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Gli Esercizi spirituali che il Papa ci sta insegnando senza che lo sappiamo

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Photo by Handout / VATICAN MEDIA / AFP

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 24/11/22

Francesco usa una "tecnica" particolare. Non a caso nei suoi interventi parla di discernimento, misericordia, preghiera

Ad ispirarlo è stato il suo padre spirituale, Sant’Ignazio di Loyola, e oggi la “missione” di Papa Francesco è sempre più quella di trasferire, in modo pratico, i suoi Esercizi Spirituali. Non è un compito semplice, eppure il Papa spesso lo fa senza che noi ce ne accorgiamo. Non a caso nei suoi interventi, il pontefice parla di discernimento, misericordia, preghiera.

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Sant’Ignazio, fondatore dei Gesuiti.

La tradizione di Francesco

Come spiega ad Aleteia padre Gaetano Piccolo, gesuita e docente di Filosofia teoretica alla Pontificia Università Gregoriana, autore di “Ignazio da Loyola – Esercizi spirituali” (Garzanti), «nel XVI secolo una dura polemica contrappose il gesuita Molina ai teologi domenicani. Il dibattito riguardava soprattutto l’ambito della libertà dell’uomo. Molina infatti sosteneva che nonostante il peccato originale, l’uomo rimaneva libero di scegliere tra il bene e il male». L’appello al discernimento che ricorre spesso nelle parole di papa Francesco «si collega senz’altro a questa lunga tradizione che trova la sua origine negli Esercizi Spirituali di Ignazio di Loyola (1491-1556), fondatore dei gesuiti e autore del libretto che ha rivoluzionato la tradizione spirituale degli ultimi cinque secoli».

Discernimento e preghiera

Nella tradizione ignaziana, «il discernimento (che letteralmente vuol dire fare una cernita) non significa semplicemente scegliere secondo il buon senso, ma mettersi in una situazione di libertà interiore per sentire verso dove Dio ci spinge. Per questo motivo il discernimento può avere luogo solo nella preghiera. Si capisce così perché Ignazio inserisca le regole sul discernimento all’interno del libretto degli Esercizi spirituali, ovvero all’interno di un intenso cammino di preghiera».

Quattro tappe

Sebbene infatti Ignazio riconosca varie possibilità di adattamento del percorso degli Esercizi, tale percorso, evidenzia padre Piccolo, «è pensato originariamente come un cammino che si sviluppa in quattro tappe, dette anche settimane: il punto di partenza è l’amore ricevuto da Dio, il dono della sua amicizia, ovvero, in termini biblici, il dono dell’alleanza. Ma, come il libro della Genesi ci ricorda, quest’alleanza continua ad andare in frantumi nell’esperienza del peccato».

La misericordia

La prima settimana, spiega il teologo e filosofo gesuita – curatore del volume “Ignazio di Loyola – Esercizi spirituali” – «porta dunque l’esercitante (colui che fa gli Esercizi) a prendere consapevolezza del proprio peccato, mettendosi davanti alla misericordia del padre. Si tratta di vivere quindi l’esperienza del perdono. Anche in questo caso comprendiamo quale sia la fonte dell’insistenza di papa Francesco sul tema della Misericordia».

Al centro della seconda settimana «c’è poi la vita di Cristo: l’esercitante è invitato a contemplare i momenti della vita di Gesù e a chiedersi se desidera imitarlo, seguirlo, vivere con lui».

I nostri affetti

Durante la prima settimana viene offerta una prima serie di regole del discernimento. «Tali regole – osserva padre Piccolo – sono un inizio per imparare a distinguere quello che si muove dentro di noi: Ignazio parla genericamente di consolazione e desolazione. Le regole del discernimento presuppongono una profonda visione antropologica: le nostre reazioni emotive, oggi diremmo psicologiche, non esauriscono la nostra personalità. Ignazio riconosce nell’uomo un nucleo più profondo, che indica con il termine biblico “spirito”. Si tratta dello spazio in cui Dio opera dentro di noi, muovendo i nostri affetti. In questo caso, Ignazio parla di sentimenti, cioè di stati più duraturi rispetto alle emozioni e meno dipendenti da uno stimolo esterno».

Nemico della natura umana

Il discernimento consiste dunque «nel riconoscere quale sia la fonte di questi sentimenti: non è infatti solo Dio a muovere i nostri affetti, ma anche quello che Ignazio chiama il Nemico della natura umana. Una certa tranquillità per esempio – aggiunge il teologo e filosofo gesuita – può essere indotta dallo spirito cattivo per mantenerci in una situazione di peccato, così come la tristezza può venire dallo spirito buono per scuoterci dal nostro torpore».

Ordinariamente, prosegue nella sua riflessione Piccolo, «i nostri sentimenti sono suscitati in noi mediante i pensieri, quindi è a questi che occorre prestare particolare attenzione. A complicare la questione c’è poi il fatto che i pensieri possono venire non solo dallo spirito buono e da quello cattivo, ma anche da noi stessi, cioè dalla nostra personalità, dal nostro temperamento».

La tentazione

Una seconda serie di regole per il discernimento viene presentata all’esercitante durante la seconda settimana, «perché andando avanti nel cammino spirituale, quando ormai è diventato abbastanza semplice svelare gli inganni del Nemico, il volto della tentazione si complica e si presenta addirittura sotto apparente forma di bene. Proprio sul bene, sull’amore, occorre allora fare discernimento, perché una cosa buona in sé non lo è necessariamente per questa persona in questo momento».

La passione

Il cammino dell’esercitante prosegue poi nella terza settimana contemplando Gesù nella sua passione. «La preghiera – continua Piccolo – avviene davanti alla croce, laddove la divinità si nasconde dietro il volto dell’uomo sconfitto. È qui che l’esercitante si chiede cosa desidera fare per Cristo».

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La risurrezione

Nell’ultima settimana si prega ovviamente sui racconti della Risurrezione. «Gli Esercizi si chiudono con un’ultima contemplazione che costituisce un raccordo fra il tempo degli Esercizi e la vita ordinaria a cui l’esercitante sta tornando: si tratta di contemplare il bene ricevuto, i doni presenti nella propria vita, in modo da sperimentare che tali doni non ci appartengono, non li possediamo, ma possiamo ridonarli. E in questa restituzione dell’amore sta la scoperta del senso della vita».

Metodo di preghiera

Si capisce quindi che gli Esercizi spirituali, conclude il docente della Gregoriana, «sono un’esperienza e un metodo di preghiera. La struttura stessa della preghiera durante gli Esercizi segue delle indicazioni ben precise: Ignazio invita l’esercitante a partire dal proprio desiderio, ovvero da quello che gli sta a cuore, in modo da sentirsi coinvolto nella relazione con Dio».cLa preghiera non è dunque «uno spettacolo di pensieri, ma il luogo della consapevolezza di quanto avviene dentro: non è il tanto sapere che sazia e soddisfa l’anima, dice Ignazio, ma il sentire e gustare le cose internamente».

Libertà e responsabilità

Solo alla luce di quanto avvenuto nella preghiera, chiosa il gesuita, «è possibile dunque parlare di discernimento, ma non avrebbe alcun senso parlare di scelte senza presupporre, come faceva Molina, la libertà e la responsabilità dell’uomo davanti al bene e al male».

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