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La salvezza che Cristo ci offre è ardua ma possibile

RAGAZZA IN CAMMINO

Doidam 10|Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 25/10/22

Di sicuro la salvezza che Cristo ci ha conquistato è un dono, il più grande, ma richiede da parte nostra lo sforzo di entrarvi, come per una porta stretta.

Vangelo di Mercoledì 26 Ottobre 

Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Rispose: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d’iniquità! Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi».

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(Luca 13,22-30)

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«Signore, sono pochi quelli che si salvano?». È una domanda molto concreta quella con cui inizia il Vangelo di oggi. Infatti si può cadere in una doppia trappola: o pensare che nessuno potrà mai salvarsi perché la radicalità del Vangelo è inapplicabile alla vita concreta, oppure pensare che la salvezza è un dono che non richiede nessuna nostra libertà perché agisce come una magia sulla vita di tutti.

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Gesù usa un’immagine che ci salva da questa doppia deriva:

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“Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno”.

Parlando diporta Gesù ci dice chiaramente che la salvezza non è un muro contro cui andiamo a sbattere, ma una possibilità che si apre concretamente davanti a noi. Gesù non ci viene a proporre una salvezza impossibile, ma una salvezza che si dà a noi appunto come possibilità.

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Ma essa non è a costo zero perché subito specifica che questa porta è stretta, quindi per passarvi bisogna abbandonare tutta la zavorra che ci impedisce il passaggio. Questa zavorra è l’apparenza, è il sentirsi al sicuro solo perché si vive incasellati in un posto che sembra dirci che sicuramente siamo dalla parte giusta.

Non servirà a nulla presentare le nostre credenziali del mondo quando dovremo rendere conto della nostra vita:

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“Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d’iniquità!”.

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Non ci salveranno i registri delle nostre appartenenze ecclesiali e sociali, ma solo la giustizia di come avremo realmente vissuto.

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