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Il peccato della stupidità, una lezione di G.K. Chesterton

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CHESTERTON

Shutterstock | German Vizulis

Francisco Borba Ribeiro Neto - pubblicato il 12/12/22

La stupidità di un cattolico è motivo di scandalo per chi non crede, intacca la credibilità della Chiesa e allontana ancor di più le persone di buona volontà che non conoscono Cristo

Negli ultimi giorni mi sono imbattuto in un’idea curiosa di G.K. Chesterton, probabilmente il più grande e più geniale apologeta del cattolicesimo nel XX secolo. A suo avviso, “una parola stupida di un membro della Chiesa fa più danno di cento parole stupide di persone al di fuori della Chiesa”. Tutti noi abbiamo provato a volte rabbia sentendo o leggendo qualcosa che ci sembrava stupido detto da qualche illustre cattolico. “Chestertonianamente”, devo aggiungere che forse è l’idea ad essere stupida, o forse lo stupido sono io.

Cari lettori, commetto sciocchezze quanto gli altri, forse anche di più. Detesto la posizione che giudica gli altri ritenendoli “imbecilli collettivi”, “venduti al sistema”, eretici o chissà cosa – come se diventassimo intelligenti e bravi cristiani solo per il fatto di attaccare gli altri. La stupidità, nostra o altrui, suscita rabbia, ma in qualche modo fa parte della vita. I fratelli spesso litigano tra loro e si arrabbiano; l’importante è che l’ira venga superata dalla riconciliazione, e idealmente finisca per prevalere la posizione meno stupida.

La stupidità di un cattolico, però, è motivo di scandalo per chi non crede, priva la Chiesa della sua credibilità e allontana ancor di più le persone di buona volontà che non conoscono Cristo. Lavoro da decenni circondato da giovani universitari, e posso confermare l’idea di Chesterton. La stragrande maggioranza dei giovani cerca il bene, e si perde quando non trova la via giusta. E spesso l’accesso alla via corretta è ostacolato da enormi pietre di stupidità.

Ecco alcune situazioni in cui mi imbatto spesso in ambiente universitario. Un padre cattolico dalle buone intenzioni ma che tende a prendere decisioni autoritarie e a parlare in modo aggressivo può fare più danno di una decina di “ideologi di genere”, la cui posizione si rafforza nella critica all’atteggiamento di quel padre. Dall’altro lato, persone ugualmente benintenzionate che vogliono combattere la discriminazione e l’ingiustizia spesso si lasciano trascinare da un estremismo che nega la realtà e la natura dell’essere umano. Teologi e sacerdoti seminano confusione e minano la credibilità della Chiesa attaccando i loro fratelli nella fede che la pensano diversamente, senza cercare una posizione più vera che integri tutti, e finiscono per fare proselitismo, pregiudicando sia il bene comune che il cristianesimo.

Nessuno di noi è particolarmente colpevole della maggior parte delle sciocchezze che spesso “propiniamo” ai nostri fratelli. Spesso ripetiamo quello che abbiamo imparato dai nostri maestri, che a loro volta ripetono quello che hanno appreso da altri maestri. In altre occasioni reagiamo contro le idiozie e non percepiamo verità profonde che le accompagnano. Custodiamo un tesoro, che ci viene attraverso Cristo, in vasi d’argilla, che siamo noi e la nostra limitata comprensione del mondo (cfr. 2 Cor 4, 7).

Osservando le reazioni di giovani senza fede alle sciocchezze che commettiamo spesso, constato che i nostri errori nascono in genere dal fatto di trascurare tre impegni.

L’impegno con l’amore

Ogni essere umano vuole essere amato. Ci scandalizziamo quando sentiamo di non essere stati amati come meritiamo, o quando vediamo qualcuno soffrire intensamente perché non si sente amato. L’amore è il comandamento più grande (Mt 22, 37-40), il maggiore dei valori cristiani (cft. 1 Cor 13, 13). Si esprime nella cura del povero, nell’accoglienza dell’afflitto, nel perdono di chi ci offende, nella tolleranza di chi è diverso. Ogni volta che manchiamo nei confronti dell’amore, per ragioni comprensibili (come l’esaurimento o una disattenzione momentanea) o inaccettabili (come lo sguardo egoista o pieno di preconcetti), stiamo in qualche modo commettendo una di queste sciocchezze che allontanano gli altri da Cristo e dalla Chiesa.

L’impegno con la verità

Spesso amiamo più le nostre idee della verità. Preferiamo “ritagliare” la realtà, mantenendo solo gli aspetti che ci interessano, piuttosto che accettarla integralmente, il che ci costringerebbe a riconoscere cose che non ci piacciono. Come si scandalizzano per la mancanza d’amore, le persone non si sentono attratte da uno spazio in cui la realtà non è rispettata e compresa. La polarizzazione di partito alle ultime elezioni è stata, sotto questo aspetto, un flagello per la comunità cattolica. Da ogni lato sembravano venire fake news e informazioni errate, senza argomentazioni razionali. La mancanza di un dialogo costruttivo, che riconosca errori e cose giuste da entrambi i lati, è una controtestimonianza, che allontana proprio chi è più interessato e aperto alla verità.

Verità e amore devono procedere di pari passo

La verità non può essere predicata senza amore. Spesso siamo aggressivi e intransigenti con gli altri perché non cerchiamo di ascoltarli e di comprenderli prima di condannare la loro posizione. Gesù dice di Sé “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6). Se Cristo è la verità, evidentemente anche le sue idee sono vere, ma la formulazione evangelica suggerisce qualcosa di più: la verità si manifesta nell’incontro con una persona che ci ama, non nell’esposizione di idee vere. Quest’ultima acquisisce senso solo se preceduta e accompagnata da un gesto d’amore.

Dall’altro lato, un amore che non espone la verità smette di essere un amore reale. Come possiamo amare una persona e accettare che viva nella menzogna e nell’errore? Prima o poi troverà l’infelicità. L’amore umano presuppone quindi la presentazione della verità – ma dentro un cammino caratterizzato dall’amore reciproco. Gli amici e gli amanti scoprono e riscoprono insieme la verità lungo la vita, rispettando i tempi e i passi dell’altro.

L’impegno nei confronti dell’umiltà

Non sappiamo amare come dovremmo, né come vorremmo. Non siamo padroni della verità, al contrario, dovremmo esserne appena servitori. Abbiamo fatto, continuiamo a fare e faremo cose stupide nella nostra vita. Non serve a niente scandalizzarsi per la stupidità, nostra o dei nostri fratelli. Non possiamo però abituarci ad essa.

Dobbiamo sempre cercare di superarla, per amore dei nostri fratelli e di noi stessi. Per questo, è fondamentale essere umili, riconoscere i nostri errori, accettare la giusta correzione ed essere disposti a cambiare in meglio. Chi è veramente umile non si vergogna davanti all’altro. La paura e la sensazione di disagio quando ci vengono mostrati i nostri errori nascono dall’orgoglio, e non dalla nostra umiltà. Chi è davvero umile ha una libertà che diventa un invito al fratello, che fa della correzione un’occasione di scoperta reciproca e una possibilità di crescita nell’amicizia e nella fede.

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