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Quando preghi domandi per te o chiedi per qualcun altro?

ST PATRICKS DAY PARADE NEW YORK CITY

Jeffrey Bruno

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 27/11/22

Il centurione del Vangelo di oggi non domanda per sé ma intercede per il suo servo. Tutte le volte che preghiamo dovremmo essere voce di chi per un motivo o per un altro non riesce a farlo in prima persona.

Vangelo di lunedì 28 novembre

Entrato in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava: «Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente». Gesù gli rispose: «Io verrò e lo curerò». Ma il centurione riprese: «Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va’, ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fa’ questo, ed egli lo fa».
All’udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: «In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande. Ora vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli. (Matteo 8,5-11)

La storia del centurione romano che chiede a Gesù la guarigione del suo servo ha due caratteristiche che a mio avviso non possiamo trascurare.

La prima riguarda proprio l’empatia che questo militare ha verso un suo servo. Non è qualcosa di scontato. Quest’uomo non rimane indifferente davanti alla sofferenza di questa persona anche se culturalmente era considerata non un suo pari:

«Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente».

Il centurione non domanda per sé ma intercede per un altro dando voce a una persona che soffre talmente tanto da non riuscire essa stessa a formulare una preghiera.

Mi ha sempre colpito questa forma di delicatezza perché mi ricorda che tutte le volte che preghiamo dovremmo essere voce di chi per un motivo o per un altro non riesce a farlo in prima persona.

La seconda caratteristica riguarda la fiducia senza condizioni che egli pone nei confronti di Gesù:

«Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va’, ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fa’ questo, ed egli lo fa».

In pratica il centurione sta dicendo a Gesù: “io mi fido così tanto di te che non importa che io sappia o veda come tu esaudirai questa mia preghiera; so solo che tu prenderai a cuore il dolore di questa persona”.

Gesù rimane sbalordito davanti a una simile fede:

Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: «In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande».

La domanda che il Vangelo di oggi ci pone è proprio su queste due cose: quanto intercediamo? E quanto ci fidiamo veramente? 

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