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Perché si passò dalla comunione nella mano all’ostia in bocca?

PAPA FRANCESCO OSTIA COMUNIONE

GUGLIELMO MANGIAPANE / POOL / AFP

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 05/12/22

La Chiesa primitiva optava per l'ostia in mano, nel Medioevo la tradizione è cambiata. "Decisivo" il concetto di "riverenza" verso il Signore

Perché ci sono due modi diversi per accogliere in noi il Corpo di Cristo? Perché si sceglie di distribuirla in un modo o nell’altro? Lo spiega bene Juan Rodolfo Laise in “Comunione sulla mano. Storia e documenti” (edizioni Cantagalli).

Dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, attraverso l’Istruzione Memoriale Dominipromulgata dalla Sacra Congregazione per il culto Divino il 29 maggio 1969, la Chiesa ha lasciato alle singole Conferenze Episcopali la possibilità di richiedere la facoltà di introdurre l’uso di ricevere la Comunione sulla mano.

COMMUNION,

Nella Chiesa Primitiva

L’istruzione rilancia un rito esistito nella Chiesa primitiva. «Le prescrizioni della Chiesa e i documenti dei Padri – evidenzia Laise – manifestano abbondantemente la massima riverenza e la somma prudenza tenute per la Sacra Eucaristia. Perché “nessuno… mangia quella carne senza che previamente l’abbia adorata”, e nel prenderla ciascuno è ammonito: “…ricevila avendo cura che niente di lei si perda”: “Perché è il Corpo di Cristo”».

La Comunione nel Medioevo

Nel Medioevo il rito cambia e si riforma, come evidenzia Laise, e «a causa sia della riverenza verso questo Santissimo Sacramento, sia del senso dell’umiltà con cui è necessario che questo sia ricevuto, s’introdusse il costume che il ministro ponesse da se stesso la particola di pane consacrato sulla lingua di quelli che ricevevano la comunione».

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La riforma liturgica

Il dibattito si riapre con la riforma liturgica del Concilio. Alcune Conferenze Episcopali chiedono a Papa Paolo VI di rivedere la tradizione dell’ostia direttamente in bocca e avere la concessione di trasferire il corpo di Cristo nuovamente nella mano del fedele, previo restando la riverenza nell’atto. In Belgio, Germania, la pratica viene adottata abusivamente, come racconta in “La riforma liturgica” monsignor Bugnini, allora segretario del Concilio, e né i richiami della Sacra Congregazione per il Culto divino, né quelli del Papa sortirono effetti.

La concessione

Ne nasce così un dibattito serrato nel quale la posizione del papa è di contrarietà, ma che si conclude con l’Istruzione Memoriale Domini e la Lettera Pastorale con cui si concede alle Conferenze Episcopali l’indulto di distribuire ai fedeli la Sacra Comunione sulla mano, previa autorizzazione della Santa Sede, che valuterà l’ammissione «con le debite cautele e sotto la vigilanza delle stesse», puntualizzava il papa. La principale condizione per accogliere la nuova disposizione sulla comunione era se essa, nelle comunità di quel Paese, fosse già stata una tradizione radicata e adottata nel tempo.

EUCHARIST

La scelta della Cei

In Italia questa prassi è stata richiesta dalla Conferenza Episcopale nel maggio 1989 ed è entrata in vigore il 3 dicembre dello stesso anno. Il testo dell’Istruzione sulla Comunione eucaristica, datato 19 luglio 1989, circa la modalità di questo ulteriore modo di ricevere l’ostia consacrata spiega: «Particolarmente appropriato appare oggi l’uso di accedere processionalmente all’altare ricevendo in piedi, con un gesto di riverenza, le specie eucaristiche, professando con l’Amen la fede nella presenza sacramentale di Cristo. Accanto all’uso della comunione sulla lingua, la Chiesa permette di dare l’eucaristia deponendola sulla mano dei fedeli protese entrambe verso il ministro, (la sinistra sopra la destra), ad accogliere con riverenza e rispetto il corpo di Cristo. I fedeli sono liberi di scegliere tra i due modi ammessi. Chi la riceve sulle mani la porterà alla bocca davanti al ministro o appena spostandosi di lato per consentire al fedele che segue di avanzare. Se la comunione viene data per intenzione, sarà consentita soltanto nel primo modo» (n° 14-15).

Due motivi

Perché questa prudenza da parte della Chiesa nel lasciare la possibilità di far ricevere la Comunione in mano, e una ferrea volontà di proseguire con la tradizione della Comunione in bocca? Come nota, l’autore di “La Comunione sulla mano”, l’Eucaristia in bocca s’introdusse per due motivi: «per il senso di riverenza verso questo Santissimo Sacramento…», e per il senso di «umiltà con cui è necessario che Questo sia ricevuto» e questo dopo una più profonda riflessione sopra la «verità del mistero eucaristico, la sua efficacia e la presenza di Cristo nello stesso».

La contrarietà di Paolo VI

Non c’è dubbio che Paolo VI considerò il cambiamento dalla Comunione sulla mano alla Comunione nella bocca, osserva Laise, come un vero progresso e la prassi primitiva come una tappa superata, non come qualcosa di dimenticato che dobbiamo “riscoprire”. Il timore è che in quel modo venisse intaccata una tradizione consolidata e venissero meno alcuni precetti indicati nella Costituzione del Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium (SC).

“Santificazione degli uomini”

Una sorta di “diminutio” di precetti come questi: «I sacramenti sono ordinati alla santificazione degli uomini, all’edificazione del Corpo di Cristo e, in definitiva, a dare culto a Dio; però, in quanto segni, hanno anche un fine pedagogico. Non solo suppongono la fede ma anche la alimentano, la irrobustiscono e la esprimono per mezzo delle parole e delle cose» (SC n. 59).

Tradizione e cambiamento

«Per questa causa importa molto (alla Chiesa) che l’Eucaristia si celebri nella maniera più degna possibile e si partecipi nel modo massimamente fruttuoso». Se tutto ciò che si è detto sopra la lex credendi e la sua relazione con la lex orandi è valido per chi si dedica alla teologia e allo studio del dogma, con molta maggior ragione lo è per il popolo fedele, poiché la liturgia è «la fonte primaria e necessaria da cui i fedeli devono bere lo spirito veramente cristiano» (SC n. 14).

Ovviamente la selezione di elementi in una tradizione non può essere arbitraria, deve seguire uno sviluppo omogeneo tra le sue parti conservando la stessa Tradizione in modo inviolabile. Qualunque modifica della tradizione deve seguire queste leggi della crescita organica poiché in caso contrario cadrebbe nel pericolo di diventare una creazione artificiale (Enciclica Mediator Dei n. 34 di Papa Pio XII).

L’ombra dell’irriverenza

Da qui la prudenza del pontefice. E così, in primo luogo, il Papa mantiene in vigore la legge vigente che proibisce la Comunione sulla mano, però concede un indulto. In secondo luogo, la concessione è fatta ad ogni Vescovo. In terzo luogo, il Vescovo deve discernere sulle conseguenze che potrebbero essere causate nella vita sacramentale dei suoi fedeli permettendo quest’alternativa. La decisione presa pesa sulla sua coscienza. È condizione per adottare quest’alternativa evitare ogni occasione di sorpresa e ogni pericolo d’irriverenza verso l’Eucaristia. Cioè, non deve adottarla se teme di non poter evitare qualcuna di queste cose. Un vero e decalogo.

“La volontà degli ultimi Papi”

Chi fa la comunione sulla bocca, chiosa Laise, «segue puntualmente non solo la tradizione ricevuta, ma la volontà espressa degli ultimi Papi ed evita così di porsi in occasione di peccato nel lasciar cadere per negligenza frammenti che sono il Corpo di Cristo». Chi fa la comunione sulla mano «non per questo pecca né commette personalmente un atto di disobbedienza, però sceglie una forma sconsigliata dai Papi, in sé meno riverente e più propensa alle profanazioni e la cui concessione fu frutto della politica del “fatto consumato”».

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