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Parole per il Sinodo. Il Villaggio sia sempre con una fontana.

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pixabay

Don Fortunato Di Noto - pubblicato il 17/10/22

La dimensione del villaggio è quella che più si adatta all'idea di comunità cristiana. Le nostre parrocchie sono così? Al centro hanno una dissetante fonte di acqua?

Sarà un po’ difficile far comprendere l’immagine suggestiva del ‘villaggio’ a chi nasce, vive e muore dentro le grandi metropoli o nelle grandi e medie città popolose ed estremamente complesse, velocizzate e in piena mobilità dove, per fortuna non tutti, sono distratti, indifferenti, immersi nell’illusione del potere e del denaro. Accade questa tentazione anche nelle comunità cristiane.

I ritmi della vita nel villaggio, nelle piccole città (oggi molto ambite e ricercate), sono rappresentate dalle possibili ‘oasi’ di benessere e dai luoghi della gita fuori porta e nei pacchetti per un weekend rilassante al ritorno di un passato nostalgico con gli antichi sapori e i ritmi di un tempo.

I nostri villaggi (che vorrei identificare con le nostre parrocchie) sperimentano questo andare ‘fuori’ per ritrovare, uscendo dall’ordinaria vita ecclesiale, momenti vivificanti, basta che non si dimentichi ‘la fontana’: essa si porta sempre dentro il villaggio del cuore, senza di essa il villaggio si spopola e si rischia di ritornare nel deserto della vita.

Molti si ricorderanno questa felice e suggestiva immagine della fontana del villaggio che San Giovanni XXIII la propose per indicare la natura stessa della Chiesa e della Comunità credente.

Una Chiesa a contatto con l’uomo della strada e ci ricorda che siamo tutti uomini comuni (fratelli tutti):

disgraziato chi non lo è: sia chi, distinto per cultura e per posizione, si dimentica di essere un beduino assetato, sia chi, uomo di chiesa, s’inorgoglisce e si smarrisce nelle alte speculazioni, dimenticandosi che la Chiesa non è un liquore per raffinati, ma un’acqua per le fauci. L’acqua della vecchia fontana! La fontana è vecchia, ma vive, sempre nuova nel suo dono, e il villaggio vive di lei.”

(E. Balducci, Momenti di un pontificato, La vecchia fontana, 20 novembre 1960).

Possiamo essere viandanti, increduli, arsi dalla vita, anche senza fede ma non possiamo mai negare che il villaggio deve avere la fontana di acqua zampillante affinchè chi beve di quest’acqua non avrà più sete. Nei villaggi non può mancare la fontana che è la presenza della comunità cristiana (la Chiesa) e non possiamo non indicare di bere a Cristo: senza quest’acqua la sete resterebbe sete; la morte, morte; il peccato peccato, l’ignoranza, ignoranza.

Che non accada mai che nei nostri villaggi sradichiamo, abbattiamo la fontana, mettendo al centro i surrogati che non dissetano. Soffriremo tutti di sete, bevendo e offrendo solo aceto.

Nel villaggio ci sia sempre acqua viva di sorgente zampillante; e che possa dissetare ‘i beduini che camminano nel deserto’, i ‘cercatori dell’amore di Dio’, i soli senza fratelli, i fratelli che diventino comunità.

Chi vive nel villaggio, chi lo visita occasionalmente, chi sta ai margini senza entrarci mai, chi vive in altri villaggi (non identificati con la Chiesa) deve ascoltare e accogliere e desiderare di essere dissetati cercando insieme i doni della piena felicità.

Nel villaggio ci sia sempre apertura del cuore, una tenda aperta, un tavolo apparecchiato di fragrante e saporito pane e uomini e donne, bambini e anziani, giovani, malati, poveri e increduli, dove : Io con te e tu con me ci dissetiamo della miracolosa eredità: antica, ma sempre nuova: il grande e ineffabile, conosciuto mistero dell’Amore di Dio.

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