 

Benedetto XVI non si fermò lì. La frequenza di riferimenti e citazioni crebbe: in appena un anno e mezzo, tutto fu pronto perché il 2012 diventasse un anno-chiave per celebrare Ildegarda di Bingen. Il 10 maggio 2012 il Papa la canonizzò in piazza San Pietro. Si trattò di una canonizzazione “equipollente”, cioè in deroga alla regola dei miracoli. Ritenuta da sempre santa, da parte dei fedeli, e oggetto di una devozione ab immemorabili, per il Romano Pontefice si trattava di formalizzare uno stato di fatto. Poi, nello slancio del momento, il 7 ottobre del medesimo anno (ossia quattro mesi prima delle sue dimissioni, l’11 febbraio 2013), la religiosa è stata proclamata dottore della Chiesa, dopo Caterina da Siena, Teresa d’Avila e Teresa di Lisieux. 

Questo duplice proiettore ha permesso al Papa di mettere in luce una figura spirituale gigantesca ma, a suo avviso, troppo poco nota: 

Santa Ildegarda – osserva Christiane Rancé nel suo Dictionnaire amoureux des saints – vede quel che noi non riusciamo a vedere e che, quindi, sottostà all’universo: Dio, la sua luce, il suo amore e la sua potenza, in una vertiginosa architettura di immagini e di cieli. Ciò che ella vede, sente, avverte, comprende, sono le mistiche meraviglie che riceve in piena coscienza, in un perfetto stato di veglia corporea. Ildegarda di Bingen è una vita ordinaria nella quale è sorto dello straordinario. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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