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Un soldato è stato salvato da san Michele durante la guerra in Corea

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Pixabay.com/Public Domain

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 21/10/22

La testimonianza autentica di un marine americano di nome Michele: ecco cosa ha visto

Nel 1950, durante la guerra di Corea, ci fu un salvataggio angelico ad opera di San Michele, a favore dei soldati americani. Lo racconta don Marcello Stanzione in Contatto con gli angeli custodi” (Sugarco Edizioni).

La storia di Michele

Si sente spesso parlare di militari in guerra miracolati. In effetti la presenza angelica di San Michele, si è rivelata determinante in più di un caso. Questo forse è il più emblematico. La storia di un ragazzo di nome Michele è autentica ed è riportata in una lettera che lui stesso scrisse alla madre e che fu letta dal cappellano militare.

Saint Michel archange

Devoti all’arcangelo

Prima di partire per la guerra di Corea (1950-1953), Michele scrive alla madre: «Mi raccomandasti di dire ogni giorno una preghiera a San Michele. In effetti, l’ho sempre fatto. Ma quando mi hanno mandato in Corea l’ho pregato ancor più fortemente (…) Un giorno mi trovavo con la mia pattuglia in avanscoperta in prima linea. Avevamo esplorato la zona per scovare guerriglieri nord-coreani».

Uno strano compagno

Durante l’ispezione, Michele si ritrova affiancato da un altro componente della pattuglia che non conosceva. Si chiamava Michele come lui. «La neve iniziò a cadere con grandi fiocchi. In un batter d’occhio il paesaggio era come cancellato. Io marciavo in una nebbia bianca e umida con la neve che si attaccava sotto gli scarponi. Il mio compagno non c’era più. “Michele!”, chiamai tutto allarmato. Subito sentii la sua mano sul mio braccio, la sua voce era calda e forte. “Smetterà subito di nevicare”. La sua profezia si avverò. In pochi minuti smise di nevicare. Spuntò il sole, che aveva l’aspetto di un grande disco luminoso».

Immersi nella neve

Michele si gira per vedere il resto della pattuglia. Non c’era nessuno. «Avevamo perso tutti gli altri durante la nevicata. Quando arrivammo in cima alla collina guardai avanti. Mamma, il mio cuore s’arrestò! Lì erano in sette! Sette guerriglieri comunisti con le loro giacche, i pantaloni imbottiti e i loro ridicoli copricapo (…) “A terra, Michele”, gridai buttandomi sulla terra ghiacciata. Sentii i fucili sparare contemporaneamente su comando». 

La sparatoria

Eppure quell’uomo resto’ in piedi ma non fu trapassato dalle pallottole. «Era lì in piedi… e non fece alcun cenno di voler rispondere al fuoco. Forse ero in preda a uno shock, perché mi sembrava di vedere Michele davanti a me di nuovo in piedi… solo che questa volta il suo volto era circondato da una luce insopportabilmente abbagliante. Sembrava che si trasformasse mentre lo osservavo. Divenne più grande, le sue braccia si allargarono. Nella sua mano teneva una spada… una spada che brillava di milioni di luci. Ecco, questa era l’ultima cosa di cui mi ricordo, fino a quando gli altri compagni non mi trovarono».

“Qui non c’è nessun Michele”

Michele racconta ai compagni del nemico con il quale si era imbattuto insieme al compagno di pattuglia. “Dov’è Michele?”, chiesi. Si guardarono attoniti. “Dove è chi?”, chiese uno di loro. “Michele, Michele… il grande marine, con il quale ho marciato poco prima della tormenta di neve”. “Ragazzo mio – disse il sottufficiale – non hai marciato con nessuno. Non ti ho perso di vista neanche per un momento. Ti sei avventurato troppo in avanti! Stavo per richiamarti quando poi sei scomparso nella bufera di neve”». Invece quel soldato aveva marciato con il suo angelo, con san Michele, che lo aveva protetto da una morte sicura.

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