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Cinque scandalosi peccatori divenuti (grandi) santi

POPE GREGORY I

Francisco de Zurbarán | Public Domain

Philip Kosloski - pubblicato il 11/10/22

Essere santi non significa essere perfetti, ma soprattutto invocare continuamente il perdono e la misericordia di Dio.

San Gregorio Magno, gigantesco papa tardo-antico, è considerato uno dei più grandi santi di tutti i tempi: brillava non solo per la sua generosità e per il suo zelo come pastore di anime, ma anche per la sua grande umiltà. Si pensa spesso (a torto) che i santi siano esseri umani senza difetti, mentre essi sono anzitutto uomini e donne che ripongono in Dio tutta la loro fiducia. 

Tutti siamo chiamati a diventare santi, e i nostri errori non ci impediscono mai di rispondere a questa divina vocazione. San Gregorio stesso riconosceva i propri torti in una omelia in cui ha spiegato i suoi doveri di pontefice accusando le proprie numerose mancanze: 

Non nego di essere colpevole, perché vedo bene il mio torpore e la mia negligenza. Forse il riconoscimento dei miei difetti mi varrà il perdono del giudice compassionevole. Quando vivevo in una comunità monastica riuscivo a tenere a freno la lingua, a disinteressarmi delle chiacchiere vane e a dedicare continuamente il mio spirito alla disciplina della preghiera. Da quando però ho preso sulle spalle il fardello pastorale, non sono riuscito a dedicarmi interamente a queste cose perché la mia mente è stata distratta da numerose responsabilità. 

San Gregorio non si risparmia, in questo discorso, e svela anche il proprio modo di peccare, soprattutto quando si ritrova in ambienti favorevoli alle sue cadute: 

Spesso dovevo ascoltare pazientemente chiacchiere inutili, e siccome anche io sono debole progressivamente venivo attratto dalle discussioni vane e mi sorprendevo a dire quelle cose che prima neanche ascoltavo; all’improvviso mi ritrovavo bello disteso nel luogo in cui temevo di scivolare. Chi sono io? Che razza di custode sono? Non resto sulla cresta dell’onda, e invece mi trovo a languire nelle profondità della mia debolezza. 

Ad ogni modo, la ragione per la quale egli è santo non è la sua debolezza, ma quanto ha poi spiegato nella sua omelia: 

Il creatore e salvatore dell’umanità, tuttavia, può donarmi – per quanto io sia indegno – la grazia di vedere la vita nel suo insieme e la forza di parlarne efficacemente. È per amor suo che non smetto di predicarlo. 

Malgrado la sua debolezza, san Gregorio accetta la grazia di Dio nella propria vita e fa di tutto per amore suo. Ecco perché la Chiesa lo ha dichiarato santo e lo addita come degno di imitazione. Quando osserviamo la nostra vita, dobbiamo riconoscere i nostri errori, ma invece di adagiarci e di piangerci addosso dobbiamo accettare la clemenza e il perdono di Dio. Lo scopo non è (solo) evitare le cadute, ma (soprattutto) rialzarci ogni volta che cadiamo. 

[traduzione a cura di Giovanni Marcotullio] 

Tags:
cammino di santitàconversionepeccatosanti e beatisantità
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