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Trapiantato e amputato, condivide con tutti la sua voglia di vivere

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Pilar Velilla Flores - pubblicato il 20/10/22

Si è sottoposto a 28 interventi, tra cui 3 trapianti che il suo corpo ha rigettato, gli hanno amputato la gamba e ha avuto il cancro

I bambini hanno la capacità naturale di normalizzare un evento traumatico. Amelia, che ha appena tre anni e mezzo, ha battuto le mani il giorno in cui il padre le ha spiegato, nel linguaggio più semplice possibile, che aveva perso una gamba. Il suo papà, Pablo Delgado, un 45enne di Madrid, non ha dovuto adattarsi all’infermità, perché l’ha affrontata fin da bambino.

“È un vantaggio. Da quando sono piccolo sono stato legato a una vita di ospedali, operazioni e trapianti, e quindi non ho dovuto adattarmi, un processo che comporta sempre grande difficoltà per i pazienti”.

Pablo è figlio di un medico, che è rimasto sorpreso il giorno in cui gli è stato detto che il figlio aveva bevuto un’intera bottiglia d’acqua quando aveva appena sei mesi. Il suo sospetto è stato confermato quando gli hanno detto che il figlio aveva il reflusso vescico-ureterale, una malattia grave che nel 1977 dava poche possibilità di sopravvivenza.

Da buon padre, il medico ha fatto tutto il possibile per trovare un modo per allungare la vita al suo bambino. Ha quindi trovato il dottor Gil-Vernet, specialista in malattie renali e pioniere nel trapianto di rene, e si è sentito dire: “José Ignacio, da medico a medico, non hai speranza di successo. La cosa normale è che il bambino muoia, ma farò comunque quello che posso”.

Gratitudine per il dono della vita

Quel “quello che posso” ha finito per salvare la vita di Pablo, che è cresciuto sognando un giorno di ringraziare quell’urologo per il grande dono che gli ha fatto.

Quando Gil-Vernet aveva ormai 97 anni, Pablo gli ha scritto una lettera, che è riuscito a fargli consegnare attraverso il figlio dell’anziano medico. Gil-Vernet ne è stato entusiasta, perché ricordava benissimo chi fosse Pablo. Qualche settimana dopo, il medico è morto. La lettera era arrivata giusto in tempo.

Grazie all’abilità e agli sforzi di Gil-Vernet, Pablo è ancora vivo, anche se la sua non è certa un’esistenza facile. È stato sottoposto a un totale di 28 interventi, tra cui tre trapianti che il suo corpo ha rigettato, l’amputazione di una gamba con il rischio di perdere l’altra e il cancro. Fa anche la dialisi da otto anni, cinque giorni a settimana. Questa procedura lo tiene in vita. Senza di essa, morirebbe in 7-10 giorni.  

Una vita difficile ma piena

“Sono un uomo fortunato”, ha affermato Pablo parlando con Aleteia, condividendo con noi il suo trucco di guardare sempre il lato positivo di quello che gli accade e di tenere la testa impegnata nonostante la sua malattia cronica.

Pablo è ricercatore e docente di Fisioterapia presso l’Università Francisco de Vitoria. Attualmente studia per conseguire una laurea in materie umanistiche, e dedica il suo tempo libero all’allenamento e all’incoraggiamento delle persone che affrontano una situazione simile. Offre anche conferenze, e ha un account Instagram (@untrasplantado) e un blog (www.untrasplantado.com) in cui condivide la sua vita quotidiana. Ha scritto un libro,Diario de un trasplantado, che ha ricevuto un’ottima accoglienza.

Tutte queste iniziative hanno un unico obiettivo: evangelizzare la persone che gli si avvicinano, rivelando loro il suo approccio positivo e felice alla vita, nonostante le circostanze.

Team SAP

Pablo è sposato con Sara, e insieme alla loro figlioletta Amelia formano quello che definisce il suo Team SAP. “Ogni giorno mi danno la forza che la mia salute malferma mi toglie”, dice Pablo. La malattia gli ha anche permesso di trascorrere più tempo con sua figlia, fatto a cui dà un enorme valore.

È profondamente innamorato di sua moglie, e si stupisce per i voti che si sono fatti il giorno del matrimonio, che risuonano forti ancora oggi: “nella salute e nella malattia… tutti i giorni della mia vita”.

“Non ho scelto i miei genitori e i miei fratelli, né ho scelto mia figlia Amelia. Sara, però, mi ha scelto, anche se sapeva che ero malato. Questo è un grande merito, e dice molto sulla brava persona che è”, esclama emozionato.

Pablo dà un grande valore anche al ruolo di chi accompagna il paziente. “È l’unica che riceve le risposte sgarbate, che deve rimanere forte per sollevare lo spirito del paziente”, dice riferendosi a Sara, che è in prima linea nella sua lotta quotidiana.

Ribellarsi contro ciò che ci accade può portare solo a più sofferenza

Durante l’adolescenza, Pablo ha vissuto un periodo particolarmente difficile, in cui non riusciva a trovare un senso alla sua croce. “Proprio nel momento in cui hai bisogno di essere parte di un gruppo mi sentivo strano”, dice. Ha avuto una crisi esistenziale che lo ha portato a mettere in discussione Dio sul motivo della sua condizione. Nel corso degli anni, però, ha capito che non è Dio che invia le difficoltà.

“Sono la vita e le circostanze. Dall’altro lato, quello che Dio ti dà è la forza e la grazia per affrontarle”. Da quando vede tutto attraverso questo prisma, è più sereno e ha una maggiore fiducia nel Signore.

Nella nostra società, diamo molta attenzione a malattie che ci colpiscono a livello visivo, quando a volte una malattia che non si vede dall’esterno può essere molto più pericolosa per la vita. “I miei reni sono il problema”, dice Pablo, “anche se a livello visivo la mia gamba amputata attira più attenzione. Non morirò per via di questo moncherino”.

Oggi a livello fisico prova dolore al piede che resta. Non riesce a camminare per più di cento metri senza soffrire, e deve anche sottoporsi al gravoso processo della dialisi cinque giorni a settimana. Nonostante tutto, Pablo è emotivamente forte, e un grande esempio di ottimismo e vitalità.

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