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La guerra in Ucraina può aiutarci a capire meglio il motivo delle Crociate?

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Elentir | CC BY-SA 2.0

Francisco Vêneto - pubblicato il 02/11/22

Le Crociate sono state sostenute da grandi santi come San Francesco d'Assisi, che anche i laici rispettano come promotore della pace. Perché?

La guerra in Ucraina può aiutarci a capire meglio il motivo delle Crociate?

Sì.

E non solo questa. Anche gli attacchi selvaggi perpetrati dai fanatici del gruppo terroristico dello Stato Islamico nel decennio scorso, tra cui la decapitazione di 21 cristiani egiziani, registrata in video e trasmessa a tutto il pianeta, hanno portato la maggior parte della popolazione mondiale a chiedersi, profondamente indignata, cosa si debba fare per porre fine a questa barbarie.

Gli attacchi fratricidi e sproporzionati di Vladimir Putin agli Ucraini, come qualsiasi altro dei conflitti che non hanno neanche aspettato la fine della pandemia di Covid-19 per dissanguare ancor di più l’umanità anche in Africa, in Asia e nelle Americhe, ci fanno porre la stessa domanda.

Una parte considerevole dei civili intervistati dai media o che si sono espressi sulle reti sociali non solo ritengono giustificato l’intervento militare contro aggressori ingiusti e brutali, ma difendono anche una reazione concertata che non si limiti a interrompere, ma elimini definitivamente, se fosse inevitabile, chi comanda le aggressioni.

Contesti e decontestualizzazioni

In contesti di minacce così reali, sanguinose e in qualche modo vicine a noi, in genere si pensa alla guerra giusta non solo come a un diritto, ma in casi estremi anche a un dovere di giustizia, volto a frenare l’aggressore ingiusto e a difendere i diritti delle sue vittime.

Ma questi contesti attuali o molto recenti possono davvero essere paragonati a quelli delle Crociate?

Sì. E fatta salva l’attenzione che bisogna porre ogni volta che si confrontano dei contesti diversi, questo paragone può sicuramente aiutare molto a capire le ragioni delle Crociate, di fronte alle sistematiche e dannose decontestualizzazioni con cui molti autori, insegnanti e militanti anti-cattolici hanno mentito spudoratamente per decenni e persino secoli riferendosi a ciò che ha portato i cristiani del Medioevo a difendersi da quattrocento anni consecutivi e accumulati di aggressioni ingiuste e sproporzionate.

Non è mai semplice “giustificare” che la religioni guidi una guerra. Se anche in tempi convulsi sembra scioccante che la religione si dimostri favorevole a una guerra, in tempi di pace pare del tutto incomprensibile e ripugnante che una guerra sia promossa o sostenuta dalla religione. È proprio questa ripugnanza che dovrebbe portarci a chiederci se il più grande scandalo da deplorare in questo scenario sia la reazione bellica della religione o la suprema severità delle aggressioni che hanno raggiunto il punto insostenibile di costringerla a reagire in modo bellico.

Un modo per avviare questo approccio è mettersi nei panni degli Ucraini della nostra epoca e chiedersi con freddezza e obiettività “Se fossi un Ucraino nel febbraio o marzo 2022 e stessi subendo l’ingiusta invasione dell’esercito di Putin, che sta attaccando civili, lanciando missili contro edifici residenziali, scuole e chiese, stuprando donne, ferendo bambini, costringendo gli anziani a rifugiarsi nei tunnel della metropolitana, distruggendo infrastrutture essenziali, provocando la carenza di cibo, costringendo 7 milioni di persone a fuggire dal Paese con solo gli abiti che hanno indosso e minacciando di usare le armi nucleari, resterei in ginocchio a pregare o, oltre a pregare, prenderei anch’io le armi per difendere la mia famiglia e il mio popolo?

Mutatis mutandis, i Cristiani del Medioevo hanno dovuto porsi una domanda come questa, cruda e senza mezzi termini.

400 anni di aggressioni

La cristianità subiva una sequenza continua, crescente e implacabile, di aggressioni e minacce da parte degli invasori musulmani da ben 400 anni.

La necessità di respingere vigorosamente quelle aggressioni e minacce è arrivata ad essere tale che un fatto in particolare può servire come parametro di quanto la passività fosse diventata insostenibile in quel contesto: perfino i grandi santi dell’epoca hanno ammesso la necessità di sostenere la giusta reazione di autodifesa dei Cristiani.

Tra i santi che hanno sostenuto esplicitamente le Crociate ci sono San Bernardo di Chiaravalle, Santa Caterina da Siena, Sant’Ugo di Cluny e San Francesco d’Assisi.

Proprio così: il San Francesco d’Assisi che è un simbolo di eroica lotta per la pace, anche tra i laici che lo usano per promuovere dottrine opportunistiche sugli ecologismi, i socialismi e il pacifismo che convengono alla loro agenda ideologica.

Perfino San Francesco ha deciso di accompagnare i crociati – predicando sempre la riconciliazione e la pace, è chiaro, ma riconoscendo al contempo che il cristianesimo aveva non solo il diritto, ma anche il dovere di difendersi dalle aggressioni subite.

Ovviamente, San Francesco ha deplorato e condannato gli abusi e i crimini che, sì, sono stati commessi anche da parte dei Cristiani, che hanno travisato palesemente l’obiettivo delle Crociate. Questo rafforza il fatto che ogni conflitto armato comporta atrocità da tutte le parti, il che è una delle ragioni fondamentali per considerare che la guerra, anche quando è giusta, è sempre l’ultima e la più estrema di tutte le risorse.

Per questo, è ugualmente necessario riconoscere che, se una parte vergognosa dei Cristiani ha dimostrato la stessa codardia degli aggressori, una parte non è il tutto.

4 miti sulle Crociate

Un articolo di Paul Crawford pubblicato diversi anni fa presenta “Quattro miti sulle crociate”. Durante l’apice degli orrori perpetrati dallo Stato islamico nel 2015, p. Charles Pope li ha riassunti, pubblicando il suo scritto su Aleteia.

Ora, nel contesto della reazione ucraina alle aggressioni di Putin, vale la pena di tornarci su per chiedersi nuovamente se le motivazioni dei crociati fossero quelle che appaiono nelle narrazioni poco inclini all’imparzialità.

MITO 1: “Le Crociate sono state un’aggressione gratuita dei Cristiani ai Musulmani”

Falso.

Per confutare questa menzogna, basta un’analisi cronologica onesta.

Fino all’anno 632, Egitto, Palestina, Siria, Asia Minore, Nord Africa, Spagna, Francia, Italia e le isole di Sicilia, Sardegna e Corsica erano tutti territori cristiani. All’interno dei confini dell’impero romano, ancora esistente nel Mediterraneo orientale, il cristianesimo ortodosso era la religione ufficiale e in gran parte maggioritaria. Al di fuori di quei confini c’erano ancora altre grandi comunità cristiane – non necessariamente ortodosse e cattoliche, ma comunque cristiane: la maggior parte della popolazione cristiana della Persia, per esempio, era nestoriana. C’erano anche varie comunità cristiane sparse in Arabia.

Solo un secolo dopo, nel 732, i cristiani avevano perso Egitto, Palestina, Siria, Nord Africa, Spagna, la maggior parte dell’Asia Minore e la Francia meridionale. Anche l’Italia e le sue isole erano minacciate, tanto che le isole sarebbero finite sotto il dominio islamico già nel secolo successivo.

Poco dopo il 633, le comunità cristiane d’Arabia vennero completamente distrutte. Sia gli ebrei che i cristiani furono espulsi dalla penisola araba. Quelli della Persia erano sottoposti a forti pressioni. Due terzi dell’antico mondo cristiano romano erano ora governati da musulmani.

Cos’era successo?

Era accaduto che ciascuna delle regioni elencate in precedenza era stata conquistata dai musulmani nello spazio di appena un secolo, e non attraverso accordi diplomatici e pacifici, ma strappata al controllo cristiano con la violenza, attraverso campagne militari progettate deliberatamente per espandere il territorio dell’islam senza riguardo per il costo umano di queste campagne.

E il programma delle conquiste islamiche non finì lì. Carlo Magno bloccò l’avanzata musulmana verso l’Europa occidentale intorno all’anno 800, ma le forze islamiche spostarono semplicemente la loro attenzione sull’Italia e la costa francese, attaccando l’Italia continentale nell’anno 837. Una lotta confusa per il controllo dell’Italia meridionale e centrale continuò per il resto del IX secolo, fino al X. Vennero attaccate anche le zone interne dell’Italia.

Per proteggere le vittime cristiane, i Papi del X e XI secolo si coinvolsero direttamente nella difesa del territorio. Ci volle molto tempo perché i Bizantini riunissero le forze necessarie per la reazione armata. A metà del IX secolo elaborarono un contrattacco, ma i musulmani risposero con iniziative nuove e ancora più vigorose.

Nel 1009, un sovrano musulmano mentalmente disturbato distrusse la chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme e scatenò grandi persecuzioni contro cristiani ed ebrei. I pellegrinaggi in Terra Santa divennero sempre più difficili e pericolosi. I pellegrini occidentali cominciarono a unirsi e a portare armi per proteggersi quando cercavano di visitare i luoghi più sacri del cristianesimo in Palestina.

Disperati, i Bizantini fecero appello all’Occidente, rivolgendo le loro grida di aiuto soprattutto alla persona che vedevano come la principale autorità occidentale: il Papa, che come si è visto aveva già organizzato la resistenza cristiana agli attacchi musulmani in Italia.

Nel 1095, Papa Urbano II rispose alla richiesta di Papa Gregorio VII. Cominciò la Prima Crociata.

Lungi dall’essere “gratuite” e non provocate dall’esterno, le Crociate hanno rappresentato il primo grande contrattacco cristiano occidentale, in legittima difesa, di fronte agli attacchi avvenuti in modo sistematico e crescente nel corso di più di 400 anni – dall’inizio dell’islam, nel VII secolo, alla fine dell’XI -, e che sarebbero continuati anche dopo.

Tre delle cinque principali sedi episcopali del cristianesimo erano già state conquistate nel VII secolo: Gerusalemme, Antiochia e Alessandria. Le altre due, Roma e Costantinopoli, erano state attaccate nei secoli precedenti le Crociate. Costantinopoli venne conquistata nel 1453, lasciando in mani cristiane solo una delle cinque: Roma, a sua volta nuovamente minacciata nel XVI secolo.

Non è una provocazione?

È difficile sottovalutare le perdite subite dalla Chiesa nelle varie ondate di conquiste musulmane. Tutto il Nord Africa, una volta pieno di cristiani, è stato conquistato con la forza. Una volta c’erano 500 vescovi cristiani in Nord Africa, oggi le rovine della Chiesa sono sepolte nella sabbia. Ci sono vescovi titolari, ma non residenti. Tutta l’Asia Minore, amorevolmente evangelizzata da San Paolo, era perduta. Anche gran parte dell’Europa meridionale stava per essere conquistata.

Esiste un minimo di onestà nell’affermare categoricamente che i cristiani avrebbero assistere passivamente al proprio sterminio senza osare difendersi?

MITO 2: “I cristiani d’Occidente si sono imbarcati nelle Crociate per saccheggiare i musulmani e arricchirsi”

Falso.

Per sfatare questa menzogna, basta vedere i costi rovinosi che ogni crociato doveva assumersi.

Pochi crociati avevano abbastanza soldi per pagare i propri obblighi a casa e sostenersi parallelamente durante una crociata. Fin dall’inizio, le considerazioni finanziarie hanno svolto un ruolo determinante nella pianificazione dei contrattacchi. I primi crociati dovettero vendere la maggior parte dei loro beni per finanziare le proprie spedizioni. Di fronte a questo, quelli successivi hanno iniziato a risparmiare denaro molto tempo prima di partire, e nonostante questo i costi erano comunque schiaccianti.

Uno dei motivi principali del fallimento della Quarta Crociata e della sua deviazione verso Costantinopoli fu proprio la mancanza di denaro ancor prima dell’inizio delle battaglie. La Settima Crociata di Luigi IX, a metà del XIII secolo, costò più di sei volte le entrate annuali della Corona.

I Papi fecero ricorso a manovre sempre più disperate per raccogliere fondi, dall’istituzione della prima imposta sul reddito all’inizio del XIII secolo all’attuazione di una serie di aggiustamenti nel modo in cui venivano concesse le indulgenze (che finirono per generare gli evidenti abusi condannati da Martin Lutero).

In breve: le crociate portarono alla bancarotta molto più che alla ricchezza. I crociati ne erano ben consapevoli, e non vedevano nelle Crociate un modo per migliorare la propria situazione. Al contrario: si doveva scegliere tra combattere correndo il rischio di perdere tutto e non combattere ed essere sicuri di essere distrutti.

Crawford conferma che i saccheggi erano in realtà permessi o tollerati quando gli eserciti cristiani vincevano. In epoca antica e medievale il saccheggio era purtroppo comune, e i crociati non facevano eccezione.

MITO 3: “La motivazione dei crociati non era religiosa, ma materiale e politica”

Falso.

Per rovesciare questa menzogna, basta vedere i rischi della vita che i crociati sapevano di correre.

L’accusa che i crociati avessero principalmente intenzioni materialistiche divenne popolare soprattutto a partire da Voltaire, e continua ad apparire convincente per modernità e la contemporaneità, intrisa di visioni materialistiche del mondo.

Non c’è dubbio sul fatto che nel Medioevo ci siano state persone ciniche e ipocrite, come ce ne sono in qualsiasi momento, ma l’accusa generalizzata nei confronti dei crociati è un mito che va chiarito.

I rischi delle Crociate erano altissimi. Molti crociati, se non la maggior parte di loro, non tornavano nemmeno dalla battaglia. Uno storico militare ha stimato che le perdite nella sola Prima Crociata siano state di un tremendo 75%.

Oltre a questo, la partecipazione alle Crociate era volontaria: i partecipanti dovevano essere persuasi ad andare – e andare da soli. I principali mezzi di persuasione erano i sermoni nelle chiese, pieni di chiari avvertimenti per cui le Crociate implicavano privazioni, sofferenze e spesso la morte, oltre a danneggiare seriamente e per sempre la vita dei loro partecipanti: probabilmente li avrebbero impoveriti o mutilati, e avrebbero certamente provocato grandi disagi alla loro famiglie.

E allora, come ha funzionato un discorso del genere?

Funzionava proprio perché intraprendere una crociata in difesa della propria fede e del proprio popolo era intesa come una preziosa penitenza per l’anima e una forma di purificazione, oltre che un atto di amore disinteressato che portava a dare la propria vita per i fratelli.

Le prove disponibili suggeriscono che la maggior parte dei crociati era motivata dal desiderio di difendere il nome di Dio, di mettere la propria vita al servizio della protezione dei cristiani minacciati e di espiare i peccati personali.

Sono concetti difficili per un occidentale di oggi, laico e scettico nei confronti dei motivi spirituali. Tra il nostro Occidente attuale e il Medioevo c’è un’enorme divisione cartesiana, con il suo riduzionismo materialista. Sono altri contesti, in cui i parametri sono molto diversi. All’epoca la vita sulla terra era breve e brutale, una “valle di lacrime” da sopportare come tempo di purificazione per l’incontro con Dio. I princìpi spirituali esercitavano un’influenza quasi incomprensibile per le menti immediate di oggi.

Consideriamo poi questa ipocrisia: i militanti anti-cattolici che attaccano la Chiesa a causa delle Crociate affermano che le motivazioni dei crociati non possono essere paragonate alle motivazioni dei popoli di oggi aggrediti da forze ostili, perché, a loro avviso, “i contesti sono completamente diversi”. Come abbiamo visto, però, anche se le circostanze sono ovviamente diverse, i contesti di aggressione ingiusta e di legittima difesa sono perfettamente comparabili a prescindere dai tempi. Questi stessi militanti “dimenticano” poi le proprie argomentazioni circa la differenza nei contesti al momento di tener conto della visione del mondo prevalentemente spirituale e penitenziale del cristiano medievale e di quella visione perlopiù laica e materialista dell’Occidente attuale – questi, sì, contesti tra cui esiste una differenza abissale.

MITO 4: “Sono state le Crociate a far sì che i musulmani attaccassero i cristiani”

Falso.

Per confutare questa menzogna, basta la stessa onesta revisione cronologica che rovescia il mito 1.

Quando Papa Urbano reagì alle aggressioni dei musulmani e convocò la Prima Crociata, i musulmani attaccavano i cristiani in modo continuo, sistematico e crescente da più di 400 anni. Le forze musulmane, quindi, non avevano bisogno di alcun “incentivo” per iniziare ad attaccare il cristianesimo di propria iniziativa.

In ogni caso, la risposta a questo mito è complessa e non deve cadere in riduzionismi e generalizzazioni.

La prima versione musulmana della storia delle Crociate è apparsa solo nel 1899. All’epoca, il mondo musulmano stava “riscoprendo” le Crociate, ma con un “tocco” di modernità occidentale.

Nel periodo moderno, le linee di pensiero europee principali sulle Crociate erano due. Una di queste, rappresentata da persone come Voltaire, Gibbon e Sir Walter Scott, come anche da Sir Steven Runciman nel XX secolo, dipingeva i crociati come barbari avidi e aggressivi che attaccavano i musulmani civilizzati e amanti della pace. L’altra linea presentava le Crociate come un episodio glorioso della lunga battaglia in cui i cavalieri cristiani avevano fermato l’avanzata delle orde musulmane.

Il fatto storico è che non sono state le Crociate che hanno portato l’Islam ad attaccare i cristiani, ma è stato l’Occidente laico che ha insegnato all’islam a odiare le Crociate sulla base di una visione parziale e manipolata del loro contesto.

Questa, del resto, è una strana tendenza del nostro Occidente morente: fornire al mondo ampie narrazioni, per la maggior parte false o quantomeno parziali, per odiarci.

Considerazioni

Sarebbe irragionevole difendere ciecamente le Crociate, in cui una parte dei cristiani ha commesso certamente atti profondamente deplorevoli, ma i fatti sono i fatti: dietro le Crociate c’è sempre un’ampia gamma di ragioni che l’agenda anti-cattolica non solo non vuole ammettere, ma cerca ancora di nascondere.

I militanti di questa agenda amano esclamare: “Guardate quanti sono morti in nome delle guerre e della violenza religiosa!” È legittimo rispondere: “Sì, è vero ed è vergognoso. E cogliete l’occasione per guardare anche a coloro che sono stati assassinati solo nel XX secolo in nome di ideologie antireligiose, laiciste e atee, come il comunismo”. Lo storico britannico Paul Johnson, nel suo libro Modern Times, stima ad esempio il numero delle vittime del comunismo in almeno 100 milioni. Se proprio vogliamo “guardare”, guardiamo il panorama completo e collochiamo ogni fatto nella sua prospettiva reale.

È chiaro che non si “giustificano” le morti provocate dalle guerre di religione con il fatto che guerre anti-religiose hanno ucciso innumerevoli altre persone, ma se vogliamo intavolare una discussione onesta e completa sulle guerre, qualunque sia la loro natura, è essenziale contestualizzarle sulla base dei fatti e non delle narrazioni opportunistiche, e includere in questa contestualizzazione ciò che le ha provocate e chi sono stati gli aggressori.

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