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Perché durante la Messa ricordiamo i defunti?

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AFP

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 29/10/22

Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico

Il ricordo dei defunti durante la santa messa è una consuetudine molto antica. Spiega Don Nicola Ban, Vicario episcopale per l’evangelizzazione e i sacramenti della diocesi di Gorizia, al portale Voce Isontina, che «la devozione ha individuato dei momenti in cui può essere utile pregare per undefun proprio caro defunto durante la celebrazione della messa. In genere si ricordano i defunti dopo 8 giorni e dopo 30 giorni dalla morte o dal funerale». 

Gli anniversari dei defunti

«C’è poi chi ricorda ogni mese la persona scomparsa – prosegue Don Nicola -. Sicuramente farlo una volta all’anno nel giorno anniversario della morte, nel giorno della nascita al cielo, aiuta a mantenere un senso di gratitudine verso coloro che ci hanno preceduto».

Cosa ne pensa il Catechismo?

Quella di pregare per i defunti è una tradizione antica, citata nelle Sacre Scritture. Le radici di questa pratica le troviamo descritte nel Catechismo della Chiesa Cattolica: «Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio».

Cipriano da Cartagine

Padre Lamberto Crociani, docente di Liturgia alla Facoltà Teologica dell’Italia centrale, su Toscana Oggi, evidenzia che il cosiddetto «culto dei defunti», è direttamente testimoniato fin dalla metà del secolo II. «Sicuramente dal vescovo Cipriano di Cartagine (secolo III) conosciamo l’uso di nominare il defunto o i defunti nella preghiera eucaristica (Lettera 1 e 41). Il defunto era ricordato nominalmente per la prima volta nella celebrazione eucaristica per la sua dormizione».

I nomi dei defunti sui “dittici”

Presto i nomi dei defunti si scrissero su tavolette (dittici) in cui si elencavano quelli che una Chiesa voleva e doveva ricordare nella celebrazione. «Queste tavolette – prosegue Crociani – erano lette dal diacono, all’inizio della parte eucaristica, forse prima della preparazione dei Santi Doni dopo la lettura dei dittici dei viventi, anche questi ricordati per diversi motivi dalla comunità. Da ciò risulta evidente che fin dall’antichità la celebrazione eucaristica era l’evento grazie al quale si ricordavano come veramente presenti i fratelli, che di certo erano uniti alla comunità in forza della comunione dei Santi. Il nominarli ad alta voce li rende presenti e vivi nell’azione comunitaria».

Verso la Risurrezione 

L’uso, sottolinea il liturgista, «è sicuramente durato fino al secolo X e forse anche oltre: questo era costante nelle celebrazioni feriali, ma la domenica e nelle festività i dittici non erano letti. Celebrare il Mistero della Resurrezione del Signore inglobava di per sé tutti gli altri ricordi, proiettando la comunità tutta verso la Risurrezione finale».

NICARAGUA

Le preghiere del Canone Romano 

Dopo il secolo X il numero dei defunti era assai elevato, quindi se ne nominavano alcuni e si aggiungevano subito delle formule, che alludessero alla loro totalità. 

Così testimonia il ricordo dei defunti nel canone romano: “Ricordati anche, Signore, dei tuoi servi e delle tue serve (qui il diacono leggeva alcuni nomi dei dittici), che ci hanno preceduto nel segno della fede e dormono il sonno della pace”. 

E immediatamente si aggiungeva: “Per loro, Signore, e per tutti quelli che riposano in Cristo, affinché Tu sia indulgente; supplichiamo un luogo di refrigerio, di luce, e di pace”.

Defunti…e stipendi

Sicuramente ogni giorno nella celebrazione eucaristica ognuno può e deve ricordare i suoi morti, «perché l’Eucaristia resta il permanente legame con loro – conclude Crociani -. Ma, credo, secondo la tradizione delle Chiese, che sia giusto “nominare” anche i fratelli defunti. Il ricordo diretto fatto dal presbitero nella celebrazione è ricordo pienamente ecclesiale dei fratelli che ci hanno preceduto nella fede, secondo l’antichissima tradizione dei dittici».

«Credo sia doveroso aggiungere anche un’altra osservazione per essere ancora più completi – chiosa il liturgista parlando del culto dei defunti durante la santa messa -. Troppo spesso si sente ancora dire: “Oggi la messa è mia” e questo per lo “stipendio” lasciato. La celebrazione eucaristica, che pur nomina vivi e defunti secondo la tradizione, abbraccia tutta quanta la comunità ecclesiale, con le intenzioni di tutti e ricorda indifferentemente tutti e tutte, perché essa è il Mistero della salvezza che in Cristo è ancora attuale per tutti».

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